Lanzetta scrive a Guerini (e ai calabresi): “torniamo a votare”
di Maria Carmela Lanzetta
Dove eravamo rimasti? Forse all’assemblea di Falerna, dove si è scelto l’indirizzo ecumenico per mettere a tacere i “ribelli”; no, forse siamo rimasti alle amministrative perse e scivolate come acqua distillata sulle spalle dei dirigenti PD, in entrambi i casi per non disturbare i vari manovratori in carica; no,no, forse siamo rimasti… fermi, solo fermi ad una concezione della politica che in Calabria diventa “il sentimento lucido e amaro dell’impossibilità di ribellarsi contro una vita dove il cammino è già tracciato, per quanto assurdo e miserabile sia”.
Cerchiamo di fare un po’ d’ordine. Quelle poche volte che ci siamo visti ho cercato di spiegarti il pericolo che correva la Calabria con una giunta già indagata.
Mi chiedo: ma come fai a dare ancora ascolto a chi ti ha fatto credere di essere nel giusto e poi ha fallito? Come fai a dare ancora ascolto a chi ti dice che vuole fare una giunta di “alto profilo” (ma cosa significa?) e afferma che “nella mia giunta ci saranno forze che non hanno avuto nel passato responsabilità politiche e di governo"? A rigor di logica non dovrebbe farne parte per prima il presidente, o no? Ma hai sentito cosa stanno dicendo la Società Civile calabrese e la Chiesa? Certo, non puoi saperlo, perché sei troppo impegnato ad ascoltare chi queste cose non vuole fartele sentire dal vivo.
Prova a farti un giro tra la gente, liberati dall’abbraccio soffocante dei dirigenti del partito e ti convincerai che le cose non stanno come te le stanno raccontando.
Dobbiamo tornare a votare, come sento dire ogni giorno dai cittadini, perché le condizioni sono cambiate rispetto alle dichiarazioni e alle buone intenzioni della prima elezione. In questi mesi hanno anche tentato di convincere i calabresi che il “governo era ostile alla Calabria”, mentre è stato il governo regionale ad essere “ostile” a quello nazionale, nel momento in cui ha proseguito la sua strada nominando persone già indagate( alle quali, ripeto, auguro di uscire fuori dalla fase giudiziaria, ma rimarrebbe pur sempre la questione etica). E visto che non l’ha mai spiegato ai calabresi, chiedi a Oliverio le motivazioni di quelle nomine, pur sapendo di rischiare il fallimento. Facciamo qualche esempio al contrario rimanendo nell’ambito del PD. Riferiamoci a quanto sta accadendo purtroppo a Torino per le presunte firme false raccolte per la formazione delle liste.
Chiamparino, che mi onoro di aver conosciuto quando ero ministro, ha dichiarato che, se la questione non si fosse chiarita senza equivoci entro un certo periodo stabilito, la parola sarà di nuovo data agli elettori. Perché “non credo- ha dichiarato il governatore – che i nostri elettori e, in generale, i piemontesi, siano d'accordo nel vedermi ripetere quanto ha fatto Roberto Cota, che ha anteposto l'attaccamento alla poltrona alla legalità e alla certezza dell'azione di governo”
Nonostante i tentativi che anche tu hai fatto per convincerlo a rimanere, a prescindere dalle decisioni del TAR, forte del consenso ampio dei piemontesi, ha dichiarato( da La Stampa dl 29 giugno): «Lorenzo è un amico e lo ringrazio delle sue attenzioni, ma io non faccio che ribadire quello che ho detto in Consiglio regionale a febbraio: non voglio ombre sulla mia elezione». Dunque è inutile cercare di convincerlo con l’appello alla virtù della pazienza e nemmeno invocando la ragion di partito, cioè il rischio per il Pd di perdere non solo il governo del Piemonte ma di consegnare al centro-destra tutto il Nord. Chiamparino, così, ripete: «Continuerò il mio lavoro con ancora più impegno e determinazione se non emergerà ombra alcuna sulla legittimità della mia candidatura e quindi della mia elezione»
Eppure neanche Chiamparino è indagato, ma ha un alto senso della Democrazia e del rispetto dei Piemontesi. Assistiamo così a due modi di intendere la politica all’interno dello stesso partito in due regioni distanti ma legate dal grande flusso emigratorio sud-nord. Ti dico questo senza conoscere i nomi della prossima giunta, tra i quali ci sarà sicuramente gente per bene, perché sto ponendo solo un problema di correttezza istituzionale, civile e di rispetto di cui hanno diritto i calabresi.
Se il presidente Oliverio è sicuro di essere nel giusto non dovrebbe temere nulla da nuove elezioni, per avere così un mandato pieno e certificato.
Stai attento, perché ti direbbero che la Calabria non può rimanere senza governo e altre amenità varie, dopo che la Calabria è da due anni quasi che è amministrata in modo precario. Il problema sarebbero tre-sei mesi in più? Non diciamo sciocchezze. Per una questione molto più importante e vitale la Grecia ha scelto di affidare la scelta al Popolo: del resto è nata lì la Democrazia-“governo del popolo”- anche se noi facciamo di tutto per ricordare sempre che discendiamo dalla Magna Grecia, ma evito la facile battuta.
E’ ancora ammissibile tutto questo? Possiamo ancora far finta di sorprenderci se i cittadini non vanno più a votare e il PD perde anche le prossime elezioni come è già successo?
"In fondo chi se ne frega se perdo questo incontro – diceva Rocky Balboa - non mi frega niente, neanche se Apollo mi spacca la testa, perché l'unica cosa che voglio è resistere. Se quando suona l'ultimo gong io sono ancora in piedi, saprò per la prima volta in vita mia che non sono solo un bullo di periferia".
Io ho resistito e ho vinto il primo incontro, ma ai prossimi non so fino a quando riuscirò a resistere, perché la lotta è impari. Vincerete quindi (forse)- o farete finta di vincere – anche voi. Ma per fare i “72 scalini” vi siete fatti aiutare dalla vostra posizione privilegiata e dalla vostra presunzione di essere al sopra di tutto e di tutti, qualunque cosa accada.
Il popolo calabrese, invece, dovrà salire le scale ancora una volta faticando e sudando, ancora una volta “ammirando” come i politici riescano a trovare sempre una strada che giustifica qualsiasi scelta.
Cari calabresi, per cambiare qualcosa, dobbiamo essere meno politico-dipendenti e più ribelli.
Con la stima di sempre
Maria Carmela Lanzetta, Farmacista rurale, e membro della Direzione Nazionale Pd
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