Elezioni provinciali, la posizione di Prc

Catanzaro Politica
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"Secondo quanto previsto dalla legge 54/2016 – o riforma delle Province e Città metropolitane voluta dall’allora ministro Delrio – il consiglio provinciale rimane in carica due anni. Sono ormai un ricordo i tempi in cui si convocavano i comizi, in cui i partiti chiamavano a raccolta i propri circoli per scegliere a livello collegiale i propri candidati. Sono un ricordo poiché la riforma Delrio ha abolito nei fatti la rappresentanza dei territori. Oggi i dieci consiglieri provinciali vengono scelti in una consultazione di cosiddetto “secondo livello”, ovvero da un corpo elettorale di sindaci e consiglieri comunali, ognuno in rappresentanza di un numero ponderato di cittadini".

E' quanto scrive Antonio Campanella, componente del CPF della Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista sostenendo che questo è “u sistema chiaramente antidemocratico per due ragioni sostanziali: ai cittadini viene sottratta la sovranità e l’esercizio del diritto di scegliere i propri rappresentanti, introducendo invece una sorta di elettorato neofeudale – come nella Dieta di Worms, dove principi e notabili locali si siedono alla corte dell’Imperatore per decidere le sorti del regno! – secondo il quale un consigliere comunale vale 50, 100, 150 suoi concittadini. Una modalità che scava ulteriormente il solco tra elettori ed eletti”.

“Ai comuni – continua - viene sottratta l’eguaglianza sostanziale poiché il sistema di ponderazione è ampiamente sbilanciato a favore dei grandi comuni – un consigliere comunale di Catanzaro o Lamezia può valere quanto cinque consiglieri di Albi o Andali – che possono fare la parte dei leoni nella scelta del nuovo consiglio provinciale. Questo rende il consiglio provinciale un organo totalmente sganciato dai cittadini della provincia, anzi ne fa una camera di compensazione per appetiti e scambi politici tra addetti ai lavori e notabili locali. I consiglieri provinciali non rappresentano più il loro colleggio o i loro elettori, ma di fatto riproducono equilibri tra forze politiche. Anzi se analizziamo i primi due anni di implementazione della riforma – che prometteva l’abolizione delle province (sic!) – osserviamo solo dinamiche di ceto, per cui i correntismi di partito e le relazioni tra ceti politici hanno decretato l’elezione di Enzo Bruno a presidente della provincia e ad una pericolosa commistione di gruppi politici per cui ci risulta difficile comprendere chi fosse maggioranza e chi fosse opposizione in consiglio provinciale”.

Per Campanella “In questo modo è gioco facile di chi amministra gestire il consenso in seno all’organo di controllo che dovrebbe essere il consiglio: più che discutere e controllare, il consigliere provinciale è chiamato a circondare il presidente per ottenere quante più attenzioni possibili per il “proprio” territorio o per il “proprio” gruppo di elettori/consiglieri comunali. Quindi abbiamo visto solo dinamiche di potere nell’azione amministrativa degli ultimi anni: interi uffici smantellati dal trasferimento delle competenze (per esempio il settore Istruzione), altri riconfermati in toto nonostante fossero gli stessi ad aver gestito la Provincia durante l’era Traversa-Ferro. Per cui l’azione della Provincia si è ridotta a interventi di manutenzione scoordinata del tracciato stradale provinciale, richiesti più da consiglieri che da programmazione strategica, a spesa a pioggia per cui lo stato di dissesto è solo sventato dal rimpolpamento di qualche spicciolo ad opera dell’UPI (come dichiarato qualche giorno fa proprio dal Presidente Bruno)”.

“Inoltre, in assenza di un consiglio politico – sostiene ancora il component del Cpf - non abbiamo avuto modo di capire e discutere della gestione dell’ente, del rendiconto di bilancio, di proposte e controproposte programmatiche. Lo stesso manifesto che indice le elezioni per il prossimo 23 ottobre, ‘offre’ un parterre di 3 liste: due di chiara matrice PD (che si contendono uno scranno vicino al Presidente) e una di CentroDestra, col compito di scimmiottare quella che una volta si chiamava opposizione. Scimmiottare nel senso che, al di là del risultato, ogni consigliere provinciale non ha l’effettivo potere di contrastare la politica del presidente. Di fronte a questo panorama, riprendiamo una avanguardistica posizione del PCI e sosteniamo che le Provincie vadano abolite del tutto, poiché l’ente più vicino al cittadino è ormai il Comune. Sosteniamo che le Provincie vadano abolite perché centri di spesa e di sottogoverno, di potere, superflui e inutili”.

Per il rappresentate del Partito della Rifondazione Comunista la riforma Delrio costituirebbe “un’autentica truffa a danno dei cittadini e della politica poiché ne mortifica rispettivamente la sovranità e la funzione. A cosa serve che in pochi eleggano dei notabili al posto di tutti? A cosa servono eletti che non hanno il potere di controllare chi amministra? Uno scimmiottamento della democrazia che prende il nome di elezioni di secondo livello. Siamo contrari nel merito – l’operato dell’amministrazione Bruno – e nel metodo di queste prossime elezioni provinciali. Anche perché siamo impegnati nella battaglia referendaria per dire NO ad un altro scempio della democrazia quale la riforma costituzionale Renzi-Boschi”.

“Un sottile filo ideologico – prosegue - lega la riforma Delrio alla nuova Costituzione della “semplificazione”: il nuovo senato pensato da Renzi non è nient’altro che la riproposizione su scala nazionale del sistema elettorale delle provincie. Un senato in cui siederanno consiglieri regionali scelti e nominati dai propri colleghi, non per suffragio popolare ma attraverso dinamiche di ceto, di casta, di personale politico. Diciamo NO all’esproprio della democrazia e, se due anni fa abbiamo lasciato libertà di coscienza ai nostri consiglieri comunali, questa volta abbiamo deciso di dire NO alla politica dei pochi. Di dire NO alla politica del presidente. Pertanto la Federazione Provinciale di Rifondazione Comunista invita i propri eletti a votare scheda nulla alle prossime elezioni provinciali del 23 ottobre, proprio per rimarcare la distanza che corre tra cittadini ed eletti".