Vitalizi, Pri: “in Regione la ‘ndrangheta non entra? Neanche la legalità”
"Son bastati i dietrofront e le farneticanti dichiarazioni di qualche ‘impacciato’ cofirmatario, a convincere il consigliere regionale del Pd Domenico Battaglia, a ritirare la proposta di legge 206, che prevede la reintroduzione della pensione a vita e del trattamento di fine mandato per i consiglieri regionali della Calabria?".
Se lo domanda il Coordinatore Metropolitano del PrI, Carmelo Palmisano affermando che come repubblicani “ci chiediamo come sia possibile che taluni consiglieri calabresi, che nel referendum dello scorso 4 dicembre si sono spesi per modificare (in peggio) la Costituzione Repubblicana pur di ridurre i costi della politica, oggi sono cosi rispettosi delle disposizioni nazionali che non possono far a meno di recepire quanto stabilito dal Decreto Monti, peraltro come è già avvenuto alla Camera dei Deputati ed in altre Regioni d’Italia”.
“Dopotutto – prosegue - i nostri indefessi rappresentanti si stanno battendo per affermare i loro diritti e dare seguito a quanto disposto da un intervento legislativo, del quale ne ribadiscono la bontà”.
Il PRI di Reggio Calabria, allora, suggerisce “ai battaglieri consiglieri calabresi, vittime di una palese ingiustizia e minacciati dal duo Oliverio-Irto (… realmente inconsapevoli?), di rivolgersi al Difensore Civico regionale per vedere tutelati i loro diritti. Il Difensore Civico regionale – spiegano dal Pri - è una di quelle figure di garanzia che tutelano il cittadino nei confronti degli enti locali. C’è un ritardo o un’irregolarità amministrativa? È possibile gratuitamente fare ricorso a questa figura, prevista in Calabria con la legge regionale n.4 del 1985, senza dover barcamenarsi in un ricorso giudiziale o amministrativo, con i conseguenti costi e contributi unificati vari. Questi avvierà tutte le procedure necessarie ed in sessanta giorni se non riceverà risposta o riscontrerà l’esistenza di un reato, ne metterà al corrente l’autorità giudiziaria. È un suo preciso obbligo”.
“Peccato che dal 1985 ad oggi la Regione Calabria, ed i suoi battaglieri consiglieri – continua poi Palmisano - sembra non abbiano mai trovato cinque minuti per procedere alla nomina di questa figura fondamentale per garantire il diritto ad un’equa giustizia a tutti i cittadini. È una questione di censo. Se un calabrese non può permettersi di sobbarcarsi dei costi di un procedimento amministrativo, allora non si oppone ad un’ingiustizia e si ritrova costretto a subirla, suo malgrado e con l’ulteriore beffa di essere vittima non di un privato, che agisce come un mafioso, bensì dalla pubblica amministrazione che dovrebbe essere al suo fianco”.
“Sino al 2010 – continua il coordinatore reggino - erano presenti i difensori civici comunali, con poteri pressoché analoghi. In molti comuni calabresi erano attivi e funzionavano, ma poi la legge finanziaria di quell’anno ha eliminato queste figure di garanzia civica e le ha accorpate all’ufficio del difensore civico regionale. In Calabria questo fantasma istituzionale dovrebbe avere sede presso i locali del Consiglio Regionale. L’amara constatazione è che recandosi a Palazzo Campanella, la prima informazione che si riscontra è la bella targa con su scritto “Qui la ‘ndrangheta non entra”. Concetto sacrosanto quanto incompleto, bisognerebbe aggiungere “se non hai i soldi per pagarti un avvocato ed un procedimento amministrativo qui, per te, non entra neanche la Legalità”.