Greco: “decentramento regionale, unica opportunità di sviluppo per la Calabria”
Il prossimo 22 ottobre i cittadini di Lombardia e Veneto saranno chiamati a votare per un referendum consultivo per autorizzare i propri governi regionali a trattare con lo Stato centrale maggiori condizioni di autonomia per i propri territori. Si tratta di un momento politico delicato e importante perché riapre, dopo anni in cui sembrava essere scemato l’interesse politico generale, il dibattito sul rapporto tra federalismo e regionalismo.
Lo afferma il consigliere regionale Orlandino Greco trattando “un argomento sul quale sarà chiamato a discutere anche il Consiglio Regionale della Calabria. Ho depositato, infatti, una richiesta al Presidente del Consiglio Irto – dice Greco - di inserimento di un punto all'ordine del giorno sul tema del decentramento amministrativo e del federalismo. Non è un caso, che oggi, due regioni del Nord, nell'area maggiormente produttiva del nostro Paese, appellandosi all’Articolo 116 della Costituzione che di fatto sancisce la condizione di regioni a Statuto Speciale per Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta, propongano di trattenere maggior parte del prelievo fiscale all'interno dei propri territori e gestire autonomamente settori come la giustizia, l’istruzione e la tutela dell’ambiente e del paesaggio. O meglio sarebbe dire proponevano”.
“Perché, di fatto – prosegue la nota - i quesiti del referendum relativi alla condizione di Statuto Speciale per Lombardia e Veneto e alla possibilità di trattenere la maggior parte del prelievo fiscale sono stati, giustamente, cassati dalla Corte Costituzionale. Il referendum voluto con forza dalla Lega Nord e sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle in Lombardia e da tutto il centrodestra è stato quindi completamente svuotato dei suoi contenuti di forza ma rimane ad ogni modo politicamente rilevante perché riguarda un tema, quello del federalismo differenziato – aggiunge il consigliere - che è sempre stato utilizzato dai partiti centralisti come bandiera per dimostrare come alcune regioni fossero pronte per fare un passo nel futuro nonostante altre fossero ancorate ad un passato senza prospettive”.
“L’idea di trattenere all'interno di specifiche regioni risorse che vengono invece utilizzate per finanziare fondi perequativi è contestabile politicamente e illegittima costituzionalmente il regionalismo, per come è stato inteso fino ad oggi, è stato l’emblema di un Paese che non ha mai smesso di correre a velocità alternate e diverse – asserisce Greco - in un contesto generale frammentato, disunito e disomogeneo. Questo anche per responsabilità di una classe politica, che deve assumersi necessariamente le proprie colpe, soprattutto nelle regioni del sud, che non ha saputo in alcun modo rendersi protagonista di un processo di riforma e sviluppo. Addirittura, si è lasciato ampio spazio ad una visione distorta di centralismo governativo attraverso cui si è tentato di emulare modelli di sviluppo in territori dove mancavano le condizioni ambientali, economiche e sociali tali da garantirne l’adeguata stabilità”.
“Sono stati finanziati interventi, misure, progetti di (sotto)sviluppo, laddove mancavano e mancano ancora le infrastrutture di base. Si è preferito contentare attraverso distribuzione di assistenzialismo a pioggia, senza misura, senza futuro, senza tenere conto del potenziale delle comunità e delle reali condizioni dei luoghi – prosegue ancora - ho sempre ritenuto il decentramento l’unica opportunità per rilanciare il Paese, soprattutto al Sud, laddove si avverte più forte l’esigenza di costruire modelli autonomistici capaci di rideterminare le scelte del governo centrale secondo una visione generale orientata dalle vocazioni dei territori e delle comunità”.
“Il referendum di Veneto e Lombardia, nonostante si siano evidenziate discrasie istituzionali e costituzionali, può rappresentare l’occasione per riflettere sul Paese che sarà, senza nuove linee gotiche o Padanie immaginarie ma percorrendo nuovi sentieri politici autonomistici di condivisione e programmazione che nel rispetto della carta costituzionale – conclude la nota - conducano l’Italia a definire attraverso una classe politica qualificata modelli di sviluppo in grado di unire i territori nel pieno rispetto delle vocazioni, dei desideri e dei bisogni delle comunità”.