Aeroporto “Minniti”, Agorà: malessere ha radici antiche
In un articolo apparso nel marzo 2009 si evidenziava se qualcuno era a conoscenza delle condizioni dell'intero territorio. Sempre in quella nota il Circolo Culturale L'Agorà elencava lo stato della situazione: strade dissestate; reti ferroviarie allo sfascio, alta velocità che sembra fermarsi a Lamezia Terme; il dimezzamento delle corse marittime da Reggio verso Messina; l'autostrada dai problemi; l'aeroporto “Minniti” che non riesce a decollare; la statale 106 con il suo solito bollettino di morte.
"Sei problematiche – afferma Giovanni Amato dell’Agorà - che a distanza di sette anni che a tutt'ora sono tristemente attuali e non risolte, e tra le quali quella inerente lo scalo dell'Area dello Stretto. A riguardo il "Tito Minniti" il suo malessere ha radici antiche, come ad esempio il suo inserimento in un contesto poco consono a quelle che dovrebbero essere le caratteristiche di sicurezza. C'è da ringraziare qualche lungimirante figura istituzionale che ha permesso il prolungamento della pista, di qualche politico che ha denunciato lo stato di malessere dello scalo, ma anche qualche avveduto dirigente che ha più volte evidenziato problematiche e linee guide utili in tal senso”.
“Ora – prosegue - sembra di essere giunti al capolinea e, tra l'altro c'è anche da ricordare che in tempi non molto lontani si era anche pensato di realizzare un secondo aeroporto nella area della Piana e che aveva lo scopo di supportare il porto di Gioia Tauro (infrastrutture) che in quel caso avrebbe avuto ben altra storia e ben altra collocazione nella classifica delle aree portuali non solo del Mediterraneo. Ma queste storie progettuali zoppe sembrano abbattersi come una sorta di maledizione pilotata nei confronti di un territorio che fu culla di civiltà di teste pensanti, così come quel Tommaso Campanella che per le sue indagini utilizzava il senso e la ragione, osservando e poi ragionando”.
“Tenendo conto delle scelte che hanno determinato lo stato di salute dell'aeroporto Minniti – si chiede Amato in conclusione - riuscirebbe il filosofo Campanella a rivalutare quell'uomo o quelle gens, visto che dai suoi studi emerge che la conoscenza, quel "sensus" appartenga proprio a quel genere umano e che ... la conoscenza di sé appartiene solo all'uomo, ed è la coscienza di essere un essere pensante... anche in periodo storicizzato posto al bivio tra lamezia dipendenza e conseguenziale feudalesimo del terzo millennio?".