Blitz contro il clan Grande Aracri, in corso 16 arresti nel crotonese
È in corso da stamani una vasta operazione (denominata “Kiterion II”) dei Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, in collaborazione con i colleghi di Catanzaro, per la cattura di 16 persone, tra capi e gregari della cosca che farebbe capo alla famiglia di ‘ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro con ramificazioni nel Nord Italia. Il clan, secondo la tesi investigativa, avrebbe assunto un ruolo dominante non solo nel crotonese ma anche a Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza.
Al blitz partecipano circa un centinaio di militari che stanno setacciando l'intera fascia dell'Alto Ionio calabrese. Gli arresti sono stati ordinati dalla DDA di Catanzaro per i reati di associazione mafiosa, estorsione, usura e omicidio.
L'indagine dei militari ha consentito di far luce sulle attività intimidatorie e predatorie del clan, compreso l'omicidio di un vecchio boss del crotonese, esponente di spicco della vecchia guardia 'ndranghetista, Antonio Dragone, assassinato a Cutro nel 2004 durante un agguato a colpi di mitra e pistola. Tra gli arrestati di stamani vi sarebbero anche Nicolino Grande Aracri ed un fratello mentre un altro dei fratelli del presunto boss sarebbe indagato in stato di libertà; coinvolto inoltre un legale che sarebbe accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: secondo gli investigatori si sarebbe prestato ad operazioni finanziarie per il clan e avrebbe cercato di condizionare le decisioni della Corte di Cassazione per ottenere sentenze favorevoli.
I NOMI DEGLI ARRESTATI
Nicolino Grande Aracri, 56 anni, già in carcere e sottoposto al 41 bis, considerato dagli investigatori come il boss di Cutro ed al vertice della coincidente, ma meno estesa, struttura denominata Locale di Cutro. In arresto: Antonio Grande Aracri, 55 anni, fratello di Nicolino; Rocco Corda, detto "Rocchino", 45 anni, avvocato; Salvatore Scarpino, detto "Turuzzo", 50 anni, e Giuseppe Altilia, 50 anni. Ai domiciliari, invece, Grazia Veloce, 72 anni ed Esterino Peta, 27 anni.
L'ordinanza è stata notificata in carcere, dove erano già detenuti per altra causa, ad Angelo Greco, 50 anni, Gennaro Mellea (38), Francesco Lamanna (54), Alfonso Diletto (48), Vito Martino (45), Romolo Villirillo, detto "Pietro u' Porziano" (37); ai cugini Pasquale e Michele Diletto (rispettivamente di 36 e 29 anni) ed a Giuseppe Celi (38).
Quest’ultimi sono attualmente ristretti nelle carceri di Catanzaro, Milano, Oristano, Sassari, Spoleto, Taranto, Torino e Viterbo. Si tratta dei fermi che sono stati disposti nel gennaio scorso o delle ordinanze cautelari nella indagine parallela "Aemilia", condotta dai Carabinieri dell'Emilia Romagna sotto la direzione della Dda di Bologna. Ci sono altri indagati, pur in assenza di presupposti che consentissero l'adozione di provvedimenti cautelari.
I DETTAGLI DEL BLITZ
Il blitz è scattati nella nottata a Cutro, Catanzaro e Roma. Le misure cautelari sono state adottate dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo.
I provvedimenti colpiscono i 16 soggetti che gli inquirenti ritengono appartenenti “ad una struttura di ‘ndrangheta di amplissima estensione territoriale”, che avrebbe esteso la sua influenza sulle province di Crotone, del basso Ionio cosentino, nel capoluogo di regione e nell’alto tirreno del vibonese, contando anche su propaggini a Roma, in Emilia Romagna e in Lombardia.
CUTRO EPICENTRO DEL GRUPPO
“La cittadina di Cutro - sostengono gli investigatori - era l’epicentro dell’attività del gruppo malavitoso, caratterizzato da una rigida impostazione piramidale e verticistica” che sarebbe stata capeggiata da Nicolino Grande Aracri.
Le indagini sfociate negli arresti di oggi rappresentano un ulteriore approfondimento di quelle che già il 28 gennaio scorso diedero vita a 36 “fermi” e avrebbero permesso di attribuire ai presunti affiliati la responsabilità, a vario titolo, di una serie di reati tra cui l’associazione di tipo mafioso (sia in termini di appartenenza organica che di concorso esterno); omicidio; ricettazione; estorsioni; usura; rapina e violazioni in materia di armi.
