Leone: violenze sui e dei giovani, perché è necessario parlarne
"L’ultimo episodio di inaudita violenza ai danni di una studentessa richiama il mondo della scuola nelle sue diverse articolazioni, e non solo, a riflettere sui problemi della prevenzione del disagio in generale e del fenomeno del bullismo che coinvolge sempre più spesso i nostri ragazzi nel delicato momento dell’adolescenza. Vicende di violenza sui e dei minori e giovani sono ormai all’ordine del giorno ed è una escalation rispetto agli anni scorsi".
È quanto afferma Guido Leone, già dirigente tecnico USR Calabria. "Il fenomeno – prosegue - è stato piuttosto sottovalutato in questi anni atteso che già nel 1996 i primi studi sul bullismo registrarono un 40% di alunni vittime di soprusi. E non si tratta sempre di violenze fisiche. Basti pensare al dilagare del cyber-bullismo. Si, il problema è stato ampiamente sottovalutato. L’importante è prenderne coscienza responsabilmente e cercare di dare un soluzione immaginando che nessuna campagna avrà efficacia se la scuola non sarà sostenuta da famiglie e istituzioni sul territorio. Questa questione educativa interpella sempre più il mondo adulto”.
“I giovani – sostiene Leone - sono figli del tempo che vivono e sono la proiezione di quanto il mondo adulto propone e testimonia. Certo ci sono delle responsabilità e sono di quanti in questi decenni hanno condotto un sistematico smantellamento di quella cultura educativa fatta di regole da rispettare, di buoni comportamenti. Gli adulti devono vigilare di più e soprattutto devono ricordarsi di essere modelli per i giovani. Infatti tra i fattori di rischio per il bullismo c’è anche lo stile educativo che alcuni genitori assumono: troppo permissivo o troppo autoritario. Messaggi che lasciano ai ragazzi l’idea che la prevaricazione sia un modello di affermazione sociale”.
E poi ci sono i messaggi della televisione, di trasmissioni che “coltivano il peggio della nostra umanità”, di internet, degli stessi videogiochi. Rispecchiano modalità di vita che non fanno passare modelli positivi di responsabilità, di attenzione agli altri, di senso del dovere, di impegno, di onestà.
“Il bullismo – ribadisce Leone - origina anche dall’esasperazione di conflitti presenti nel contesto scolastico. Il conflitto è da considerarsi come un campanello d’allarme e può degenerare in forme patologiche quando non si hanno gli strumenti che permettono di riconoscerlo,esprimerlo e gestirlo in un’ottica evolutiva dei rapporti. Se non gestito, il conflitto rischia di mutarsi e provocare effetti distruttivi sulle relazioni (prevaricazione e sofferenza) e sull’ambiente (alterazione del clima gruppo). Prevenire e affrontare il bullismo, dunque, significa non solo identificare vittime e prepotenti, ma affrontare e intervenire sul gruppo dei pari nel suo insieme”.
“La classe – continua - è, nello specifico, il luogo privilegiato in cui, dopo il verificarsi di un caso di bullismo ma anche nell’intento di prevenire il dilagare di certi fenomeni, si deve svolgere l’irrinunciabile azione educativa a favore di tutti gli studenti, coinvolgendo i genitori degli allievi e delle allieve e tutti i docenti. Certo la cronaca ci ha riservato negli ultimi tempi anche notizie di insegnanti resisi responsabili di episodi sconcertanti. Di fronte a comportamenti di tale gravità la risposta possibile è: tolleranza zero. Migliaia e migliaia di insegnanti seri della scuola italiana non meritano di essere screditati da pochi irresponsabili , sì da parlare di bullismo alla rovescia”.
“Sottolineare, invece, che è il caso di ripensare il percorso formativo dei docenti questo sì. Nella formazione necessita più preparazione pedagogica e psicologica. Il mestiere dell’insegnante non può essere omologato agli altri , ha una sua specificità che consiste nel non gestire pratiche di ufficio ma relazioni umane intanto e su queste innescare i meccanismi dell’apprendimento. Sono spie di un malessere ,di situazioni di inadeguatezza che forse ci fanno capire che è giunto il momento di iniziare a rivedere i meccanismi di selezione degli educatori; ma che è anche necessario un forte sostegno alla professione docente, riconoscere alla scuola dentro la società l’importanza che merita, richiamare al senso di responsabilità tutti coloro che hanno un ruolo fuori e dentro la scuola nel percorso di formazione dei nostri ragazzi”.
Per Leone “va perciò riconosciuta la necessità di rimotivare l’azione della scuola nei confronti del disagio, coinvolgendo i servizi sociosanitari del territorio per istituzionalizzare il servizio di counseling scolastico non solo per gli allievi, anche per docenti e genitori. La presenza dello psicologo contribuirà al miglioramento della vita scolastica, supporterà anche le famiglie, migliorerà la qualità dei servizi offerti dalle istituzioni scolastiche e fronteggerà ,prevenendoli, i fenomeni di insuccesso formativo ,di abbandono, di dispersione e,di disagio giovanile, in particolare il bullismo”.
“Uno dei primi obiettivi, pertanto, da perseguire inizialmente – continua - magari con una proposta di intesa sperimentale potrà essere quello di individuare sul territorio un certo numero di scuole secondarie riconosciute a rischio per contesto sociale in cui la scuola insiste, soprattutto per consistente numero di popolazione scolastica(è il caso del comune di Reggio Calabria),o altro significativo indicatore sociale, ricadenti su alcuni distretti socio-sanitari prescelti per portare avanti l’esperienza della istituzione di un servizio strutturato di psicologia scolastica all’interno degli istituti. Così come risulta opportuna l’istituzione di un osservatorio provinciale sul fenomeno del disagio minorile e giovanile, operante magari presso la prefettura reggina, che, grazie ad una sinergia tra pubblico e privato, monitorizzi il fenomeno stesso e tracci delle linee guida di intervento sul territorio".