Campagna LasciateCIEntrare, visita nel centro di Feroleto
"Una delegazione composta da Emilia Corea (associazione la Kasbah), Luca Mannarino (attivista), Eugenio Naccarato (Responsabile Amnesty International-Circoscrizione Calabria), Yasmine Accardo (LasciateCIEntrare).
Accompagnati da Nicola Morra (Senatore della Repubblica), lo scorso 25 marzo si è recata, in qualità di referenti della Campagna “LasciateCIEntrare”, presso il centro di accoglienza straordinaria per i migranti di Feroleto". E' quanto si legge in una nota dei referenti della Campagna “LasciateCIEntrare”.
"Li - continua la nota - incontriamo lungo la Strada Provinciale 85, come in processione. Si trascinano stanchi ai bordi della strada a scorrimento veloce, incuranti delle macchine che sfrecciano a pochi centimetri da loro, quasi tutti in ciabatte e con addosso vestiti logori assolutamente inadeguati a proteggerli dalle intemperie. All’arrivo chiediamo di poter parlare con i migranti “ospiti” del centro, ma il gestore, Salvatore Lucchino, ci nega l’autorizzazione ad entrare e ci riceve nell’ufficio, adiacente alla struttura. Afferma che i migranti ospiti del centro, 115 ci dicono, godono di un’ottima accoglienza dal punto di vista materiale. Aggiunge che quasi tutti sono stati diniegati dalla commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, ma che nei loro confronti è stato preparato il ricorso dall’avvocato del centro, Mario Bevilacqua. Ribadisce la puntualità di erogazione del pocket money mensile ai migranti, il possesso da parte di tutti i ragazzi della tessera sanitaria (il medico curante pare essere il Dott. Palmieri) e ci congeda affermando che nel centro gestito da lui tutto funziona alla perfezione.
Totalmente diversa è, invece, la versione dei ragazzi, con i quali ci fermiamo a parlare all’uscita dal centro, lontano da occhi e orecchie indiscreti. Lamentano una serie di disagi legati al mancato rilascio del permesso di soggiorno, in seguito alla presentazione del ricorso avverso alla commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, e alla mancata erogazione del pocket money da oltre quattro mesi. Ci riferiscono, con evidente senso di vergogna, di avere litigato tra di loro spesso per il cibo, in quanto lo stesso risulterebbe essere insufficiente per quelle che sono le loro esigenze. Ci colpisce, in particolar modo, l’abbigliamento di un ragazzo incontrato lungo la strada provinciale. Indossa ciabatte spaiate, un piede infilato in una ciabatta consumata e l’altro in un infradito di plastica. “We live like slaves, here” ci dicono, “ci vergogniamo a stare sui marciapiedi o davanti ai negozi per chiedere l’elemosina, nel nostro paese non lo abbiamo mai fatto ma qui siamo costretti dalle circostanze” e ci mostrano un portafogli desolatamente vuoto. Raccontano di avere protestato, due mesi fa, per la mancata corresponsione del pocket-money, e che il gestore in quell’occasione avrebbe chiamato la polizia la quale sarebbe intervenuta per sedare la protesta traendo in arresto quattro migranti. Riferiscono di non essere in possesso della tessera sanitaria e di non ricevere adeguata assistenza medica. Un ragazzo, inoltre, ci racconta, con evidente difficoltà e angoscia, delle vicissitudini da lui vissute nel paese di origine e durante il suo lungo viaggio fino in Italia. Come lui, molti avrebbero, forse, bisogno di un accompagnamento terapeutico al fine di rielaborare e, possibilmente, superare traumi così profondi, ma, come ci riferisce il Lucchino, “nessuno dei ragazzi ha di questi problemi, altrimenti me ne avrebbero parlato: le prime persone con cui si confidano sono i dirigenti”.
