Convegno dell’Anassilaos sulla rivolta d’Ungheria
“L’indimenticabile 1956: dal XX Congresso alla Rivolta d’Ungheria” sarà il tema dell’incontro che l’Associazione Culturale Anassilaos dedica al 60° Anniversario della Rivolta ungherese (ottobre-novembre 1956) martedì 25 ottobre alle ore 18,00 presso la Sala di San Giorgio al Corso con l’intervento del Prof. Antonino Romeo. Un evento che infiammò l’Europa, avendo ripercussioni notevoli all’interno degli stessi partiti comunisti occidentali, che deve essere analizzato all’interno della complessa situazione politica di un anno orribile, il 1956, che vide a Mosca la celebrazione (25 febbraio 1956) del XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica nel corso del quale, in un celebre rapporto, Nikita Chruscev denunciò il culto della personalità di Stalin avviando la cosiddetta “destalinizzazione”.
Un processo che ebbe notevoli contraccolpi all’interno degli stati satelliti di Mosca, posti sotto l’influenza sovietica dal “famigerato” accordo di Yalta che fino ad allora aveva guidato la politica mondiale. Ci furono rivolte studentesche in Polonia. In Ungheria la rivolta, cominciata il 23 ottobre del 1956 con una manifestazione politica di studenti, in breve si trasformò nella rivolta di tutto un popolo contro la dittatura comunista e la presenza dell’Unione Sovietica in Ungheria. L’intervento delle truppe dell’Armata Rossa stroncò nel sangue questa aspirazione alla libertà e il premier comunista Imre Nagy che ne aveva sostenute le ragioni fu destituito e arrestato insieme al generale Maleter, ministro della difesa. Entrambi saranno fucilati il 16 giugno del 1958.
Sarà Romeo a ricordare le confuse diverse fasi della Rivolta che coincise, per altro, con la grave crisi internazionale di Suez provocata dall’intervento delle truppe francesi e inglesi che, in accorso con Israele, occuparono il Canale nazionalizzato dal premier egiziano Nasser. Un avventura che portò il mondo quasi alla guerra mondiale quando l’URSS minacciò il suo intervento armato e spiega anche la prudenza – forse la viltà - con la quale i governi occidentali affrontarono la crisi ungherese. Anche in questo caso era in gioco la pace mondiale e l’Ungheria, peraltro, faceva parte della sfera di influenza sovietica. Al contrario di quanto avrebbe fatto nel 1968, allorquando condannò l’intervento militare sovietico in Cecoslovacchia, il Partito Comunista Italiano di Togliatti sostenne le ragioni dell’intervento russo (forse anche sollecitò tale intervento) e della repressione dal PCI.
In una lettera inviata da Togliatti al Comitato centrale del Pcus il 30 ottobre 1956 – secondo quanto si legge nella biografia di Imre Nagy scritta da Romano Pietrosanti - il leader italiano metteva in guardia il Cremlino sul pericolo di quella che lui definiva “la rivolta controrivoluzionaria” anche in relazione alla tenuta interna del PCI. Togliatti, inoltre, secondo il biografo, ebbe anche una responsabilità nella condanna a morte di Nagy. Al vertice dei Partiti Comunisti del 1957 egli si pronunciò a favore della condanna a morte di Nagy. Avrebbe però chiesto a János Kádár, capo del nuovo governo filosovietico, “la cortesia” di rinviare l’esecuzione a dopo le elezioni italiane del 25 maggio 1958. Il che avvenne.