Droga. Blitz in Piemonte, Lombardia e Calabria: 19 indagati, 15 in carcere
150 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino, sono impegnati da ieri sull’intero territorio nazionale in una vasta operazione di polizia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, volta a smantellare una delle più grosse organizzazioni di narcotrafficanti presenti in Italia, con base operativa in provincia di Torino ed importanti ramificazioni nelle province di Milano e Reggio Calabria. Secondo gli inquirenti, attraverso uno strutturato traffico internazionale di stupefacenti, la “struttura” organizzava imponenti spedizioni di cocaina dal Sudamerica garantendo, in questo modo, cospicue e costanti forniture per le cosche di ’ndrangheta operanti in Piemonte, Lombardia e Calabria.
L’operazione, iniziata alle prime luci dell’alba di ieri ed ancora in corso di esecuzione, anche con l’ausilio di unità cinofile antivaluta (i cash dog), ha portato all’esecuzione, da parte dei Finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria Torino, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip, nei confronti di 15 presunti esponenti del sodalizio criminale.
Otto persone sono state tratte in arresto, di cui sette in Italia, in particolare tra le province di Torino, Milano e Reggio Calabria, ed una in Portogallo, con la collaborazione della polizia giudiziaria lusitana, mentre per 7 indagati, di cui tre di nazionalità brasiliana, sono tuttora in corso le ricerche volte al loro rintraccio anche all’estero dove, nel frattempo, alcuni si sono rifugiati.
In particolare, le Fiamme avrebbero ricostruito in maniera analitica, attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, videosorveglianza occulta, accertamenti patrimoniali e bancari, le rotte delle ingenti partite di droga destinate in Italia, che hanno interessato Brasile, Perù, Spagna e Portogallo.
Al termine delle investigazioni è emerso che l’organizzazione delinquenziale, in soli cinque mesi, sarebbe riuscita ad importare dall’America Latina circa una tonnellata di cocaina purissima, di cui 415 Kg. sottoposti a sequestro nel porto iberico di Valencia, in collaborazione con le Autorità di polizia spagnole e nell’ambito di tre distinte operazioni.
La droga sequestrata, una volta tagliata ed immessa sul mercato al dettaglio, avrebbe fruttato ai criminali circa 35 milioni di euro.
AI vertice dell’associazione per delinquere, gerarchicamente organizzata, secondo gli inquirenti vi sarebbe A.N., 57enne di origine calabrese, residente a San Giusto Canavese (nel torinese), ma attualmente latitante all’estero, il quale, grazie a contatti diretti intrattenuti, da un lato con produttori e narcotrafficanti sudamericani e dall’altro con elementi di spicco della ‘ndrangheta operanti in Italia, sarebbe riuscito, ponendosi come referente affidabile e competitivo per le altre organizzazioni criminali sul territorio, ad organizzare insieme alla moglie, ai due figli e ad alcun uomini di fiducia, le consistenti importazioni di cocaina utilizzando container stivati a bordo di navi mercantili, generalmente in partenza o in transito dal Brasile.
Le imbarcazioni, dopo aver toccato i porti dell’Africa e della Spagna, giungevano in quello di Gioia Tauro, dove alcuni membri dell’organizzazione, contigui alla famiglia ’ndranghetista dei “Pesce” di Rosarno, si occupavano del recupero del carico e del successivo frazionamento di ciascuna partita di droga (in genere, da 100 o 200 kg) tra le ’ndrine operanti in Piemonte (la locale di Volpiano), Lombardia (la locale di Trezzano Sul Naviglio-Buccinasco) e Calabria (le famiglie di Platì e Rosarno).
Durante le indagini, condotte con la preziosa collaborazione fornita dallo Scico (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata) e dalla Direzione Centrale dei Servizi Antidroga (Dcsa), è stato anche tratto in arresto, in arrivo dal Brasile presso lo scalo aeroportuale di Lisbona (Portogallo), il presunto capo del sodalizio, già ricercato poiché colpito da mandato di arresto europeo in relazione ad una precedente condanna, ad oltre 13 anni di reclusione, inflitta dalla Corte di Appello di Torino per traffico internazionale di droga. Tuttavia, nel corso del procedimento penale instaurato in quel Paese per la consegna all’Italia dell’arrestato, quest’ultimo, rimesso in libertà in attesa della definizione delle procedure, si è dato alla fuga, risultando tuttora latitante.
Anche dopo l’arresto di A.N., l’organizzazione avrebbe continuato ad operare sotto la guida del primogenito di quest’ultimo, A.P., che avrebbe proseguito nell’attività illecita come “esponente apicale della stessa, prendendo, di fatto, il posto del padre”, spiegano gli stessi investigatori.
È stata tratta in arresto anche F.R., cinquantenne moglie di A.N., incaricata di tenere la contabilità dei profitti derivanti dal traffico di droga e di procedere alla loro ripartizione tra i membri del gruppo criminale, custodendo materialmente le ingenti somme di denaro contante spettanti alla famiglia.
Nel corso dell’intervento sono state eseguite numerose perquisizioni, sia locali che domiciliari, a seguito delle quali sono stati rinvenuti e sequestrati circa 4 milioni di euro in denaro contante, considerato il “tesoro” dell’organizzazione e che secondo gli investigatori sarebbe costituito dai profitti derivanti dal traffico di droga, e sotterrati nel giardino della lussuosa villa di famiglia del presunto capo dell’associazione per delinquere, a San Giusto Canavese, insieme a 26 Rolex, altri orologi di pregio, gioielli e preziosi.
A finire nel mirino delle Fiamme Gialle torinesi è stato anche il patrimonio accumulato illecitamente dai singoli componenti del gruppo criminale. Oltre alla villa del promotore del gruppo delinquenziale, già oggetto di confisca, sono stati sottoposti a sequestro, in esecuzione di uno specifico provvedimento cautelare disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, 11 immobili, 33 conti correnti bancari, 15 autovetture, la totalità delle quote del capitale di 3 società e 4 complessi aziendali, in alcuni casi intestati a parenti o prestanome, proprio per escluderne la riconducibilità agli indagati.
Le investigazioni patrimoniali, nel complesso, avrebbero infatti accertato che le risorse ufficiali a disposizione degli interi nuclei familiari degli arrestati, nel periodo dal 2005 al 2014, spiegano i finanzieri “non sarebbero state sufficienti a garantire l’elevato tenore di vita manifestato dagli stessi, che non avevano alcun timore nell’ostentare acquisti di beni di lusso, di abbigliamento griffato, di costosi viaggi e vacanze nonché interventi di chirurgia estetica”.
Il sequestro eseguito si pone come atto propedeutico alla confisca dei beni, ai sensi della legge che prevede, in caso di condanna per uno dei gravi reati previsti, tra i quali il traffico di sostanze stupefacenti, la confisca dei beni nella disponibilità diretta o indiretta del condannato, di valore sproporzionato rispetto ai redditi dallo stesso dichiarati o all’attività economica svolta. Il valore complessivo dei beni mobili ed immobili cautelati è di circa 8 milioni di euro.
Sotto l’egida della Procura della Repubblica di Torino, in coordinamento con le diverse A.G. interessate, valido supporto all’attività di polizia giudiziaria è stato fornito dai Comandi della Guardia di Finanza operanti nelle provincie di Ancona, Brescia, Milano, Reggio Calabria, Roma, Siena, Varese e Verbania.