Il caso Rende, le Regionali del 2014 e le dimissioni di Mario Oliverio? Uno scenario possibile
di Vito Barresi
Un’inchiesta giudiziaria (e politica) molto ma molto sofisticata quella in svolgimento a Rende che dopo la deflagrante discovery avrà il suo start a partire dai prossimi giorni con gli interrogatori di uomini politici di spicco appartenenti al PD tra i quali Sandro Principe, Umberto Bernaudo, l'ex consigliere provinciale Pietro Ruffolo, l'ex consigliere comunale di Rende, Giuseppe Gagliardi, tutti del Pd, nonché l'ex consigliere regionale Rosario Mirabelli, del centrodestra.
Un’indagine al momento circoscritta nella cerchia urbana del piccolo ma politicamente strategico e ‘pesante’ comune di Rende dove nello stesso arco di tempo in cui si sono svolti i controlli, che i giudici hanno assegnato ai carabinieri, un arco di anni che vanno dal 2010 al 2014, si sono svolte proprio le ultime e delicatissime elezioni regionali contrassegnate da un imponente astensionismo di massa pari a circa un milione di elettori mancati.
Per questo la lente d’ingrandimento degli investigatori potrebbe anche indirizzarsi e focalizzarsi sull’esito delle elezioni per il Consiglio Regionale che si sono svolte il 23 novembre 2014 nel comune cosentino che contava all’epoca 34.007 abitanti, di cui 31.076 elettori, dove si registrò una percentuale di affluenza superiore rispetto alle medie regionali, comunque pari al 51,35%.
La vittoria del candidato del Pd e del Centrosinistra, l’onorevole Gerardo Mario Oliverio, fu schiacciante anzi a dire il vero ‘bulgara’, tanto tonda da raggiungere e superare la percentuale del 63% in assoluto pari a 9.612 voti.
Dove e in quale lista confluirono i voti di Principe, Bernaudo, Ruffolo e Gagliardi si chiedono adesso l’opinione pubblica e il popolo sovrano calabrese, non solo per la tutela del diritto alla irrinunciabile clausola giuridica, legale e democratica della ‘purezza del voto’ che ne è precondizione di validità e certezza ma anche per il legittimo sospetto di inquinamento e voto di scambio che impressionante e devastante si staglia su quell’importante e decisivo espletamento del voto calabrese.
Che tutto questo possa essere una mera ipotesi, che pure per mera immagine latente tiene e prorompe in maniera quasi inequivocabile a leggere e rileggere con attenzione la cronaca dopo l’arresto di Sandro Principe e compagnia cantante del Pd rendese, lo si potrà validare o falsificare semplicemente incrociando i fatti in narrativa giudiziaria con i dati elettorali reali di quel risultato elettorale a Rende alle elezioni regionali del 2014, così come e d’altra parte contemplato e disposto dalla legge statale in vigore sul voto di scambio.
Ed è chiaro quanto certo che non per volontà o discernimenti dei tre coraggiosi giovani magistrati calabresi (Bombardieri, Bruni e Liberto) che hanno depositato i procedimenti di arresto e le richieste di rinvio a giudizio ma solo per le gravi lacune di una politica spesso corriva e connivente con la corruzione che porrebbe anche disvelarsi presto uno scenario pesante per la vita amministrativa regionale con la richiesta da parte di altre forze politiche dell’opposizione e della stessa maggioranza delle immediate dimissioni del Presidente della Giunta Regionale Mario Oliverio.
Quel che avvenne dopo il 23 novembre 2014, il giorno del voto che incoronò governatore della Calabria, il pluripolitico (gli manca solo il seggio all’Onu e al Parlamento Europeo) Gerardo Mario Oliverio, ancora nessuno lo sa con certezza. Ma come quando va via la corrente elettrica e se si brucia il frigorifero o va in tilt la lavatrice non puoi nemmeno prendertela con Enel, perché rischi poi dopo anche il ‘vilipendio’ dello sfottò, anche se ad oggi ai calabresi, ancora una volta, nessuno si è premurato di spiegare, fare trasparenza, magari chiedere scusa per il ritardo che durò settimane e settimane fino a che la corte d'Appello di Catanzaro proclamò ufficialmente Oliverio nuovo presidente della Regione Calabria, sulla base dei risultati del voto, quando il candidato del Centrosinistra ottenne oltre il 60%.
