Sequestrato cantiere corso Garibaldi, non eseguiti ordini della Soprintendenza
Ieri 31 luglio 2015, i Carabinieri di Reggio Calabria e quelli del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza hanno sequestrato, su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, un cantiere interessato ai lavori di ripristino della vecchia pavimentazione e dalla ristrutturazione dei cunicoli di servizio del Corso Garibaldi, per un’area complessiva di circa 3.000 metri quadrati e una superficie di circa 6.000 metri quadrati, adibita a deposito ed area di stoccaggio del basolato lavico, che avrebbe costituito la pavimentazione del corso, ed ubicata in via Calamizzi a Reggio Calabria.
Sono, inoltre, indagati: Marcello Francesco Cammera, architetto, dirigente del settore progettazione ed esecuzione lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria, in qualità di direttore dei lavori; Daniela Filomena Neri, architetto, responsabile del servizio - restauro e conservazione beni architettonici e ambientali del Comune di Reggio Calabria, in qualità di R.U.P.; Francesco Siclari, legale rappresentante della ditta “Siclari Agostino Costruzioni Generali”, impegnata in A.T.I. con la ditta “Porta Antonio” all’esecuzione dei lavori; Antonino Porta, legale rappresentante della ditta “Porta Antonio”.
Tutti sono ritenuti responsabili, in concorso, di non aver ottemperato agli ordini impartiti mediante le prescrizioni imposte dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, in particolare di non aver proceduto al recupero accurato delle lastre in pietra lavica rimuovendoli con strumenti idonei ed evitando l’uso di quelli che potessero comportarne la rottura o il danneggiamento; inotre, di non aver proceduto alla rimozione del basolato in buone condizioni, che doveva essere preventivamente individuato e che, una volta portato in deposito, doveva essere accantonato e separato rispetto a quello spaccato o lesionato, procedendo a registrarne le quantità e a suddividerlo per dimensioni.
Le aree di cantiere poste in sequestro, al fine di bilanciare l’interesse alla tutela dei beni di interesse storico ed artistico con quello dell’esecuzione dei lavori pubblici, sono state date in custodia con facoltà d’uso al Responsabile Unico del Procedimento, Neri, al direttore dei lavori, Cammera e al funzionario sovraordinato Romano, nonché ai legali rappresentanti delle ditte esecutrici dei lavori, Siclari e Porta, che avranno l’obbligo di osservare le prescrizioni già indicate dettagliatamente dalla Soprintendenza.
Il progetto inerente il ripristino della vecchia pavimentazione del Corso Garibaldi ha visto la luce nel 2007. Proprio in quell’anno, infatti, nel corso di una conferenza di servizi, ne venne approvato il relativo progetto. Nella circostanza era però emerso, inizialmente, che a seguito di alcune “non meglio precisate indagini” svolte dai progettisti di concerto con il RUP, il “materiale” della pavimentazione dei marciapiedi risultava in gran parte danneggiato e che la cava da cui era stata estratta la pietra fosse ormai estinta, ragion per cui si decideva di procedere alla sostituzione del vecchio basolato con uno di nuova fattura.
Successivamente, al momento dell’avvio dei lavori - cominciati a distanza di ben 7 anni (nel luglio 2014) - con l’inizio delle operazioni di scarifica dell’asfalto, la situazione della carreggiata sarebbe apparsa immediatamente diversa da come a suo tempo asserito dai progettisti, perché sarebbe stato chiaro fin dall’inizio della loro rimozione che le lastre - almeno in quel primo tratto - non sarebbero state affatto “irrecuperabili”.
Sono partite una serie di richieste ad opera della Soprintendenza, finalizzate ad avere contezza circa le quantità di materiale originale presente, per valutarne la conservazione o comunque il riutilizzo, richieste alle quali sarebbe stato risposto - senza nessuna documentazione di supporto - che solo il 10% del materiale fosse riutilizzabile. Nonostante i numerosi interventi e le numerose prescrizioni imposte dalla Sovrintendenza nel tempo, la stessa però, non sarebbe mai stata messa nelle condizioni di controllare di volta in volta le modalità di svolgimento dei lavori, né di verificare le condizioni del basolato, venendole così impedito, di fatto, di avere contezza del materiale effettivamente rimosso e rimovibile, con rischio, quindi, di disperdere per sempre materiale “storico”, ben lavorato, di forte spessore e di ottima resistenza, preziosa testimonianza delle pratiche tradizionali del fare, connesse all’impiego dei materiali locali.
Successivamente, attesa la "reiterata inosservanza degli ordini imposti da parte del Comune di Reggio Calabria", la Soprintendenza, nel febbraio 2015, ha disposto la sospensione dei lavori, considerato che le modalità di rimozione del basolato lavico esistente non sarebbero risultate idonee a garantire la conservazione e il recupero dello stesso. Successivamente, la sospensione dei lavori venne revocata dati gli impegni assunti dagli amministratori comunali e dalla direzione dei lavori, cioè di recepire le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza.
In ultimo, nel corso di un ulteriore sopralluogo eseguito a luglio, la Soprintendenza avrebbe avuto modo di accertare che i lavori di rimozione del basolato lavico si sarebbero svolti in difformità delle prescrizioni impartite. Nello specifico sarebbe stato accertato l’utilizzo di mezzi d’opera impiegati per la rimozione non idonei allo scopo, che difatti avrebbero causato la rottura di gran parte delle basole.
Il provvedimento di oggi, emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria ed eseguito dai Carabinieri ha, quindi, come scopo quello della tutela del corso Garibaldi di Reggio Calabria che, è bene ricordarlo, rientra in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico ed è stata dichiarata di notevole interesse pubblico.