Oliverio presidente: “Le risorse del Sud devono restare al Sud!”
“Superata una certa età e portandosi sulle spalle qualche anno in più, diventa difficile, se non improbabile, continuare a credere nelle favole e nei racconti fantasiosi. Così come é impossibile, d'altro canto, far finta di nulla e continuare a pensare che il rilancio dell'economia calabrese e, prima di tutto, la crescita del prodotto interno lordo, possano essere dei fattori non connessi e non collegati alla necessità di far rimanere qui, sui nostri territori, ogni euro investito o elargito”. E’ quanto si legge in una nota di Orlandino Greco presidente del gruppo consiliare “Oliverio presidente”.
“É un po' – continua la nota - come il medico che trova il malanno ma non la cura: da anni ci confrontiamo ed elaboriamo i problemi che attanagliano la Calabria e le nostre realtà territoriali, senza però pensare e voler giungere, concretamente, ad una risoluzione definitiva degli stessi.
Anche gli interventi tampone, ormai, non servono più a nulla, anzi. Spesso si rivelano ennesimi sprechi di denaro pubblico. Ed allora? Come dobbiamo muoverci dinanzi a questo male che, tra l'ignavia, l'omertà ed un preoccupante lassismo spesso apparso come resa collettiva, va rodendo il tessuto sociale ed economico calabrese? Sicuramente, la politica ha l'obbligo ed il dovere di assumere un atteggiamento decisionista e più autorevole. Da qui, va detto, con serenità, che, partendo anche dal megalotto della strada statale 106 costruito da Ansaldi, divenuto un percorso ad ostacoli più che un tratto strategico del sistema dei trasporti e dei collegamenti regionali, è inevitabile andare a toccare un argomento ed una tematica verso le quali è nostro compito accendere i riflettori ed aprire riflessioni serie ed approfondite.
Oltre ad un aspetto prettamente tecnico e di qualità di un'opera, dobbiamo iniziare a valutare l'importanza strategica di incentivare le aziende calabresi, ma non attraverso una sorta di sterile ed inutile assistenzialismo. Le aziende locali devono essere in grado di operare con facilità e vedendosi garantiti tutti i diritti. Dobbiamo avere la presunzione, e prima di ogni altra cosa il coraggio, di impegnarci a raggiungere obiettivi rilevanti ed in grado di offrire una degna prospettiva di crescita. Oltre alla qualità delle opere e delle prestazioni, non va sottovalutata la necessità di crescita del prodotto interno lordo e, campanilismi a parte, é probabilmente giunto il momento di investire sulle potenzialità e sulle esperienze che il territorio ci offre. I grandi appalti affidati ad aziende che pagano le loro tasse in altre regioni e che, addirittura, si avvalgono di mano d'opera non calabrese, rappresentano un vero pugno in faccia e legano, la nostra regione, alle catene della crisi economica ed anche sociale.
Personalmente, sto valutando una serie di idee e sto lavorando ad una proposta di legge che possa tutelare le aziende locali, spesso sfruttate, non pagate e costrette a dichiarare fallimento. Urge intervenire sotto questo aspetto, senza più attendere, inermi, l'inarrestabile involuzione del nostro sistema economico e produttivo.
In particolare e per concludere, il nostro sforzo si intensificherà verso un sostegno alle imprese locali, favorendo l'economia del luogo generata dalle attività stesse.
Inoltre, va perseguita la finalità di privilegiare la territorialità per salvaguardare l'ambiente, evitando gli sprechi energetici della filiera "lunga", nell'ottica della sostenibilità, ma anche della convenienza economica e di maggiore responsabilizzazione sociale.
Dobbiamo spenderci, inoltre, affinché venga evitato il fenomeno del subappalto, quale causa di diseconomia sul territorio e costituire, infine, presidi di legalità.
Tutto questo, sia chiaro, in un contesto come il nostro, dove le piccole imprese muoiono ed i laureati e le nostre eccellenze emigrano. E dove, negli ultimi anni, sono state appaltate opere per più di 100 miliardi di euro, senza che qui rimanesse nulla.
Le aziende - conclude la nota - alle quali questi appalti sono stati affidati, infatti, pagano le tasse al nord e, nel peggiore dei casi, hanno sede legale all'estero, nei cosiddetti paradisi fiscali (Inghilterra, Lussemburgo, ecc.). Forse, da noi, hanno lasciato solo qualche opera, se così possono essere definitive, visto ciò a cui stiamo assistendo”.