Legambiente boccia la depurazione, fuori norma 18 punti su 24
La regione ancora nel mirino dell’Ue: ben 130 agglomerati urbani calabresi segnalati nell’ultima procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia. Legambiente: “Occorre fare presto, il deficit depurativo rischia non solo di compromettere le bellezze naturali di questa terra, ma anche di affossare l’economia turistica. Serve un’azione corale per portare a compimento la vera grande opera pubblica necessaria in questa regione”
Mancata depurazione per le coste calabresi. È emerso dal rapporto stilato da Legambiente nell’ambito delle attività svolte con il progetto Goletta verde. Così su 24 punti monitorati, 18 presentavano cariche batteriche elevate, anche più del doppio dei limiti imposti dalla normativa. Tra i problemi maggiori risultano i canali, foci di fiumi e torrenti che continuano a riversare in mare scarichi non adeguatamente depurati.
Alcuni dei punti monitorati risultano ormai inquinati da anni, da addirittura sette consecutivi la foce del torrente Caserta, nei pressi dello scarico del depuratore sul lido comunale a Reggio Calabria, dov’è alta la presenza di bagnanti, e lo scarico presso il lungomare Cenide a Villa San Giovanni; da sei anni, invece, la foce del canale sulla spiaggia di “Le Castella” a Isola Capo Rizzuto e la foce fiume Mesima a San Ferdinando.
È questo il bilancio dell’equipe tecnica di Goletta Verde, la storica campagna dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane - realizzata anche grazie al contributo del Coou, il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati e il sostegno dei partner tecnici Nau e Novamont - che ha ripreso il suo tour per la Penisola. L’istantanea regionale sulle acque costiere è stata presentata questa mattina in una conferenza stampa al Hang Loose Beach di Gizzeria (Cz) da Andrea Minutolo, coordinatore dell’Ufficio scientifico di Legambiente e da Luigi Sabatini, direttore di Legambiente Calabria.
GLI ESITI DEL MONITORAGGIO
Il monitoraggio prende in considerazione il campionamento dei punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge: queste situazioni sono considerati i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare.
“Si tratta di un monitoraggio puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né pretende di assegnare patenti di balneabilità, ma restituisce comunque un'istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni – sottolinea Andrea Minutolo, dell’Ufficio scientifico di Legambiente -. In molti dei punti monitorati, e il caso del lido comunale di Reggio Calabria ne è l’esempio, la frequenza dei bagnanti è alta o potenzialmente tale e, di conseguenza, la carica batterica che arriva in mare rappresenta non solo un problema ambientale ma anche un rischio per la salute umana. Chiediamo quindi alle autorità competenti di intensificare i controlli nelle zone più prossime a queste fonti di inquinamento, frutto di una una cattiva gestione del sistema depurativo sia dei comuni costieri che dell’entroterra”.
CRITICITÀ: I SOLDI CI SONO, MANCANO I PROGETTI
Criticità che si ritrovano anche nel quadro delineato dall’ultima procedura d’infrazione aperta nei confronti dell’Italia che comprende anche 130 agglomerati calabresi, il 62% del totale regionale, per un totale di circa 1,3 milioni di abitanti equivalenti (ovvero il 36%). Condanne e procedure che, stando alle stime dell’unità di missione del Governo Italia Sicura costerebbero alla Calabria, a partire già da quest’anno e fino al completamento degli interventi di adeguamento richiesti, 38 milioni di euro. Oltre l’adeguamento degli impianti rimane anche il problema del loro sottoutilizzo. Infatti dall’analisi dei dati forniti alla Regione Calabria emerge che alcuni impianti risultano utilizzati in maniera molto ridotta.
“I soldi per risolvere queste criticità erano già pronti, ma come spesso accade a mancare all’appello sono stati progetti concreti e immediatamente realizzabili a cui destinare i fondi – sottolinea Luigi Sabatini, direttore di Legambiente Calabria -. Gli stessi amministratori hanno ammesso che il problema depurativo è una criticità che probabilmente è alla base del forte decremento delle presenze turistiche registrato nella nostra regione. E i problemi purtroppo sembrano non mancare neanche durante quest’estate, come si evince dai numerosi casi segnalati da bagnanti e turisti alle amministrazioni competenti e alla stessa Goletta Verde e dalle recenti proteste dei cittadini, a Nicotera su tutti. È necessario portare a termine la vera grande opera pubblica di cui necessita la Calabria: l’attento monitoraggio degli impianti di depurazione esistenti, il loro corretto funzionamento e un programma di interventi di efficientamento e adeguamento che permetterebbe una volta per tutte di uscire dall’emergenza depurativa che rischia di compromettere irrimediabilmente una delle maggiori risorse di questo territorio”.
