Stangata ai beni della ‘ndrangheta: sequestrato il patrimonio di Gregorio Cacciola
Per gli inquirenti si sarebbe inferto oggi un altro duro colpo al patrimonio riconducibile alle cosche di Rosarno, nel reggino, facendo scattare il sequestro beni a carico di un presunto esponente di spicco della ‘ndrangheta locale. I sigilli sono stati apposti a un patrimonio di circa 2 milioni di euro.
Il provvedimento, eseguito stamani dai carabinieri del Ros e della compagnia di Gioia Tauro ha raggiunto Gregorio Cacciola, già indagato per associazione mafiosa nel 2009 ed arrestato nel 2014 insieme ad altri presunti esponenti di spicco delle cosche reggine, nell’ambito dell’operazione “Mauser-Scacco Matto”, con l’accusa di associazione finalizzata al narcotraffico e al sequestro di persona e alla riduzione in schiavitù di Giuseppina Multari.
La donna, testimone di giustizia, tra il 2005 e il 2006 sarebbe stata maltrattata e minacciata di morte da Cacciola, che l’avrebbe ritenuta responsabile del suicidio del fratello Antonio Cacciola, marito della stessa Multari, ma anche per la sua dichiarata volontà di collaborare con la giustizia.
Il sequestro di oggi è stato chiesto e ottenuto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ed eseguito, principalmente, tra i comuni di Rosarno e di Laureana di Borrello dove i sigilli hanno interessato un’azienda agricola nel settore della agrumicoltura, 15 immobili (tra cui una lussuosa villa di undici vani e 13 terreni con contributi comunitari), un autoveicolo e diversi rapporti bancari.
L’indagine patrimoniale svolta dal Ros avrebbe permesso di ricondurre a Cacciola la disponibilità dell’azienda e dell’intero patrimonio ad essa collegato e che è intestata alla moglie, Tiziana Consiglio, comprendendo svariati beni strumentali.
Dalle analisi bancarie e reddituali risulterebbe - sempre secondo gli inquirenti - una “derivazione illecita” dei capitali utilizzati per avviare l’impresa, da qui il sospetto che siano illeciti anche tutti gli investimenti successivi, sia immobiliari che mobiliari, effettuati dalla famiglia.
Le indagini, in definitiva, accerterebbe un accumulo “illegale” di ricchezze da parte di Cacciola ed i tentativi di nascondere le disponibilità economiche così da scansare la normativa antimafia ed evitare eventuali sequestri.