Omicidio, estorsioni e danneggiamenti: 14 arresti nel clan Ruga-Gallace-Leuzzi
Quattordici persone sono finite in manette (9 in carcere e 5 ai domiciliari) e un’attività commerciale è stata sottoposta a sequestro preventivo, durante l’operazione denominata “Confine 2” che, eseguita nella notte scorsa, è scaturita dalle indagini della Dda di Reggio Calabria sulla composizione della cosca di Monasterace dei “Ruga-Gallace-Leuzzi”.
In particolare, l’impegno investigativo è stato rivolto ad individuare il mandante dell’omicidio di Andrea Ruga - avvenuto a Monasterace il 13 gennaio del 2011 - e, di conseguenza, chi abbia assunto le redini del clan subito dopo il suo assassinio.
Gli inquirenti hanno fatto emergere la violenza criminale della cosca ed il grado di assoggettamento e sottomissione in cui si trovava a vivere la gente del posto.
Diversi anche i casi di danneggiamento, estorsione e favoreggiamento che sono stati svelati dalla complessa ed articolata attività di indagine, che è stata condotta dai Carabinieri della compagnia di Locri e che ha portato agli arresti di oggi.
Il blitz, come dicevamo, è scattato all’alba nell’area dell’alto Jonio reggino ma anche in provincia di Catanzaro, Roma e Firenze. Le investigazioni sono iniziate nel gennaio del 2011 e si sono protratte fino a marzo scorso.
I DESTINATARI DEI PROVVEDIMENTI
IN CARCERE sono così finiti: Giuseppe Cosimo Ruga, nato a Monasterace nel 1951; Roberto Demasi, nato a Locri nel 1992; Andrea Lamberti, nato a Locri nel 1971; Antonio Leotta nato a Roma nel 1977; Maurizio Sorgiovanni, nato a Siderno nel 1988; Giorgio Vertolo, nato a Siderno nel 1983; Vincenzo Emanuele, nato a Siderno nel 1981; Salvatore Papaleo, nato a Monasterace nel 1971; Cosimo Sorgiovanni, nato a Giaveno (Torino) nel 1971.
AI DOMICILIARI, invece: Antonio Franco (detto “Nino”), nato a Pazzano nel 1946; Salvatore Certomatà, nato a Riace nel 1960; Maria Concetta Ruga, nata a Locri nel 1976: FILIPPO Amato, nato a Siderno nel 1988; Giuseppe Fabiano, nato a Cantù (Como) nmel 1981.
I destinatari delle misure cautelari sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, danneggiamento, rapina, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti; tutti aggravati dall’aver agevolata la cosca “Ruga”. Eseguite inoltre numerose perquisizioni personali e domiciliari nei confronti degli stessi indagati.
Gli inquirenti sono partiti non solo dal brutale omicidio di Andrea Ruga, ma anche da una serie, numerosa, di fatti delittuosi che si erano verificati a Monasterace e tra i quali spiccano l’incendio che distrusse la farmacia “Mazzone”, il 26 giugno 2011, di proprietà Maria Carmela Lanzetta (allora sindaco) e l’esplosione di diversi colpi di arma da fuoco contro la vettura dell’ex e Ministro per gli Affari Regionale e le Autonomie Locali, avvenuta il 29 marzo del 2012.
L’INIZIO DELLA NUOVA FAIDA DEI BOSCHI
L’attività investigativa è stata denominata “Confine-2”proprio perché ha visto concentrarsi l’impegno dei militari nei territori dell’alto Jonio Reggino che sono a cavallo del “confine” con la provincia di Catanzaro. L’operazione si può considerare la prosecuzione della precedente (la “Confine-1”) condotta nello stesso territorio ed avviata nel settembre 2009 dopo l’agguato di mafioso a Riace ai danni di Damiano Vallelunga (assassinato a colpi di fucile e pistola), considerato il capo indiscusso della “cosca dei viperai”, clan radicato nella zona delle Serre.