Resta molto da fare anche sul fronte dell’informazione ai bagnanti. La cartellonistica in spiaggia è praticamente assente, nonostante da due anni sia scattato l’obbligo per i Comuni di apporre pannelli informativi, secondo uno specifico format europeo, dove siano riportate tutte le informazioni circa qualità delle acque che prende in considerazione la media dei prelievi degli ultimi quattro anni (classi: eccellente, buona, sufficiente, scarsa), i dati degli ultimi prelievi e le possibili criticità della spiaggia stessa. I tecnici di Goletta Verde non hanno riscontrato la presenza di cartelli in nessuno dei punti campionati. Anche quelli di divieto di balneazione mancano: presenti solo in un caso rispetto rispetto ai punti dove non vengono eseguiti campionamenti da parte delle autorità competenti o risultano non conformi alla balneazione, ma non rispettava in ogni caso il format di legge previsto.
IL DETTAGLIO DELLE ANALISI DI GOLETTA VERDE
I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente tra l’11 e il 13 luglio 2016. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e abbiamo considerato come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori. I punti scelti sono stati individuati dalle segnalazioni non solo dei circoli di Legambiente ma degli stessi cittadini attraverso il servizio Sos Goletta.
In provincia di Reggio Calabria dei sei punti monitorati soltanto uno presentava cariche batteriche contenute nei limiti di legge (quello alla spiaggia in corrispondenza di piazza Porto Salvo a Melito di Porto Salvo). Giudizio di fortemente inquinato, invece, per i prelievi effettuati alla foce del canale Fiumarella a Brancaleone, alla foce del torrente Caserta nei pressi del lido comunale a Reggio Calabria; allo scarico presso il lungomare Cenide di Villa San Giovanni; alla foce del fiume Mesima a San Ferdinando. Inquinato invece il giudizio per quello alla foce del fiume Petrace a Gioia Tauro.
Situazione simile in provincia di Vibo Valentia, dove sono risultati fortemente inquinati cinque dei sei campionamenti: alla foce del fiume Angitola in località Calamaio a Pizzo; alla foce del fosso Sant’Anna a Bivona di Vibo Marina; alla foce del torrente Murria a Briatico; alla foce del torrente Ruffa a Ricadi e alla foce del torrente Britto a Marina di Nicotera. Seppure quest’ultimo punto non coincide con la spiaggia che nei giorni scorsi finì sotto l’attenzione dell’opinione pubblica a causa delle vibrate proteste dei cittadini di Nicotera, Legambiente chiede all’amministrazione e all’Arpa Calabria di proseguire negli approfondimenti delle possibili situazioni di rischio per la salute dei bagnanti.
Entro i limiti, invece, quello presso la spiaggia in corrispondenza della foce del torrente Arbona, quest'anno in secca, nella frazione di Santa Domenica di Ricadi.
Cinque i punti campionati anche in provincia di Cosenza, di cui tre fortemente inquinati: alla foce del fiume Noce a Tortora; alla foce del fiume Parise a Bonifati; alla foce del canale sulla spiaggia di Villapiana Lido all'altezza di via Graziano. Nei limiti di legge gli altri due campionamenti alla foce del fiume Lao a Scalea e alla spiaggia libera tra Diamante e Belvedere marittimo all'altezza del depuratore.
Tre i punti campionati in provincia di Catanzaro: per due di questi è stato evidenziato un carico inquinante superiore a quello consentito: giudizio di fortemente inquinato per quello alla foce del torrente Zinnavo a Lamezia Terme e di inquinato per quello alla foce del torrente Tridattoli a Capo Suvero di Gizzerìa. Entro i limiti, quello alla spiaggia di Caminia a Stalettì.
Quattro, infine, i prelievi effettuati in provincia di Crotone, tre dei quali con cariche batteriche oltre i limiti: fortemente inquinati quelli alla foce del fiume Neto tra Strongoli e Crotone e in prossimità del canale sulla spiaggia in località Le Castella di Isola di Capo Rizzuto, zona quest'ultima che vede un'altissima presenza di bagnanti. Inquinato quello alla foce del fiume nei pressi di via Conchiglie a Crotone. Nella norma l’altro prelievo effettuato a Isola di Capo Rizzato, presso la spiaggia Marinella.
OLTRE 2 MILA TONNELLATE DI OLI USATI RACCOLTI IN CALABRIA
Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo da 32 anni, il COOU garantisce la raccolta degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale e nel 2015 ha raccolto in Calabria 2.235 tonnellate di questo rifiuto pericoloso, evitandone così la possibile dispersione nell’ambiente. L’olio usato - che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli - è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l'olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 90% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente, in particolare del mare e dei laghi - spiega il presidente del COOU, Paolo Tomasi - rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio con la sua filiera non evita solo una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”.