Capannone incendiato due volte, indagati i titolari: a fuoco per riscuotere l’assicurazione?

Catanzaro Attualità

Avrebbero appiccato l’incendio di un loro capannone con lo scopo di ottenere l’indennizzo dell’assicurazione. Con questa accusa la squadra mobile di Catanzaro ha notificato gli avvisi di conclusione delle indagini a loro carico, ed emessi dalla Procura, ad Alfonso Talarico (di 37 anni) e Graziano Gregorio Russo (49), imprenditori impegnati nel settore immobiliare, così come ad Antonio Celia (39 anni), al quale la notifica dell’avviso è in corso.

Secondo la tesi degli inquirenti, i tre, nel mese di maggio scorso, erano in procinto di aprire un punto vendita nel capoluogo - che si sarebbe aggiunto ad un’altra impresa già presente a Botricello - se un incendio non ne avesse investito i locali rendendoli inservibili. Le fiamme erano divampate nella notte tra il 10 e l’11 maggio del 2015 investendo i magazzini dell’azienda dove era in allestimento una sala mostra, in via Lucrezia della Valle. Grazie ad una Volante della polizia, accortasi del fumo proveniente dai capannoni, vennero allertati subito i Vigili del Fuoco il cui intervento evitò che la struttura venisse completamente distrutta

Il rogo salvò una parte dell’allestimento che l’impresa aveva fino allora realizzato ma anche le tracce di quanto utilizzato per innescare l’incendio: delle taniche e delle bottiglie che contenevano del liquido infiammabile, oltre a dei fiammiferi e della diavolina. A questo episodio incendiario ne era poi seguito un altro, a distanza di una ventina di giorni, il 7 giugno successivo, che provocò altri danni.

Un’azienda di prossima apertura che andava in fumo fece subito temere che si trattasse di una intimidazione; da qui partirono subito le indagini della mobile, coordinate dalla Procura, che però avrebbero dato un esito inaspettato: secondo gli inquirenti, sarebbero stati difatti gli stressi imprenditori appiccare il fuoco. Durante un sopralluogo sulla scena del crimine erano stati repertati degli scatoloni di diavolina e uno scontrino fiscale che indicava dove erano stati acquistati il giorno precedente all’incendio. Da qui all’individuazione di chi aveva comprato la diavolina, utilizzata come innesco, il passo sarebbe stato breve: le immagini ritraevano infatti i titolari mentre acquistavano il prodotto.

I locali dell’azienda in via di apertura non erano muniti di impianto di videosorveglianza né di allarme ma la merce che li occupava godeva di una abbondante copertura assicurativa. Talarico, Russo e Celia dovranno dunque rispondere dell’accusa di avere provocato l’incendio dei loro locali allo scopo di ottenere l’indennizzo.