Comandante cargo scomparso: fermati due ufficiali, accusati di omicidio
Ci sarebbe una lite all’origine dell’omicidio del comandante Yurii Kharytonov, 51 anni, scomparso tra il 19 e il 20 ottobre durante la navigazione sul cargo Giannina fra Gioia Tauro e Genova.
Dopo alcuni giorni di indagini il caso ha avuto una svolta improvvisa: il pm Marcello Maresca ha infatti disposto il fermo di Dmytro Savinykh, 44 anni, e Oleksandr Maltsev di 43, i due ufficiali della Msc Giannina sospettati di aver ucciso il comandante.
La nave cargo, messa sotto sequestro nel porto di Genova, era partita dal porto di Gioia Tauro diretta nel capoluogo ligure. Nel tratto di mare fra la Corsica e l'Elba, di fronte alla costa laziale, perse il suo comandante.
Dopo aver denunciato la scomparsa, i ventuno componenti dell’equipaggio non avevano saputo dare alcuna spiegazione su quanto accaduto. Suggerirono l’ipotesi che il comandante fosse caduto accidentalmente in mare o che si fosse ucciso.
Nel corso degli interrogatori del sostituto procuratore Maresca, i marinai riferirono di aver visto per l’ultima volta Kharytonov fra il pomeriggio e le sette di sera del 19 ottobre, quando aveva preso posto al suo turno al timone, e di essersi accorti della sua assenza solo vero le quattro di mattina del 20 ottobre, al momento del cambio.
L’ipotesi del suicidio è stata immediatamente archiviata e il magistrato ha disposto perizie e controlli, a seguito delle quali è emersa l’ipotesi di un litigio fra il comandante e gli ufficiali per motivi di disciplina, finito con il corpo gettato in mare.
Tesi che sarebbe stata accertata dalla prova del luminol, condotta a bordo del Giannina di notte. Durante i controlli il test ha infatti rilevato tracce di sangue sul pontile e in altre aree del cargo.
Sangue è stato ritrovato anche sulla divisa di uno dei due ufficiali, sequestrata al momento del suo arrivo a Genova insieme ad indumenti dell’equipaggio. Non è stata trovata l’arma con cui il 51enne potrebbe essere stato colpito ma anche questa potrebbe essere finita in mare.
Gli arrestati, che sono anche accusati di aver fatto sparire il corpo della vittima, hanno sempre negato di avere litigato con il connazionale scomparso in seguito ad una discussione nata per delle avarie ai motori che avevano costretto la nave a fermarsi due volte in mare aperto.
Nella loro ricostruzione, tuttavia, ci sarebbero delle contraddizioni; alcune macchie sospette sono state trovate sulle loro tute di lavoro.
Gli esami della polizia scientifica potrebbero averle identificate come sangue del comandante scomparso. I due fermati sono stati rinchiusi in carcere e sottoposti ad altri accertamenti medico scientifico.