Traffico di reperti archeologici , denunciati sedici “tombaroli”
Ingente e prestigioso il patrimonio archeologico rinvenuto dai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza, coordinati dal Capitano Raffaele Giovinazzo. Oltre 4000 monete in argento e bronzo di epoca magno greca, romana e bizantina nonché 600 reperti archeologici: vasi ceramici, fibule, anelli, bottoni, pesi da telaio e monili in ceramica e 300 reperti di natura paleontologica, tutti in ottimo stato di conservazione. Sedici le persone che sono state denunciate dagli uomini della benemerita a conclusione delle indagini. L'operazione trae origine dal sequestro, avvenuto sull’intero territorio nazionale lo scorso luglio, di migliaia di reperti sequestri in Calabria, Lazio, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana, e Abruzzo. L'indagine ha preso spunto dall'individuazione di un uomo di Bisignano, nel cosentino, abitualmente dedito alla vendita di beni di natura archeologica attraverso pubblicazione di bollettini su aste online. I successivi approfondimenti investigativi hanno consentito di ricostruire la consistenza dell’intero traffico illecito degli ultimi due anni e di identificare gli operatori del mercato clandestino di riferimento. Molti di questi reperti sono stati poi trovati nelle disponibilità di una signora di Foggia. L'operazione, denominata “Brettion”, ha coinvolto, oltre ai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, anche quelli dei reparti operativi di Venezia, Bari, Torino, Ancona, Firenze, Napoli e Roma. "Difficile quantificare il valore", ha detto ancora Giovinazzo, "ma si può parlare tranquillamente di almeno un milione di euro".
Alla conferenza stampa hanno preso parte anche il Sostituto Procuratore della Repubblica di Cosenza Domenico Airoma e il Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza, Colonnello Francesco Ferace, il quale si è complimentato con i propri uomini per l’ottimo lavoro svolto. Al termine degli accertamenti tecnici di rito i reperti archeologici saranno, al più presto, messi a disposizione della competente Soprintendenza Archeologica per consentirne la fruibilità pubblica e gli opportuni approfondimenti scientifici. Si spera che il prestigioso patrimonio rimanga in Calabria e vada ad arricchire il valore culturale dei musei del territorio regionale.