L’ordinanza ha interessato i territori della provincia pitagorica, in particolare i comuni di Cutro e Isola di Capo Rizzuto, il litorale Catanzarese e la città di Roma. Tra le condotte contestate agli indagati vi sono numerose estorsioni tese a imporre subappalti nella fase di realizzazione e gestione di un parco eolico; sistematiche estorsioni ai danni dei villaggi turistici del litorale ionico, a cui sarebbero stati imposti servizi e prestazioni da parte di ditte considerate vicine al sodalizio criminoso; la partecipazione all’omicidio di Antonio Dragone, che era allora a capo di una compagine avversa; il concorso esterno all’associazione, attraverso il tentativo di condizionare le decisioni delle Suprema Corte di Cassazione in merito ad un procedimento penale, anche mediante il pagamento di danaro.
I GRUPPI MALAVITOSI PIÙ AGGRESSIVI SUL TERRITORIO
A partire dal 2010, i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Crotone e i colleghi di quello di Catanzaro, hanno scandagliato minuziosamente attività ed eventi delittuosi commessi a partire proprio dal 2004 e perpetrati sino a tempi recenti. Un lavoro lungo e assai complesso, fatto di intercettazioni telefoniche e ambientali, raccolta di testimonianze e riscontri sul campo, premetterebbe agli investigatori e all’Autorità Giudiziaria inquirente di “ricostruire un quadro analitico di ruoli e responsabilità di quello che è, a tutti gli effetti, uno dei gruppi malavitosi più aggressivi sul territorio”.
IL CLAN SEDUTO AI TAVOLI DI LOGGE MASSONICHE
"La partecipazione ai tavoli di logge massoniche o associazioni di cavalieri era vista dalla cosca Grande Aracri come uno strumento di incontro con persone per bene che potevano tornare utili agli interessi della stessa cosca". Lo ha detto il procuratore facente funzioni di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa che si è svolta nella sede della Procura di Catanzaro per illustrare i particolari dell'operazione "Kiterion 2" contro il clan del Crotonese. Il particolare emerge, secondo quanto riferito dallo stesso Bombardieri, da alcune intercettazioni telefoniche e ambientali.
NEL MIRINO DEL CLAN UN PARCO EOLICO
La volontà di mettere le mani su un grande parco eolico realizzato nel crotonese, sui numerosi villaggi turistici disseminati lungo la costa ionica, ma anche nuove responsabiltà nell'omicidio di un vecchio boss della 'ndrangheta crotonese come Antonio Dragone e persino il tentativo di condizionare una sentenza della suprema Corte di Cassazione: sono gli elementi emersi dall'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sfociata nell'operazione dei carabinieri del comando provinciale di Crotone che questa mattina hanno eseguito sedici ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Catanzaro Commodaro nei confronti di altrettante persone ritenute affiliate alla cosca Grande Aracri di Cutro, un potente sodalizio che aveva esteso la propria influenza sulle province di Crotone, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, contando anche su propaggini a Roma, in Emilia Romagna e in Lombardia. Operazione denominata 'Kiterion due' che in sostanza approfondisce una serie di elementi già emersi nell'indagine che il 28 gennaio 2015 ha portato al fermo di 36 persone in un'operazione battezzata appunto 'Kiterion' e per la gran parte delle quali la procura distrettuale antimafia ha già chiesto il rinvio a giudizio. A dieci delle persone che compaiono nel nuovo filone d'indagine l'ordinanza di custodia cautelare è stata notificata questa mattina nelle carceri in cui si trovano ristretti proprio in virtù dei fermi del gennaio scorso o dell'arresto avenuto nell'ambito dell'operazione 'Aemilia', scattata in quello stesso giorno.