In data 29 marzo ci rechiamo nuovamente presso il centro di accoglienza di Feroleto. Anche in questa occasione il gestore ci fa accomodare nel suo ufficio, chiedendoci il motivo delle nostre ripetute visite. Ancora una volta si mostra disponibile a rispondere alle nostre domande, risposte che però non trovano conferma nelle dichiarazioni dei migranti. Ci riferisce che non viene erogato un contributo per il vestiario - “la Prefettura di Catanzaro ci ha detto che non bisogna erogare un contributo per i vestiti ma acquistarli direttamente” -, sembra che non ci siano lavatrici all’interno del centro ma che siano in corso i lavori per la costruzione di uno spazio adibito a lavanderia. Nel frattempo il servizio di lavaggio dei vestiti, delle lenzuola, delle coperte viene erogato, solo ogni 15 giorni, da una lavanderia convenzionata. Facciamo notare al gestore del centro che nel corso delle precedenti nostre visite, in giorni e circostanze diversi, si era evidenziata la mancanza di lenzuola sui materassi e l’abbigliamento inadeguato ai freddi invernali di molti “ospiti”. Lucchino riferisce che si tratta di un’abitudine dei migranti quella di dormire senza lenzuola, e di una loro volontà nel vestirsi con infradito e pantaloncini nel mese di marzo. Ci soffermiamo nuovamente a parlare con i migranti all’esterno i quali, però, appaiono timorosi in virtù della presenza del gestore e di numerosi operatori, in particolare del mediatore culturale il quale ci segue ininterrottamente nel nostro giro di visite, intervenendo a difesa della gestione tutte le volte che i migranti provano a esprimere il loro malcontento. La sua volontà di ascoltare i dialoghi tra noi e i ragazzi, viene confermata dalla raccomandazione che rivolge a tutti gli “ospiti” del centro su quanto ci dovessero riferire: “Tutto va bene, gli unici problemi sono legati alla mancanza di alcuni documenti”. Ed è quanto ci raccontano, infatti, tutti gli operatori e i gestori della struttura, compresa la sopraggiunta direttrice Donato, ex dipendente della Prefettura di Catanzaro. Ovviamente, le suddette mancanze, ci riferiscono, sono dovute alla burocrazia e all’inerzia degli enti: lamentano, ad esempio, che, nonostante tutti i ragazzi, a loro dire, avessero ricevuto la tessera sanitaria, l’ASP di Lamezia non ha voluto concedere loro il codice di esenzione del ticket. Un ragazzo, intanto, continua a strofinarsi gli occhi con un fazzoletto nel tentativo di fermarne la lacrimazione, i suoi occhi appaiono particolarmente arrossati, probabilmente per via di una congiuntivite. Riferisce di non avere ricevuto alcuna assistenza medica. Il mediatore interviene affermando che si tratta di una inezia e che quasi tutti soffrono dello stesso problema.
Sembra che nelle ultime settimane, e in seguito alla visita del Senatore Morra e dell’europarlamentare Ferrara, siano iniziati i lavori di ristrutturazione del piano terra della struttura, esattamente degli spazi comuni, i quali risultavano inagibili (così come emerso anche nel corso della visita effettuata dai referenti della campagna LasciateCIEntrare un anno fa). In queste aree un cartello su un muro di accesso alla struttura raccomanda a tutti gli ospiti del centro di essere presenti e puntuali durante la distribuzione dei pasti, pena la non corresponsione del pocket-money.
Il giorno successivo alla nostra visita veniamo a conoscenza del fatto che nei confronti di tre migranti è stato disposto un ordine di allontanamento e di revoca dell’accoglienza, attraverso un documento del tutto privo di valenza legale. Il timore che si tratti di una rappresaglia nei confronti di coloro che avevano manifestato i disagi nel centro è forte.
Nella stessa giornata decidiamo di far visita al centro di accoglienza di Pian del Duca, gestito dalla cooperativa sociale “Malgrado Tutto”.
