Alcuni vaccini sospettati di aggravare le malattie
Alcuni vaccini possono amplificare la virulenza dei patogeni, secondo una ricerca sul virus della malattia di Marek nel pollame. La notizia è stata pubblicata lunedì nell'US Journal PLOS Biology, e descrive lo studio di un fenomeno osservato per la prima volta sperimentalmente, che rafforza un'ipotesi discutibile circa il potenziale pericolo di alcuni vaccini.
I vaccini hanno evidenziato i ricercato proteggerebbero in modo imperfetto gli individui vaccinati, il che permetterebbe al virus di sopravvivere e anche di evolversi in ceppi più virulenti che inizialmente.
Ciò potrebbe infettare i pazienti che non hanno avuto il vaccino, rendendolo ancora più virulento. "Vi sono prove che il vaccino contro la malattia di Marek nei polli vaccinati, hanno rivelato che quest'ultimo avrebbe consentito il contagio e fatto morire in dieci giorni i polli non vaccinati, mentre quelli con il vaccino sono sopravvissuti, ma continuando a trasmettere un virus più pericolosi agli altri volatili con cui erano in contatto", spiega il Professor Venugopal Nair Direttore del programma di malattie virali aviaria presso l'Istituto di Pirbright nel Regno Unito, uno dei co-autori principali di questo lavoro. Questi scienziati sono stati in grado di dimostrare che il vaccino è stato direttamente responsabile dell'evoluzione di questi ceppi più virulenti.
È anche chiaro che il fenomeno dell'evoluzione di microbi resistenti agli antibiotici sia un problema reale. Ma questa ricerca dimostra l'alta correlazione tra la vaccinazione e lo sviluppo di ceppi del virus del Marek che diventa molto più pericoloso per il pollame. Il fenomeno è stato osservato, finora, con vaccini contro gli agenti patogeni che colpiscono gli animali. I vaccini umani sarebbero "perfetti", ossia consentirebbero sia di proteggere le persone contro il virus che ne impedirebbero la trasmissione. Ma sottolinea Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, c'è preoccupazione per lo sviluppo di futuri vaccini attualmente contro Ebola, malaria o anche contro l'HIV, il virus che causa l'AIDS, credono gli autori dello studio.