Libertà di stampa nel mondo: Italia è fanalino di coda dell’Ue
La libertà di stampa è peggiorata quasi ovunque nel 2015. Ma per la prima volta, da quando Reporter senza frontiere (Rsf) ha cominciato nel 2002 a elaborare la sua classifica mondiale, l'Africa mostra una situazione migliore che l'America. Dei 180 Paesi valutati, la Finlandia continua ad essere quello in cui le condizioni di lavoro per i giornalisti sono migliori (è in cima alla classifica accade dal 2010; seguita da l'Olanda, che guadagna due posti, e la Norvegia, che ha perso la seconda posizione.
Come detto la Svizzera compie un bel salto guadagnando 13 posizioni Russia, Turchia ed Egitto sono rispettivamente al 48mo, 151mo e al 159imo posto. Fanalini di coda Turkmenistan (178mo), la Corea del Nord (179ma) e l'Eritrea (180ma). L'Italia è al 77mo posto (scivola di 4 posizioni), fanalino di coda dell'Ue (che è comunque l'area in cui c'è maggiore tutela dei giornalisti), seguita solo da Cipro, Grecia e Bulgaria; e i giornalisti in maggiore difficoltà in Italia sono quelli che fanno inchieste su corruzione e crimine organizzato. L'Europa rimane l'area in cui i media sono più liberi, anche se Rsf nota un indebolimento del suo modello.
L'Africa si colloca dietro l'Europa e supera l'America, piagata dalla "violenza crescente contro i giornalisti in America latina"", mentre l'Asia continua ad essere il continente peggio valutato. Il nord dell'Africa e il Medio Oriente sono "la regione del mondo in cui i giornalisti sono sottoposti a difficoltà di ogni tipo", per esercitare il proprio lavoro. Rsf rileva il miglioramento della Tunisia, che guadagna 30 posizioni e anche l'Ucraina che sale 22 posti grazie alla stabilizzazione del conflitto. La ragione, secondo il rapporto di Rsf pubblicato oggi, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono le sempre più frequenti intimidazioni che i giornalisti subiscono, da parte da parte di organizzazioni criminali e non solo, ma anche delle cause per diffamazione "ingiustificate" intentate soprattutto dai politici che costituiscono una forma di censura.