Anassilaos. A 40 anni dalla scomparsa: Pasolini tra passione e ideologia

Reggio Calabria Tempo Libero

Il Pasolini “moralista” e “ideologo” è stato al centro del primo degli incontri promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos dal titolo “Passione e ideologia: Pasolini luterano e corsaro” per ricordare il 40° della morte dello scrittore. Relatore – dopo l’introduzione del Presidente di Anassilaos Giovani Tito Tropea - il Prof. Antonino Romeo che ha analizzato alcuni degli articoli, poi raccolti nei due volumi “Scritti corsari” e “Lettere luterane” che negli ultimi anni della sua vita Pasolini pubblicò su grandi giornali italiani.

“Ovviamente – ha rilevato lo studioso - in questi testi non c’è omogeneità narrativa, anche se essi sono tutti ispirati da una medesima logica di fondo: la storia italiana è tutta segnata da una profonda anomalia, istituzionale e civile. Nei secoli passati – ha proseguito - l’Italia non ha avuto una monarchia forte, capace di creare strutture amministrative unitarie; fra Sette e Ottocento non ha conosciutola prima rivoluzione industriale e, a metà del Novecento, è piombata nella modernità con tutti i suoi caratteri di Paese contadino guidato per venti anni da un regime dittatoriale e poi, nel dopoguerra, da un sistema politico altrettanto reazionario. Una società non abituata a dissentire e una struttura istituzionale e culturale inadeguata a gestire quanto il progresso proponeva”.

Ne è risultata, secondo la visione di Pasolini, un’Italia volgare e brutta, appiattita nei comportamenti falsamente moderni, omologata nelle abitudini, dimentica delle sue radici e perciò esposta ai mutamenti portati dalla modernità senza adeguati filtri di comprensione.

Da questa analisi desolata discende, per lo scrittore e poeta Pasolini, come unica alternativa, l’esaltazione della vecchia civiltà contadina, semplice e povera ma fornita di una sua cultura autentica: era l’Italia “del pane”, quella che praticava i consumi necessari e coltivava le differenze anche nei comportamenti e nei linguaggi.

“Oggi a distanza di quaranta anni dalla morte di Pasolini - ha rilevato Romeo - non importa stabilire se ed in quale misura la sua analisi fosse giustificata sul piano storico e sociologico e quanto, dipendesse dal disperato vagheggiamento di un mondo incontaminato e naturale dove il peccato potesse essere innocente e dove i rapporti tra le persone potessero essere regolati dalla legge aurea e felice per cui s’ei piace ei lice”.

Ciò che importa sottolineare è la complessiva validità di un insegnamento che mirava soprattutto ad essere eretico, ed indicare e sottolineare ciò che agli altri ancora sfuggiva, a valorizzare gli elementi del dubbio e del dissenso fecondo, a rifuggire dal conformismo per salvare l’individualità. Come ha scritto di recente Paolo di Paolo, le idee di Pasolini hanno il pregio di celebrare “l’estremismo della serietà” in una società che da sempre tende al melenso o al cinico, magari con qualche cedimento al ridanciano. I suoi scritti dunque ci richiamano al dovere della serietà e dell’approfondimento, senza mezze misure e ammiccamenti.

Comunista senza partito e cristiano senza Chiesa, omosessuale in lotta con se stesso, implacabile contro il consumismo ed egli stesso icona mediatica, Pasolini ci appare come un predicatore austero ed intransigente, appunto luterano, sempre in lotta con l’eterna tendenza italica alla bonomia che tutto dimentica e perdona, nemico implacabile del “troncare, sopire, sopire, troncare”, di manzoniana memoria, in cui annega da sempre ogni speranza di autentico rinnovamento civile.