Pascolamento a terzi, Coldiretti chiarisce ulteriormente la vicenda
“Il Consigliere Regionale Fausto Orsomarso che di solito, è persona che si informa, pondera ha dalla sua una spiccata caratteristica quella del discernimento e non da numeri a casaccio si è fatto paladino di chiedere alla Regione una deroga sul pascolamento a terzi”. Lo rende noto Pietro Molinaro, Presidente di Coldiretti Calabria.
“La vicenda – precisa Molinaro – non sta nei termini sponsorizzati e illustrati dal Consigliere regionale, né nei numeri e giammai nel merito. Coldiretti Calabria con l’occasione ribadisce che nessuno perderà nulla a causa del mantenimento del divieto nazionale, compreso gli allevatori che effettuano la transumanza, in quanto i terreni da sempre sono messi a disposizione da ARSAC, Calabria Verde e Comuni; il divieto del pascolamento di terzi, introdotto già dal 2014 e regolamentato nel 2015 non ha prodotto penalizzazioni nel 2014 e né determinerà riduzione dei diritti che saranno fissati sulla superficie residua dichiarata nel 2015. I dati poi che si forniscono (1800 interessati nel 2014 ) non sono reali. Infatti nel 2014 proprio ARCEA conferma 700 soggetti e nel 2015 il numero diminuisce drasticamente. Una vicenda per pochissimi, insomma – sottolinea Molinaro - che in questi anni, proprio in assenza di regole, hanno potuto speculare, tra l’altro molti non possedendo animali, sulle spalle di agricoltori e allevatori veri che invece erano impegnati a mantenere vive le zone interne e montane contribuendo a quell’opera di salvaguardia ambientale quanto mai necessaria ed importante.
Vedere un pezzo della realtà, senza una visione d’insieme non è mai buona cosa! Segnaliamo ancora una volta - aggiunge Molinaro - che tutte le Regioni hanno confermato il Decreto del Ministro Martina evidentemente qualche motivo ci sarà.”
Coldiretti Calabria, ha proposto alcune deroghe, queste si a vantaggio degli allevatori e che ribadiamo: 1. rendere ammissibili ai pagamenti diretti e dello sviluppo rurale, le superfici a bosco con sottobosco inerbito sulle quali resta l’obbligo di effettuare il pascolamento con animali intestati al beneficiario le cui superfici ricadono in comuni svantaggiati oltre i 300 m s.l.m ed in particolare nei comuni montani, spesso ricadenti in aree con vincoli naturali (parchi), il cui pascolamento diretto è svolto durante i mesi primaverili - estivi (maggio-settembre); 2. garantire una durata minima del periodo pascolativo non inferiore a 60 giorni all’anno nei pascoli di destinazione e non inferiore a 40 giorni nelle aree a pascolo a rischio di desertificazione; 3. garantire condizioni di pascolamento sostenibili per il cotico erboso con un carico complessivo non superiore a 4 UBA/ha e non inferiore a 0,20 UBA/ha; 4. stabilire che, oltre alle superfici a prato permanente, siano prese in considerazione, ai fini del calcolo del carico bestiame, definendone le relative modalità, anche altre superfici aziendali utilizzate per la produzione di foraggi (es. seminativi destinati alla produzione di fieno); 5. garantire il controllo con mezzi meccanici e/o manuali della vegetazione arbustiva che deteriora la potenzialità del pascolo, quale pratica minima per l’esercizio dell’attività di mantenimento dei pascoli.
“Ci sono le condizioni per fare meglio e bene in favore dei veri allevatori – conclude Molinaro – facili scorciatoie non producono mai nulla di buono”.