Dal barcone all’altruismo, Ahmed: il migrante che salva la vita ad un bambino
Tante sono le storie che quotidianamente affrontano il tema della migrazione, molte delle quali raccontano di uno stereotipo che sembra consolidarsi sempre più, con il migrante visto come invasore, nemico, violento e fannullone.
La storia che raccontiamo oggi, invece, è diversa e ci ricorda quella umanità e quella solidarietà che continuiamo a negare: tutto parte domenica scorsa, nel pomeriggio. Intorno alle tre e mezza Ahmed Ripon, 18enne del Bangladesh arrivato in Italia un anno fa, sente una bambina piangere e gridare, chiedendo aiuto.
Poi vede una testolina apparire dal mare, era un bambino appunto. Capito cosa stava accadendo il ragazzo butta via tutto, zaino e cellulare, e si tuffa in acqua. Per tre volte prova a prendere la mano del piccolo, ma non ci riesce; le onde troppo forti lo riportavano verso la riva.
Ma non demorde: fa un altro tentativo e finalmente riesce a toccare il bambino, afferrane la mano e riportarlo verso la riva. Il piccolo era ovviamente spaventato, piangeva. Il 18enne straniero lo ha tranquillizzato calmandolo mentre al suo salvatore, però, iniziava a girare la testa.
A rendere pubblico il fatto è Giovanni Maiolo, coordinatore del progetto Sprar di Gioiosa Ionica spiegando come Ahmed sia uno dei tanti arrivato nel nostro Paese a bordo dei barconi che approdano sulle coste e dopo accolto in un centro per Minori Stranieri non accompagnati, a Gioiosa Ionica, come richiedente asilo, ospite del Progetto di accoglienza aderente alla Rete Sprar, di cui è titolare il Comune di Gioiosa e gestito dalla Rete dei Comuni Solidali.
“Appena ho visto il bambino non ho pensato a niente – racconta lo stesso 18enne - poi quando ho capito che era salvo ho ringraziato Dio e mi è salita tutta la paura e la stanchezza. Ma ora io sono contento, perché adesso questo bambino è come nato per la seconda volta. Ho pensato che forse per questo la vita non mi ha portato a Gioiosa”.
“Siamo grati a Ripon – dice invece la mamma del bambino – anche io ero lì, ho provato ad andare incontro a mio figlio, ma le onde mi riportavano sempre a riva. Se non ci fosse stato lui, ma non ci voglio pensare. Ripon è stato il nostro angelo, è come se mio figlio avesse avuto una seconda possibilità, credo davvero che se fossero passati solo altri pochi secondi forse il mio bambino non ce l’avrebbe fatta. Ripon potrà sempre contare su di noi. Ora, con mio figlio, sono diventati grandi amici e noi gli saremo per sempre grati”.
Ripon ha sfidato ancora una volta quel mare che già una volta lo aveva terrorizzato. “Per me – afferma – il mare, che mi faceva tanta paura, è stato una strada verso una nuova opportunità, una nuova vita, è strano, ma ha fatto lo stesso con quel bambino”.
Una storia a lieto fine, non è solo questo. È una di quelle storie semplici che ci dovrebbero permettere di provare ad andare oltre. “Oltre un confine geografico, oltre un colore di pelle, oltre il mero e banale pregiudizio”, sottolinea Maiolo. Una storia di umanità, di cuore e coraggio, di speranza e nuove opportunità. “Tutto quello che dovremmo tener vivo ogni giorno della nostra vita” conclude il coordinatore dello Sprar.