Per gli inquirenti è un ‘imprenditore mafioso’, maxi sequestro ad Angelo Restuccia

Vibo Valentia Cronaca

Quattro imprese commerciali; 27 immobili tra appartamenti, locali commerciali e terreni; svariati rapporti finanziari e assicurativi: un patrimonio importante, stimato circa 28 milioni di euro e sequestrato stamani dalla Guardia di Finanza.

Per gli inquirenti farebbe riferimento ad un imprenditore edile vibonese, Angelo Restuccia che sebbene abbia riportato solo condanne, ormai datate, per fatti di modesta entità (come violazioni fiscali e alla normativa sul lavoro) è sospettato di essere colluso con la ‘ndrangheta.

Secondo la tesi investigativa avrebbe avviato ed accresciuto le sue attività grazie agli appoggi delle cosche “Piromalli” e “Mancuso”, rispettivamente di Gioia Tauro (nel reggino) e Limbadi (nel vibonese), e legate da accordi e cointeressenze economiche, così come emergerebbe dalle evidenze giudiziarie del processo “Tirreno” e, da ultimo, quello denominato Mediterraneo.

Un rapporto che risalirebbe ai primi anni ’80 e che si sospetta abbia consentito all’imprenditore di prosperare e, nel contempo, favorito gli interessi dei clan, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio.

IL CUORE IMPRENDITORIALE DEI PIROMALLI

La figura Restuccia emerse inizialmente nell’ambito dell’operazione “Bucefalo”, che nel 2015 porto ad undici arresti tra cui un altro imprenditore conosciuto, Alfonso Annunziata (74 anni). In quel contesto sarebbe emerso un legame storico tra quest’ultimo ed i componenti di vertice dei Piromalli - da Don Peppino (cl. 21) fino a Pino Piromalli (cl. 45) - e come lo stesso si sarebbe prestato “(…) da oltre venti anni, volontariamente e consapevolmente, al perseguimento degli scopi imprenditoriali ed economici della predetta cosca, così creando e sviluppando, nel tempo, solide cointeressenze economiche, accompagnate da ingenti investimenti commerciali nel territorio di Gioia Tauro (un esempio per tutti la realizzazione del parco commerciale Annunziata). Annunziata, in definitiva, è da ritenere partecipe della cosca Piromalli, rappresentandone (…) il «cuore imprenditoriale», è scritto dagli stessi inquirenti.

Attraverso le indagini si sarebbe allora scoperto che nella realizzazione del “Parco Commerciale Annunziata”, di Gioia Tauro, nel reggino, sarebbero state impiegate diverse imprese considerate legate, direttamente o indirettamente, alle cosche di ‘ndrangheta.

L’assegnazione dei lavori, infatti, sarebbe stata una prerogativa esclusiva dei “Piromalli”, tanto da rappresentare uno dei motivi che scatenò la storica rottura dei rapporti con i “Molè”, tra le più potenti della Piana a cui erano legati da vincoli economici e di sangue.

In questo contesto, la Restuccia Costruzioni Spa - gestita ed interamente riconducibile ad Angelo – realizzò una consistente parte dei lavori edili, ovvero la struttura prefabbricata adibita a nuova sede dell’Annunziata Srl, oltre a due capannoni ed un fabbricato che insistono all’interno del parco commerciale.

Le investigazioni, rafforzate dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, farebbero dunque emergere che “don Angelo Restuccia …” (così come sarebbe stato chiamato) non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca Mancuso, ma li frequentasse e si rapportasse con loro, attraverso un rapporto duraturo e, sostengono ancora gli inquirenti, “tale da produrre reciproca collaborazione e reciproci vantaggi” che avevano come oggetto il “comune interesse alla realizzazione di opere edili - sia pubbliche che private - nel territorio calabrese”

INQUIRENTI: “RESTUCCIA ESEMPIO DI IMPRENDITORE MAFIOSO”

Restuccia, sempre secondo la tesi accusatoria, viene dunque definito come “un esempio emblematico di imprenditore mafioso”, che avrebbe instaurato con la 'ndrangheta, tanto reggina quanto vibonese, un rapporto interattivo fondato su legami personali di fedeltà” e orientato ad un vantaggio economico. In sintesi, avrebbe tratto un beneficio per la propria attività imprenditoriale dall'attiguità agli ambienti criminali.

Delineato un presunto profilo di pericolosità sociale dell’imprenditore, le indagini si sono concentrare, poi, sulla ricostruzione dell’insieme dei beni di cui Angelo Restuccia e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente, nell’arco di tempo che va dal 1985 al 2017.

Per gli investigatori vi sarebbe una sproporzione tra il reddito ed il patrimonio. Ma non solo: sempre secondo gli inquirenti sarebbe stato accumulato con “il frutto o il reimpiego dei proventi di attività illecite”. Si sarebbe appurato, infatti, che la "corporate governance" definita “sistematicamente illecita” abbia potuto alterare nel tempo le attività economiche riconducibili alla famiglia Restuccia, “snaturandone la loro ipotetica origine lecita, e trasformandole quindi … in altre entità economiche distinte dalle precedenti”.

I BENI SEQUESTRATI

Pertanto, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, è stato oggi disposto il sequestro preventivo sui beni considerati riconducibili all’imprenditore, ovvero il patrimonio aziendale e il capitale sociale della “Restuccia Costruzioni Spa” (con 8 immobili e 27 veicoli), di Filandari (VV), e che si occupa di fabbricazione di prodotti in calcestruzzo per l'edilizia; quelli della “Sud Frantumati Srl” (3 immobili), sempre a Filandari, operante nell’attività di “lavori generali di costruzione di edifici”; della “Aedes Immobiliare”, attiva nel settore della locazione immobiliare di beni propri”; le quote sociali pari al 33,33% della “F.C.F. Società Agricola Srl” di Nicotera (VV), che si occupa della coltivazione di ortaggi; e poi: 27 beni immobili (tra appartamenti, locali commerciali e terreni) a Vibo Valentia e Roma; tre polizze vita e diversi rapporti finanziari e assicurativi personali e aziendali.