Crotone: Tomaino (Uil) su Enoteca regionale
Ed ecco che alla fine la montagna (sic !) ha partorito il topolino, anzi i topolini. E perché mai avremmo dovuto realizzare una sola enoteca in Calabria? – Lo scrive in una nota Mimmo Tomaino della Segretario Generale UIL Crotone - E che, magari, avrebbe avuto la velleità di mettere in evidenza la tipologia di una produzione, proprio in un’area caratterizzata da un’intensa attività e da un’alta qualità vitivinicola? E che, magari, avrebbe potuto creare una sorte di “grift” conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo eno-gastronomico, fino a tradursi in possibili vantaggi per l’intera produzione calabrese? E perché mai, poi, far convergere le migliori risorse umane in un'unica location proprio per, ed al di là di ogni campanile, marcare finalmente uno straordinario senso dell’appartenenza e della peculiarità dal punto di vista regionale? E’ assai difficile comprendere le ragioni che hanno determinato tale ingegnosa e perversa scelta istituzionale. Senza troppo preoccuparsi che si sarebbe ulteriormente penalizzato un territorio che, invece, aveva ed ha bisogno di segnali forti e di significative iniezioni di fiducia, che possano contribuire ad una ripresa socio-economica ancora possibile, pur in presenza di una crisi così devastante. E quanta amarezza, poi, nel leggere ed ascoltare le pietose, quanto improponibili giustificazioni che alcuni livelli istituzionali-regionali del territorio si affannano a propinarci. Avremmo voluto, invece, - continua la nota - vederli tutti insieme, maggioranza e minoranza, combattere una battaglia che poteva conseguire davvero un risultato straordinario, con buona pace di tutti coloro che pensano ancora di traghettare la Calabria con metodi che appaiono sempre più improponibili. Ed anche perché questa volta non c’erano da disturbare i governi nazionali ed europei; questa volta la soluzione era nelle nostre mani, alla nostra esclusiva portata, ed affidata, semmai, ad una scelta dettata soltanto dal buon senso. Ma se proviamo, poi, a metterci nei panni del Governatore, riusciamo anche ad immaginare ed a comprendere tutte le pressioni, il travaglio che ha dovuto patire, prima di compiere la salomonica scelta che in Calabria sarebbe stato utile e necessario realizzare due enoteche regionali, anziché magari le quattro o cinque che facevano parte della poderosa proposta sostenuta dal sempre presente “branco selvaggio”. Adesso, però, evitiamo di attardarci troppo in sterili polemiche di campanile, perché si tratta di ben altro. Questa è la politica che deve ancora consumare la sua peggiore ritualità e, riconosciamolo, probabilmente anche un altro tipo di governo regionale avrebbe adottato la stessa identica soluzione o forse peggio, visto che la vicenda era già sul tavolo della precedente legislatura da oltre due anni. Ma questi, purtroppo, sono i metodi, resistenti ed inossidabili come l’acciaio al trascorrere del tempo ed a cambiamenti solo e soltanto annunciati e qualche volta, anche, istituzionalmente decisi. Mi viene in mente, per esempio, il voto unanime del Consiglio Regionale del 14 febbraio 2005 nel quale veniva approvato il “Piano Energetico ed Ambientale Regionale” che avrebbe dovuto, fra le tante iniziative, compresa una verifica delle azioni di monitoraggio e di bonifica del territorio calabrese, anche concepire il c.d. distretto energetico regionale proprio a Crotone. Se già allora lo si fosse tempestivamente realizzato, probabilmente tante inquietanti vicende ambientali che hanno pesantemente colpito il nostro territorio, si sarebbero potute evitare. Ma io,- conclude la nota - che sono un impenitente ottimista e sono portato a credere, a proposito di enoteca, che il….bicchiere sia sempre mezzo pieno, sono certo che il Presidente Scopelliti metterà a disposizione di Crotone e dell’intera provincia il massimo del suo ruolo politico ed istituzionale per sostenere l’ennesimo tentativo che il Sindacato Confederale compie, per uscire da una crisi economica e sociale che ormai ha assunto i connotati della drammaticità e sui quali non conviene più a nessuno cincischiare o, peggio ancora, attardarsi.