Ronzello caduto in un agguato. Un debito il movente dell’omicidio?

Reggio Calabria Cronaca

Sarebbe caduto in “tranello”, un vero e proprio agguato che sarebbe stato studiato e preparato dai suoi aguzzini, che conoscevano esattamente gli spostamenti che la vittima avrebbe fatto il giorno del suo omicidio.


A sostenerlo sono gli inquirenti che hanno indagato per oltre cinque anni sull’omicidio di Angelo Ronzello, commerciante all’epoca 25enne, e che oggi si dicono certi di aver raccolto dei gravi indizi che farebbero cadere la responsabilità di quell’assassinio su due fratelli di Monasterace, Remo e Maurizio Sorgiovanni, rispettivamente di 31 anni e 28 anni.

Per loro sono scattate le manette con l’accusa di omicidio, aggravato dalla premeditazione e commesso per futili motivi. Uno dei due è già in carcere a seguito dell’operazione “Confine 2”, eseguita dai carabinieri nell’ottobre del 2016 contro la cosca Ruga-Gallace-Leuzzi.

Come si ricorderà, nella serata dell’1 aprile del 2010, Ronzello venne ucciso barbaramente con diversi colpi esplosi con un fucile semiautomatico caricato a pallettoni. Le pallottole lo colpirono mentre usciva dal condominio dove aveva trascorso la serata a casa della sorella dei due arrestati, in compagnia di quest’ultima, di suo marito e di altri due amici. Una circostanza di luogo e di tempo che ha insospettito gli investigatori che l’hanno collegata alla meticolosa ricostruzione delle vicende che quella sera indussero la vittima ad andare proprio in quella casa.

LE INDAGINI non hanno lasciato nulla al caso: i militari hanno setacciato e analizzato ogni elemento che gli veniva fornito dalle dichiarazioni dei familiari della vittima e di chi lo frequentava, dall’analisi dei tabulati telefonici, dai rilievi tecnico-scientifici e dai relativi risultati di laboratorio, ma anche dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, dai servizi di controllo e di pedinamento.

Messe “a sistema” tutte le informazioni si dicono certi, alla fine, di poter dimostrare la premeditazione dell’omicidio e la collocazione degli indagati sulla scena del delitto nell’ora in cui fu commesso, oltre alla ricostruzione delle azioni fatte subito dopo l’omicidio dai due fratelli per eludere le indagini ed allontanare da sé i sospetti.

QUELL’IMPENETRABILE CORTINA DI OMERTÀ

Le investigazioni, fanno notare i carabinieri, in una prima fase sono state caratterizzate da un’impenetrabile cortina di omertà”, ma da cui sono subito emersi sospetti a carico dei Sorgiovanni per delle evidenti discordanze scaturite dalle dichiarazioni che resero in relazione ai loro spostamenti prima e dopo l’assassinio, smentite anche dall’analisi dei tabulati telefonici.

Si sarebbe infatti accertato che gli indagati avevano noleggiato un’autovettura proprio il giorno dell’omicidio, una circostanza molto sospetta per gli investigatori. Subito sequestrata, la vettura è stata così sottoposta ad indagini scientifiche che oltre ad evidenziare la presenza all’interno di numerosissime particelle “peculiari” di esplosioni di colpi d’arma da fuoco (prelevate con i kit stub), registrerebbe una corrispondenza “morfologica e chimica” di una di queste “particelle” con quelle estratte dai bossoli ritrovati sulla scena del crimine.

In pratica, spiegano gli inquirenti, chi ha imbracciato il fucile per uccidere Ronzello, dopo l’omicidio sarebbe fuggito proprio a bordo di quell’auto, sedendosi probabilmente sul sedile posteriore del lato passeggero, inquinando, in questo modo, l’ambiente con la sua persona o con l’arma utilizzata.

UCCISO PER UN DEBITO DA 40 MILA EURO?

La seconda fase delle investigazioni, poi, avrebbe portato a definire il presunto movente dell’omicidio. Secondo la tesi degli inquirenti da un lato vi sarebbe stata la decisione della vittima di allontanarsi dagli ambienti delinquenziali, dopo la notifica nei suoi confronti, a gennaio del 2010, di un Avviso Orale, provvedimento che lo avrebbe indotto a cambiare stile di vita.

Un altro elemento emerso risale a qualche giorno prima dell’assassinio: Ronzello avrebbe “osato” chiedere ai due fratelli di “onorare” un debito di circa 40 mila euro contratto con la vittima per la fornitura di mangimi e farinacei. Una richiesta, in aggiunta alla volontà di affrancarsi dagli ambienti criminali, che secondo gli investigatori avrebbe portato i Sorgiovanni alla decisione di ammazzarlo.

Infine, un altro fattore ritenuto estremamente rilevante ed indiziario a carico dei due fratelli sarebbe quello che uscirebbe dal contenuto di una intercettazione ambientale risalente al novembre del 2014: i Sorgiovanni avrebbero manifestato la paura di essere arrestati dopo aver appreso dalla stampa locale dell’imminente individuazione degli autori dell’assassinio.