Un omicidio questo che sancì l’avvio della cosiddetta “nuova faida dei boschi”: una sanguinosa guerra di ‘ndrangheta che ha lasciato sul terreno circa 30 morti ammazzati e che ha visto contrapporsi i due schieramenti costituiti dalle famiglie Ruga-Metastasio-Vallelonga-Leuzzi, attive nella Valle dello stilaro (tra Monasterace Camini e Stilo) e quella dei Vallelunga-Sia-Novella operativa invece nella zona delle serre catanzaresi. Alla base c’era lo scopo di garantirsi il controllo del territorio.
In quella prima fase, importanti furono le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Antonino Belnome, grazie alle quali è si ebbero delle indicazioni precise - provenienti proprio dall’interno del tessuto criminale di riferimento - che portarono nell’agosto del 2012 a 16 arresti per associazione di tipo mafioso ed altro, consentendo così di disarticolare quell’organizzazione criminale e di fermare la “faida tra cosche”, allora in atto, al confine tra le province di Reggio e Catanzaro.
LO “SCENARIO” DELL’OMICIDIO RUGA
Le indagini dei Carabinieri di Locri, come dicevamo, sono state avviate dopo l’assassinio di Andrea Ruga, delitto inquadrato sin da subito dagli investigatori come un regolamento interno alla cosca. Infatti, dalla ricostruzione svolta dagli inquirenti sarebbe emerso che a volere la morte di Ruga sarebbe stato proprio il fratello Cosimo Giuseppe che, una volta terminata la lunga detenzione e ritornato in libertà (era stato arrestato il 26 marzo 1984 per porto illegale di armi e tentato omicidio aggravato e scarcerato il 22 ottobre del 2010) aveva ripreso a pieno titolo le redini della cosca, decidendo quindi di eliminare il fratello Andrea, che durante la sua carcerazione aveva assunto il comando della cosca e con il quale vi sarebbero state delle forti divergenze sulle modalità di gestione degli affari del clan e che, comunque, era visto anche come il suo antagonista al punto da ritenerlo capace di minarne il potere mafioso e di leaderschip.
IL TERRITORIO SOTTOMESSO E IL MARKET “CENTRO DI COMANDO”
Le investigazioni relative all’operazione di oggi hanno visto l’impiego massiccio dei reparti investigativi dei militari di Locri che, con l’utilizzo di sofisticate strumentazioni d’intercettazione, abbinate a metodi tradizionali d’indagine, ritengono di aver ricostruito e delineato i ruoli degli indagati attribuendogli le singole responsabilità in relazione a diversi fatti delittuosi: in maggior parte atti intimidatori eseguiti con lo scopo di mantenere il controllo del territorio e assoggettarne gli abitanti.
Lo spaccato che verrebbe fuori dalle indagini è quello di una collettività soggiogata e totalmente sottomessa dal potere mafioso di Giuseppe Cosimo Ruga che controllava a Monasterace anche ogni iniziativa economica legale.
Emblematica sarebbe la circostanza riportata dagli investigatori e che si riferisce alla richiesta di un sodale al “boss” in cui di domandava il permesso affinché un’altra persona potesse vendere della carne al mercato settimanale del sabato, preoccupandosi di verificare che non “desse fastidio”, in termini di concorrenza, a Ruga, accostando quest’ultimo alla gestione del supermercato “Da Nino”, oggi sequestrato.
Anche in relazione a quest’attività commerciale, sebbene formalmente intestata a Antonio Franco, le indagini accerterebbero che lo stesso era solo un intestatario fittizio e che la vera gestione era demandata a Giuseppe Cosimo Ruga nonostante quest’ultimo fosse assunto come un semplice dipendente. Il Supermercato, poi ceduto alla figlia di Giuseppe Cosimo, avrebbe costituito il centro di comando da cui venivano impartiti ordini, disposizioni e direttive e luogo verso cui fare confluire tutte le comunicazioni e le informazioni d’interesse per la cosca.