Anche qui veniamo subito fermati e, dopo un controllo dei nostri documenti e una richiesta telefonica alla Prefettura di Catanzaro, permettono al senatore Morra e al rappresentante regionale di Amnesty International, avv. Eugenio Naccarato, di entrare, nonostante il presidente della cooperativa, Raffaello Conte, pare non avesse problemi nel far entrare tutti i presenti.
Conte accompagna i due delegati all’interno della struttura senza nascondere alcuna preoccupazione vergogna per le condizioni del Centro, senza vietare riprese e/o foto, addirittura mostrando con modi arroganti un atteggiamento prevaricatore nei confronti dei ragazzi ospitati nella struttura.
E così, durante la visita all’interno del centro, parimenti a quanto osservato nelle visite effettuate negli anni precedenti, abbiamo rilevato la presenza di stanze, molte chiuse solo da una tenda, con 8-10 letti sistemati alla meno peggio, in evidente sovraffollamento e in condizioni igieniche a dir poco disumane, così come anche i bagni del primo livello, alcuni otturati con escrementi che galleggiavano e invadevano anche parte della pavimentazione, e le docce in comune, con chiari segni di muffa intorno alle mattonelle e alla base delle stesse.
I ragazzi ci riferiscono che non è stato dato loro alcun capo di abbigliamento, ma che ognuno ha dovuto provvedere all’acquisto degli indumenti attraverso l’utilizzo del già misero pocket-money. Proprio riguardo al pocket money, diversi ragazzi all'arrivo del rappresentante di Amnesty e del Senatore, nonostante la presenza degli operatori e di Raffaello Conte, visivamente segnati ed esasperati, segnalano la mancata erogazione da almeno tre mesi del piccolo contributo.
Ed ancora, la corrente elettrica, ci dicono, non viene erogata in maniera continua, ma solo nella seconda parte della giornata. Circostanza, peraltro, riscontrata dallo stesso comportamento tenuto da Raffaello Conte, alla nostra presenza nel mentre ci mostrava la sala cucina, laddove ad alcuni operatori presenti nella sala ricordava loro, non proprio in modo garbato, di tenere spente le luci. In ordine al cibo, nonostante l'ampia sala per il pranzo e i locali cucina, diversi ospiti ci riferiscono di mangiare male e poco, e addirittura senza posate. D'altronde, il riscontro che ci siano criticità anche in ordine ai pasti lo abbiamo avuto visitando alcune stanze, all'interno delle quali i ragazzi attraverso fornellini di fortuna, con gravi rischi sulla loro salute e incolumità, tentano di cucinarsi da soli il cibo.
Molti ragazzi (in tutto sarebbero circa 250, secondo quanto comunicatoci da Conte) sono stati diniegati dalla commissione territoriale di competenza e nessuno di loro sa come e se si stia svolgendo il ricorso presentato dall’avvocato della struttura.
Tutti coloro che incontriamo ci chiedono di aiutarli ad uscire da quel luogo al più presto, denunciando le condizioni in cui vengono costretti a vivere.
E’ doveroso ricordare che la cooperativa Malgrado Tutto ha ottenuto l’affidamento in comodato d’uso per 99 anni del terreno su cui sorge il centro di accoglienza, e che, quindi, la stessa cooperativa ha gestito fino al 2012 quello che è stato più volte definito il CIE peggiore d’Italia (2004, Medici Senza Frontiere 2010, Medici per i Diritti Umani 2012), in cui sono state rilevate pratiche disumane nel trattamento degli “ospiti” presenti. Al suo interno si sono verificati due casi di suicidio, ripetuti atti di autolesionismo e numerosi tentativi di fuga e di protesta, mentre un diciottenne ha subito la rottura del midollo con conseguente paralisi totale e permanente degli arti. L’Osservatorio calabrese sui CPT, nel 2004, presentò un esposto alla Procura della Republica in seguito al quale si aprì un fascicolo: le ispezioni dei carabinieri accertarono che all’interno del centro non venivano forniti i servizi minimi di assistenza. Il fascicolo fu, poi, archiviato".