Agente penitenziario offeso e minacciato, assolto detenuto
Violenze e minacce al Pubblico Ufficiale: questa l'accusa che la Procura della Repubblica di Castrovillari contestava ad un 36enne rossanese, Daniele Palummo, assistito e difeso dall'avvocato Giuseppe Vena.
L'uomo, detenuto all'interno della casa circondariale del capoluogo del Pollino, secondo l’accusa avrebbe tenuto un comportamento antigiuridico nei confronti di una guardia penitenziaria addetta alla sorveglianza dei reclusi. Al 36enne si contestava di aver avuto atteggiamenti arroganti, offensivi e minacciosi opponendosi ai ripetuti inviti rivoltigli dall'agente affinché rispettasse le regole carcerarie.
La scena per cui è stato processato l'uomo, che sarebbe avvenuta allo stesso modo e in due episodi, sempre all'interno della casa di reclusione e nell'arco della stessa giornata, sarebbe scaturita dall'invito rivoltogli dall'agente di evitare di fumare e per questo ricevendone minacce, frasi e un comportamento poco rispettoso che finito addirittura con sputi.
All'udienza dibattimentale, davanti al giudice penale monocratico, è comparso l'imputato in manette, assistito e difeso di fiducia dall'avvocato Vena. Il penalista ha chiesto di celebrare il processo col rito abbreviato, quindi con l'utilizzazione di tutti gli atti contenuti all'interno del fascicolo del pubblico ministero e redatti contro il suo assistito, compreso la relazione di servizio stilata dall'agente, persona offesa dal reato in due episodi, e la successiva denuncia-querela.
Il giudice ha ammesso la richiesta di abbreviato e concesso la parola alle parti; il Pm dopo aver spiegato tutte le fonti di prove ritenute schiaccianti perché l’imputato sarebbe stato colto in flagranza, ne ha chiesto la condanna ad un anno di reclusione mentre il suoi difensore, l'arringa durata oltre un'ora, ha analizzato con zelo, atto per atto, ogni documento processuale smontando totalmente l'accusa formulata e rappresentando una lettura dei fatti diversi da come erano apparsi, invocando vari cavilli di diritto penale, così da concludere con la richiesta secca di assoluzione per il suo assistito.
Il giudice, dopo sentito udito le richieste dell'avvocato Vena, in pubblica udienza, ha assolto l’uomo liberandolo da ogni accusa con la formula “perché il fatto non sussiste”.