I CITTADINI DAL “BOSS” PER CHIEDERE AIUTI, IL GIP: “UN ANTISTATO”
Il ruolo di vertice di Ruga, “che lo stesso esercitava con particolare ferocia e spietatezza” spiegano ancora i militari, “era unanimemente riconosciuto anche da comuni cittadini” tanto che durante l’attività investigativa è emerso che a volte, questi ultimi, avendo un problema da risolvere, preferivano rivolgersi a lui piuttosto che istituzioni preposte. Elemento questo che ha fatto scrivere al Gip, nell’ordinanza, dell’esistenza di un antistato.
Questi episodi – ribadiscono ancora gli investigatori – darebbero l’idea “del grado e della forza d’incidenza” della cosca sul territorio in cui operava e dei compiti che gli venivano riconosciuti anche da chi, semplice cittadino, in quello stesso territorio vive e lavora.
Altra vicenda emeblematica, emersa dalle intercettazioni, ha visto una donna del luogo chiedere aiuto al Giuseppe Cosimo Ruga per alcuni problemi di natura sentimentale con l’ex compagno rumeno. La risposta non si sarebbe fatta attendere: infatti, poco dopo, l’uomo, insieme ad un altro connazionale, rimase vittima di un violento pestaggio che sarebbe stato eseguito da Antonio Leotta, Roberto De Masi e Maurizio Sorgiovanni, tutti ritenuti intranei al clan.
Ma anche rifiutare un “favore” ai sodali sarebbe potuto costare caro, così come accaduto ad un meccanico del posto che, non essendo andato in soccorso Giorgio Vertolo, rimasto in panne con la sua vettura, si è visto irrompere nell’officina tre appartenenti alla cosca che gli devastarono il locale e le vetture presenti, procurandogli un danno di oltre 7 mila euro.
LE INTIMIDAZIONI A LANZETTA E L’ASTIO DEL “BOSS”
Per quanto attiene invece gli atti intimidatori subiti da Maria Carmela Lanzetta (l’incendio della farmacia e i colpi esplosi contro la sua auto), proprio questi, insieme all’omicidio di Andrea Ruga hanno costituito l’incipit dell’attività investigativa, sebbene non si sia riusciti a raccogliere prove che potessero dimostrare con certezza la paternità degli episodi.
Nel tentativo di fare luce su questi fatti, il quadro indiziario raccolto, lascia però presupporre agli investigatori il coinvolgimento dei componenti della cosca Ruga come possibili autori, in particolare, del danneggiamento dell’autovettura dell’ex ministro.
Le indagini hanno poi accertato che la vittoria di Lanzetta alle elezioni amministrative di Monasterace, svoltesi nella primavera del 2011, non era stata molto gradita dagli appartenenti alla cosca, tanto che anche in occasione di un colloquio in carcere tra un detenuto, Nicola Loiero, ed alcuni suoi familiari, la stessa sarebbe stata commentata sfavorevolmente.
L’astio nei confronti della Lanzetta da parte di Giuseppe Cosimo Ruga (come anche di altri componenti del sodalizio), deriverebbe proprio dagli “inquinamenti mafiosi” sul territorio di Monasterace più volte denunciati dall’ex sindaco. Astio che si sarebbe poi manifestato con una campagna denigratoria via web che sarebbe stata svolta anche con l’apporto Giuseppe Cosimo.
Le indagini da cui è scaturita l’operazione di oggi sono state dirette dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho; dal Sostituto della Dda reggina, Simona Ferraiuolo, Sostituto Paolo Sirleo, dal GIP presso il Nicolò Marino. Le investigazioni sono state eseguite dal Gruppo Carabinieri di Locri, diretto dal Tenente Colonnello Pasqualino Toscani, dal tenente colonnello Alessandro Mucci, comandante del Nucleo Investigativo del capoluogo e dal Maresciallo Capo Antonio Longo, Comandante della Stazione Carabinieri di Monasterace Marina.
(aggiornata alle 13:20)