Medu: “A Rosarno le condizioni dei migranti sono allarmanti”
Bilancio negativo anche quest’anno per la stagione agrumicola nella Piana di Gioia Tauro. Nonostante l’aumento dei controlli nelle aziende indetto da Prefettura e Ispettorato del Lavoro, sono infatti rimaste disastrose le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri. Una stagione dove tra l’altro sono tornate le aggressioni ai migranti impiegati in agricoltura. Dai dati raccolti dalla clinica mobile di Medici per i Diritti Umani (Medu) – che ha operato nella Piana di Gioia Tauro da metà novembre 2015 a marzo 2016 prestando assistenza sanitaria ai lavoratori stranieri stagionali – emerge un quadro che di poco si discosta dalla stagione precedente. Dei 471 pazienti visitati (774 visite mediche totali tra primi, secondi, terzi e quarti accessi), l’86% ha meno di 35 anni. Si tratta, quindi, di una popolazione giovane – in media 29 anni – proveniente principalmente da Mali (36%), Senegal (23%), Gambia (12%), Costa d’Avorio (8%) e Burkina Faso (6%).
La maggior parte dei pazienti (95%) è dotata di regolare permesso di soggiorno. Di questi, più della metà (54%) è già titolare di un permesso per protezione internazionale (asilo politico e protezione sussidiaria) o per motivi umanitari. Il 33%, invece, pur essendo regolare nel territorio italiano è in fase di ricorso contro il diniego della Commissione per il diritto d’asilo. Un dato, questo, in forte aumento rispetto alla stagione precedente e già fotografato da Medu ad inizio della stagione di raccolta (si veda il comunicato del 17 dicembre scorso). Più della metà dei pazienti è, infatti, giunto in Italia negli ultimi due anni e vive una condizione di estrema vulnerabilità determinata spesso dalla totale mancanza di informazioni e orientamento socio-legale nonché dall’impossibilità di leggere e scrivere (il 42% dei pazienti ha dichiarato di essere analfabeta).
Per quanto concerne l’integrazione sanitaria, il 52% dei pazienti regolarmente soggiornanti non ha la tessera sanitaria. Le patologie più frequentemente riscontrate sono: disturbi gastro-intestinali (23%), sindromi delle vie respiratorie (22%), patologie muscolo-scheletriche (13%), traumatismi (10%), patologie della cute (6%). I lavoratori stranieri giungono, quindi, in Italia sani e si ammalano nel nostro paese a causa delle critiche condizioni di vita e di lavoro.
Per quanto concerne le condizioni di lavoro, nonostante l’aumento dei controlli da parte di Prefettura e Ispettorato del Lavoro, è riscontrabile tra la popolazione bracciantile un alto tasso di lavoro nero. L’86% dei lavoratori agricoli, infatti, non ha un contratto di lavoro e i pochi che hanno dichiarato di averlo (12%) non sanno se riceveranno una busta paga a fine mese né se gli verranno riconosciute le effettive giornate di lavoro svolte. La maggior parte dei lavoratori è, infatti, retribuita a giornata o a cassetta (1 euro per le cassette di mandarini e 0,5 per le arance) in media 25 euro al giorno per 8 ore di lavoro ed è reclutata attraverso la “piazza” (47%) – cioè l’attesa dei datori di lavoro o dei caporali nelle piazze e nei principali snodi stradali della Piana – o ricorso diretto al caporale (17%). In tale caso, il lavoratore dovrà farsi carico del costo del trasporto che varia dai 3 ai 5 euro.
Per quanto concerne le condizioni di vita, la quasi totalità dei braccianti incontrati da Medu ha trascorso la stagione vivendo in una struttura abbandonata, in una baracca o in una tenda sovraffollata nella zona industriale di San Ferdinando e dormendo, in più della metà dei casi, su un materasso a terra. Sono stati circa 2.000 i lavoratori che hanno affollato la zona industriale di San Ferdinando, distribuendosi tra la tendopoli e una fabbrica abbandonata in condizioni igienico-sanitarie allarmanti. Stessa sorte per le centinaia di lavoratori che vivono nei casolari abbandonati nelle campagne dei Comuni di Rizziconi, Taurianova e Rosarno, edifici fatiscenti, privi di elettricità (nei casi più fortunati alcuni migranti dispongono di generatori a benzina), di servizi igienici e acqua.
A tale proposito, nel febbraio 2016 è stato sottoscritto dalla Prefettura di Reggio Calabria, Regione Calabria, Provincia di Reggio Calabria, Protezione civile regionale insieme con Croce Rossa, Caritas, Emergency e Medu un protocollo d’intesa per la soluzione della situazione del campo di San Ferdinando e Rosarno. Il protocollo prevede un intervento in due fasi. Attraverso uno stanziamento di 300mila euro da parte della Regione Calabria verrà messa in sicurezza e bonificata l’area dove sorge l’attuale tendopoli attraverso la sostituzione delle tende e la verifica degli impianti elettrici, idrici e igienici. La seconda fase, già iniziata con un primo tavolo di confronto, prevede la costruzione di politiche di integrazione dei lavoratori nel tessuto abitativo della Piana di Gioia Tauro.
Per tali motivi Medu chiede alle Istituzioni che hanno sottoscritto il protocollo che il tavolo relativo la costruzione di politiche abitative porti alla definizione di soluzioni concrete da avviare già entro la prossima stagione. Si tratterebbe, in questo caso, di un passo decisivo nel ridare dignità ai lavoratori nonché di valorizzare – in un territorio a forte emigrazione come quello calabro – le centinaia di stabili in disuso presenti e di ridare vita ai centri abitati in forte spopolamento.
Medu, inoltre, chiede che vengano promossi alcuni strumenti chiave per la lotta al caporalato e al lavoro nero. Tra questi: il controllo della reale operatività delle O.P. (le Organizzazioni dei Produttori), il monitoraggio delle aziende presenti sul territorio e degli ettari messi a coltivo, il potenziamento dei centri per l’impiego come unico ponte possibile tra lavoratore e azienda, l’istituzione di linee agricole che garantiscano il trasporto pubblico da e verso i campi nonché l’introduzione degli indici di congruità.
Medu, infine, chiede che venga promosso presso il Ministero dell’Agricoltura un tavolo per il rilancio della produzione agrumicola della Piana e la definizione dei prezzi degli agrumi i quali, comprati ai piccoli produttori tra i 5 e 15 cent/kg rendendo quasi impossibile la copertura dei costi di raccolta, sono poi rivenduti dalla Grande Distribuzione fino a 2 euro al kilo.