Era il 9 dicembre 2014 e ancora non si esitava a sciogliere il nodo dei seggi assegnati coi resti e quello delle sezioni contestate delle circoscrizioni nord di Cosenza e sud di Reggio Calabria per “i ritardi dovuti in gran parte alle operazioni di controllo che l’Ufficio elettorale circoscrizionale del tribunale di Cosenza sta effettuando sui verbali relativi alle due sezioni di Castrolibero dove si sono registrate incongruenze dei dati elettorali riguardanti i registri e le preferenze” anche se alcuni insiders asserirono che la questione che bloccava la proclamazione non era unicamente il controllo delle sezioni di Castrolibero.
Ma quelle elezioni, almeno a restare ai ‘report’ antecedenti il giorno del voto, si erano svolte ordinatamente secondo quanto prevede la legge in materia, così per dirlo ‘letterariamente’, alla Francesco De Sanctis o alla Gaetano Salvemini, che in un loro viaggio elettorale nella macchina del tempo, si felicitarono con i posteri quando appresero che “come di consueto prima di ogni tornata elettorale, oggi si è riunita la Commissione elettorale del Comune di Rende per procedere alla individuazione degli scrutatori che insieme ai presidenti nominati dalla corte d'appello di Catanzaro, dovranno andare a costituire i seggi presso i quali gli elettori, il 23 novembre 2014, dovranno recarsi per eleggere il Presidente della Giunta Regionale e i componenti del Consiglio Regionale calabrese”.
"Si tratta di un adempimento delicato a dire del Presidente della Commissione elettorale del Comune – la Commissione ha svolto con diligenza, equità, trasparenza e legalità, decidendo all'unanimità dei suoi membri di utilizzare criteri di valutazione oggettiva delle condizioni di disagio e di bisogno di coloro che sono inseriti nell'elenco predisposto periodicamente dagli uffici comunali su domanda degli interessati. Infatti seppure valutazioni di carattere opportunistico e strumentale avrebbero reso più facile ed agevole, nonché politicamente meglio spendibile, l'adozione del metodo del sorteggio generalizzato, la decisione unanime della commissione è stata improntata alla volontà di assumersi la responsabilità di operare scelte che andassero effettivamente a lenire le reali situazioni di bisogno di famiglie e persone per le quali può essere importante anche un piccolo sollievo economico quale è di certo la retribuzione di scrutatore. D'altro canto si tratta di un criterio utilizzato da quasi tutte le altre amministrazioni comunali alle prese con analoga necessità di scegliere, perché in questo modo si tiene conto delle reali esigenze delle persone, che certo non sarebbero state tutelate da un sorteggio nell'ambito del quale la sorte avrebbe anche potuto favorire chi non ne avesse avuto impellente necessità. Inoltre si è stabilito di fare in modo che chi fa lo scrutatore in questa tornata elettorale, non potrà farlo nella prossima, dando così ad altri la possibilità di fare questa esperienza al servizio della collettività. Rifuggendo da ogni sterile polemica – ci sentiamo a posto con la nostra coscienza e con i doveri che abbiamo assunto nei confronti dei cittadini che ci hanno chiamato a svolgere questo ruolo nel loro interesse e che con la nostra assunzione di responsabilità, anche a costo di subire qualche critica, intendiamo onorare fino in fondo".
Dunque a Rende si cominciò davvero alla grande. Evitando il sorteggio degli scrutatori e motivandone le ragioni calate in delibera. Esattamente il contrario di come si faceva alle origini storiche della democrazia occidentale, nell’antica Grecia dove la sorte, etimo di sorteggio era la più sicura amica della giustizia e della trasparenza, dove “coerentemente con il presupposto di fornire lo sviluppo della massima competenza generale possibile tra i cittadini, l'uso del sorteggio fu considerato come il mezzo più democratico di attribuzione delle cariche pubbliche: una elezione, infatti, avrebbe favorito gli aristocratici, i ricchi, le persone note o dotate di eloquenza; il sorteggio permetteva a chiunque di impegnarsi nell'esperienza democratica, ossia di "governare ed essere governati", oltre che di evitare fenomeni di brogli e di ridurre i pericoli insiti a fenomeni demagogici, specialmente con riferimento ai membri della Boulé e ad alcuni funzionari dal momento che questi organi detenevano una non irrilevante funzione finanziaria.”
Già, tutto questo ad Atene ma non in quella Atene della Calabria che si chiama Rende, la capitale universitaria della regione, dove ha sede appunto l’Ateneo di Arcavacata.