Si tratta del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, 57 anni, attualmente sottoposto al regime del 41 bis; Angelo Greco, 51 anni, di San Mauro Marchesato; Gennaro Mellea, 39 anni, di Catanzaro; Francesco Lamanna, 55 anni, di Cutro; Alfonso Diletto, 49 anni, di Cutro; Vito Martino, 45 anni, di Cutro; Romolo Villirillo, 38 anni, di Cutro; dei cugini Pasquale Diletto, 37 anni, e Michele Diletto, 30 anni, entrambi di Cutro; Giuseppe Celi, 39 anni, di Melito Porto Salvo. Sono finiti nel carcere di Catanzaro Antonio Grande Aracri, 56 anni, fratello di Nicolino; Rocco Corda, 46 anni, avvocato, di Petilia Policastro; Salvatore Scarpino, 51 anni, di Cutro, e Giuseppe Altilia, 51 anni, di Botricello. Agli arresti domiciliari, infine, Grazia Veloce, 73 anni, di Roma, e Esterino Peta, 28 anni, di Catanzaro. Fra gli indagati, inoltre, compaiono ulteriori persone a carico delle quali tuttavia non sono stati ravvisati dal giudice presupposti che consentissero l'adozione di provvedimenti cautelari. Alle sedici persone arrestate oggi gli inquirenti contestano, a vario titolo, le accuse di associazione mafiosa e concorso esterno, omicidio, ricettazione estorsione, usura, rapina, violazioni in materia di armi. Le estorsioni, in particolare, riguardano una serie di subappalti mposti dalla cosca nella fase di realizzazione e gestione di un parco eolico nonchè ai villaggi turistici del litorale ionico, a cui venivano anche imposti servizi e prestazioni da parte di ditte vicine al sodalizio. L'omicidio cui fanno riferimento gli inquirenti è quello del boss Antonio Dragone avvenuto a Cutro il 10 maggio 2004 e per il quale è già stato condannato in primo e secondo grado Francesco Lamanna, genero del boss Nicolino Grande Aracri. Il concorso esterno all'associazione riguarda il tentativo di alcuni avvocati di condizionare, anche attraverso la dazione di denaro, la decisione della Corte di Cassazione proprio in merito al procedimento penale sull'omicidio Dragone che riguardava Francesco Lamanna.
LA COSCA VOLEVA CONDIZIONARE ANCHE LA CASSAZIONE
La cosca Grande Aracri, colpita oggi dall'operazione "Kiterion 2" dei Carabinieri, aveva tentato di apriredei canali per avvicinare personaggi eccellenti che avrebbero potuto agevolare gli interessi della consorteria di 'ndrangheta. Si tratterebbe di ambienti ecclesiastici e ordini di cavalierato e millantati rapporti persino in Corte di Cassazione. Un contesto emerso già nella prima tranche dell'operazione condotta lo scorso anno e che ora conduce direttamente a Grazia Veloce, giornalista di 72 anni residente a Pomezia, finita agli arresti domiciliari nell'ambito dell'operazione "Kiterion 2" portata a termine oggi dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. In particolare, secondo gli inquirenti, Grazia Veloce avrebbe utilizzato le sue relazioni personali in ambienti ecclesiastici romani e in ordini di cavalierato. In questo modo, sempre secondo l'accusa, avrebbe assicurato i rapporti dei vertici del sodalizio criminoso con questi ambienti altolocati.
Un esempio di questi rapporti avviatri dal clan crotonese sarebbe stato l'intervento della stessa Grazia Veloce nei confronti di prelati romani per consentire l'avvicinamento del genero del boss Nicolino Grande Aracri, Giovanni Abramo, detenuto a Sulmona per l'omicidio di Antonio Dragone. La cosca si sarebbe rivolta proprio alla professionista per agevolare il trasferimento del congiunto in un carcere calabrese. Dietro ai rapporti con ambienti influenti spiccano anche le figure dell'avvocato romano Benedetto Giovanni Stranieri (non colpito da questa ordinanza, ma coinvolto nella precedente inchiesta) e della sorella, anch'ella avvocato, Lucia Stranieri, per la quale il gip ha ritenuto di non dovere applicare alcuna misura restrittiva per mancanza di esigenze cautelari, pur riconoscendo il coinvolgimento nell'inchiesta. I due, in particolare, avrebbero provato ad intervenire sulla Corte di Cassazione che avrebbe dovuto giudicare Giovanni Abramo nel processo per l'omicidio di Antonio Dragone.
Secondo il procuratore Giovanni Bombardieri, pero', "non è stato individuato alcun soggetto in Cassazione con cui ci sarebbe stato un dialogo. Emergono però inquietanti intercettazioni tra gli indagati, ma non si esclude che possa essersi trattato di una millanteria".
(Aggiornata alle 14:00)