Reati tributari, beni per 3 milioni sequestrati a un noto imprenditore vibonese
Beni per un valore di circa 3 milioni di euro sono stati oggetto di un sequestro eseguito a carico di un noto imprenditore vibonese, Tommaso Pugliese. L’operazione, definita dagli stessi investigatori come “importante”, è stata svolta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Vibo Valentia nell’ambito di un’indagine per reati tributari.
Secondo la tesi delle fiamme gialle, dunque, l’imprenditore avrebbe cercato di sottrarre il suo patrimonio all’azione del Fisco per il recupero dei crediti vantati dall’Erario. La Procura, pertanto, ha disposto il sequestro preventivo di suoi beni e delle quote di quattro società che, nell’ultimo quinquennio, hanno avuto un fatturato complessivo che supera i 25 milioni di euro. Solo che, contemporaneamente, avrebbero anche accumulato debiti verso il Fisco per quasi sei milioni di euro e, per sottrarli, appunto, alle azioni di recupero dello Stato, l’imprenditore avrebbe così avviato una serie di attività dispositive (tra cui donazioni, vendite simulate di immobili, terreni e quote di partecipazione sociali) i cui beneficiari sarebbero stati membri della sua stessa famiglia.
L’ATTIVITÀ scaturisce dalle indagini delegate dalla Procura vibonese che alla materia fiscale dedica una particolare attenzione, in considerazione dell’entità e della gravità, in provincia, dei casi di fallimento e, spiegano “della diffusa prassi di non pagare i debiti tributari maturati nel tempo e, contestualmente, di sottrarre, con manovre fraudolente, i beni di impresa alle garanzie dell’Erario”.
Venendo alla vicenda, nell’ambito di un consolidato “protocollo” operativo tra i reparti della Gdf, che costantemente monitorano le numerosissime procedure concorsuali, si sarebbe scoperto come l’impresa, che opera sia nel settore turistico alberghiero che nella costruzione di edifici, evidenziasse un’ingente esposizione debitoria nei confronti dell’Erario (tra imposte e sanzioni) e per la quale aveva ricevuto avvisi di accertamento e cartelle esattoriali, per un importo di circa 6 milioni di euro.
A fronte di ciò l’imprenditore, probabilmente per sottrarsi ad un eventuale fallimento, avrebbe richiesto la cancellazione della ditta dal Registro delle Imprese. Dopo questa operazione avrebbe poi iniziato a disfarsi anche dei propri beni, cedendoli, a vario titolo, ai propri familiari e congiunti e ritenendo che così si potessero sottrarre ad eventuali azioni esecutive.
I Finanzieri dapprima si sono focalizzati “sul complesso delle imprese e società riconducibili al noto imprenditore” rilevando che due società del gruppo avevano debiti fiscali per alcuni milioni di euro. Subito dopo la due società hanno richiesto una rateizzazione del debito con l’intenzione di estinguerlo ed iniziando a pagare.
Dopo l’avvio del piano di rientro richiesto dalle società, le investigazioni si sono concentrate sul debito fiscale evidenziato dall’impresa individuale Pugliese che, come dicevamo ammonterebbe a circa 6 milioni di euro, accertando che l’imprenditore, nel corso di un biennio, avrebbe posto in essere (tra compravendite e donazioni) circa 8 negozi giuridici, alienando, a favore di figli e affini, terreni e fabbricati per un valore di 2 milioni di euro e quote di quattro società “con il preciso intento - sostengono i militari - di sottrarre fraudolentemente le suddette garanzie patrimoniali, al pagamento delle imposte”.
A questo punto. il Procuratore della Repubblica e Concettina Iannazzo, titolare del fascicolo d’indagine, hanno richiesto al GIP il sequestro dei cespiti oggetto delle cessioni di beni.
(Aggiornata alle 12:45)