Caso Rende. Mafia e Politica, il legale: non esiste un clan “Lanzino-Ruà”
“Ancora una volta, con profondo disappunto, nonostante negli anni (ormai), a più riprese, ci si è visti costretti a sollecitare precisazioni del giorno dopo, si legge negli articoli di giornale di iniziative giudiziarie promosse, oltre che nei confronti di noti politici, nei confronti di un fantomatico clan ‘Lanzino-Ruà”.
Esordisce così, in una lettera inviata alla nostra redazione, l’avvocato Massimo Petrone, legale di Gianfranco Ruà, missiva nella quale, intende chiedere che “vengano ricondotte a verità le notizie riportate e che, per il futuro, ci si astenga dal riportare riferimenti a coinvolgimenti” del suo assistito in quelle che definisce “attuali dinamiche criminali (addirittura con ruolo verticistico), in assenza di elementi fattuali - sostiene - che comprovino la veridicità della notizia”.
“Rilevo, infatti, e non poteva essere diversamente - prosegue Petrone - che, tra i nominativi riportati fedelmente dal quotidiano, non compare, quale indagato, il Gianfranco Ruà! Per amore di verità, ci corre, inoltre, l’obbligo di specificare che l’esistenza di una ‘cosca Lanzino-Ruà’, anche se ci rendiamo conto di ‘effetto giornalistico’, rimane una gratuita illazione, smentita, da un lato, dalla revoca al mio assistito del trattamento differenziato ex art. 41 bis O.P., già dal lontano 2005 (ci pare un dato assolutamente eloquente ed assorbente), dall’altro, dalla recente definitiva assoluzione (peraltro, sollecitata dalla stessa DDA di Catanzaro) del Ruà nell’ambito del processo Squarcio!”
“Mi sia consentito di sottolineare con particolare attenzione - aggiunge il legale - che detto processo ha certificato (con richiesta di assoluzione da parte dello stesso PM, nella persona dell’ottimo dott. Pierpaolo Bruni) la inesistenza di una nuova struttura criminale (che, nell’ipotesi investigativa, avrebbe dovuto rappresentare la necessaria evoluzione di quelle storiche di fine anni ’80 e inizi anni ’90) con ruolo verticistico (ma neanche di partecipe) del Ruà. Se non basta, aggiungiamo che (a parte il processo cosiddetto Squarcio di cui si è detto) non si è registrata (si invita – ci verrebbe voglia di dire: si sfida – a dimostrare il contrario) alcuna imputazione formulata a carico del Ruà per fatti-reato, successivi al 1991!”
Ma più di ogni altra considerazione per l’avvocato “varrà segnalare ai lettori che il Ruà è detenuto ininterrottamente dal lontano 1994 e anela solo ad essere lasciato in pace nella sua lunga espiazione della pena! Ogni, infondato, clamore giornalistico, vieppiù se gratuito, non è ‘innocuo’. Oltre ad arrecare dolore ed allarme ai familiari ed agli amici più cari, che alla sofferenza di una lunga detenzione patita - e da patire - dal loro congiunto (per parte immeritata), vissuta con dignità, sommano la disapprovazione dei Lettori, rischia di tradursi in gratuite regressioni nel trattamento penitenziario, che finiscono per angosciare il detenuto, già provato dalla lunghissima detenzione”.
“Le notizia che ci sarebbe piaciuto leggere, e non abbiamo letto nelle testate locali – conclude il professionista - è quella che riporta un Gianfranco Ruà attivo nelle iniziative più meritorie della casa di reclusione di Parma che hanno avuto l’approvazione delle Autorità locali e del Vescovo e che hanno riempito, a più riprese, le pagine del Parma Reporter e Parma Today!”.
Nel rispetto del diritto di replica abbiamo correttamente pubblicato le spiegazioni dell’avvocato Petrone che ci consentirà però di precisare, e solo per completezza, che la definizione di cosca o clan Lanzino-Ruà non è stata assolutamente o volutamente una nostra semplificazione giornalistica di “effetto”, così come sottolineato dallo stesso legale.
Facciamo presente all’avvocato Petrone che letteralmente di “cosca Lanzino-Ruà” si parla e si scrive difatti tanto nelle comunicazioni stampa inoltrateci dagli inquirenti quanto, ed in particolare, nell'Ordinanza di Custodia Cautelare emessa il 21 marzo scorso dal Gip del Tribunale di Catanzaro e sulla base della quale sono state eseguite le misure a carico degli indagati nell’operazione denominata “The System”; tra cui, ovviamente, non compare in alcun modo né il nome né tantomeno alcun riferimento al suo assistito.
La Redazione