Diabete, 11 mila pazienti solo a Crotone. L’allarme di Pacenza: “mancano risorse”
In un clima culturale di elevato interesse, al Liceo Scientifico “Filolao” di Crotone, ha avuto luogo un incontro tra specialisti della medicina e giovani studenti liceali per dare “un calcio al diabete … insieme è possibile”. Un tema di estrema attualità promosso dalla scuola, in collaborazione con l’Fc Crotone e l’Asp.
Ne sono venuti fuori segnali di ottimismo, partecipazione attiva ed espressione di grande responsabilità degli specialisti, che operano nel settore e si pongono verso l’intero territorio, in questo caso verso i giovani liceali.
Sulla lettura magistrale “Diabete…informa”, del primario emerito di Geriatria e Diabetologia dell’ospedale di Crotone, Bonaventura Cretella, si sono succeduti diversi interventi che hanno manifestato interesse e soddisfazione nei confronti di quanti sono stati coinvolti.
È mancato solo il supporto dello sport, per l’assenza dei calciatori del Crotone e di Davide Nicola, dimessosi dall’incarico di allenatore, in coincidenza della tavola rotonda.
Il diabete visto come un avversario di calcio da non sottovalutare, subdolo e spesso curato male e ad alta incidenza nella nostra provincia. Ne abbiamo parlato col dottore Salvatore Pacenza, Dirigente Medico Presso il Servizio di Diabetologia dell’Azienda Sanitaria di Crotone e consigliere regionale della Calabria.
Un incontro sulla medicina, pari ad un incontro di calcio, considerati i personaggi che avrebbero dovuto prendervi parte.
“Uno degli attori principali è mancato! Era il Crotone Calcio, con i suoi rappresentanti, in primis il suo allenatore, Davide Nicola, che dovevano raccontarci la loro esperienza. Un aspetto per noi fondamentale, per capire quanto e come lo sport, in questo caso il calcio, possa dare una mano sia nella prevenzione che nella cura di una patologia cronica qual è il diabete”.
“Attraverso una riunione partecipata, abbiamo cercato di portare la nostra esperienza e i nostri consigli, rispetto anche ad una promozione culturale di questi aspetti. Teniamo a far passasse il messaggio che l’attività fisica, l’alimentazione giusta, siano i cardini della prevenzione e della cura nel momento in cui si scopre di essere diabetici. Inoltre, quando si deve prevenire e curare, avere la possibilità (per fortuna l’abbiamo molto di più rispetto al passato) di intervenire con farmaci specifici, confezionati come un vestito sul paziente da curare”.
Cresce l’acquisto dei farmaci “miracolosi” online. Un mercato illegale. Quali sono i rischi per la salute, considerato pure che le percentuali di prelievo tramite internet sono in aumento?
“Si! C’è questo pericolo manifesto che, attraverso i canali di comunicazione moderni, si scambino farmaci che sostengono la cura per il diabete, con farmaci che niente hanno a che fare con quelli distribuiti in farmacia. Magari, si va dietro a delle mode e a delle illusioni”.
“Purtroppo, chi fa insulina sa che deve necessariamente pungersi, sottoporsi ad una somministrazione sottocutanea. Al momento non se ne può fare a meno. Quando un paziente sente dire che vi è la possibilità che sostituiscono l’insulina e non si deve fare la somministrazione sottocutanea, è chiaro che rizza le antenne e noi gridiamo forte … “Attenzione” … perché non esistono farmaci che, al momento, sostituiscono questo tipo di pratica. Quando ci saranno, sarà nostra cura diffondere la notizia e fare in modo che il paziente si curi nel miglior modo possibile. Altrimenti si corrono rischi notevoli”.
Sul nostro territorio il problema in quale dimensione si pone?
“C’è gente che non viene da noi, può curarsi e si cura altrove e i nostri dati non sono, ovviamente, esaustivi, ma ci segnalano che nella provincia di Crotone ci sono circa undicimila pazienti diabetici. Poi, esistono pazienti che probabilmente non sanno di avere il diabete e questi vanno messi nel computo generale. Faccia conto, rispetto alla popolazione residente, che il 7-8% è affetta da diabete. Si capisce che si parli una dimensione importante. Questo lo vogliamo segnalare alle autorità competenti sanitarie, perché ci diano una mano a fornirci mezzi e risorse umane per affrontare al meglio questa sfida”.
Ad oggi l’Azienda Sanitaria locale in che modo risponde. Quali sono le difficoltà maggiori?
“Le difficoltà sono nelle risorse umane. Noi, è sotto gli occhi di tutti, abbiamo soltanto due infermiere, un’ausiliare e siamo tre medici, più due colleghi che vengono settimanalmente a prestare la loro attività ambulatoriale, a fronte dei numeri messi in campo. Si fa di necessità virtù, nel senso che non ci siamo mai lamentatati ma, di fatto, è chiaro che servirebbero altre risorse umane per poter dare di più”.
Nel suo ruolo di onorevole regionale, può indicare cosa non è andato bene perché la Sanità potesse avere serenità in tutti i settori?
“La serenità la si ha o si ottiene nell’azione, a come si porgono anche aspetti difficili come quello sanitario. È un ambito molto complesso da trattare, obiettivamente. Al di là del colore politico, ed è un settore arduo anche da come lo si porge rispetto alla situazione nella quale si è. Vi sono difficoltà che nascono anche da una riorganizzazione strutturale dell’ambito sanitario a livello regionale. C’erano, mi rifaccio alla mia esperienza, molte sopravalutazioni. Esisteva un sopravanzo di quelle che erano le necessità, cioè si andava al di là di quelle create anche delle criticità di tipo economico che andavano inevitabilmente sanate”.
“Questo risanamento ha portato fatalmente ad un approccio diverso. Quindi, trovato un debito, si deve sanare e ci si rifà, fra gli altri interventi, anche sull’ambito risorse umane. Per capirci: chi va in pensione, finora, non è stato sostituito e, quindi, il reparto, il servizio, nel quale lavorava l’infermiere o il medico, va in difficoltà immancabilmente. Se allarghiamo il campo, il commissariamento … è servito? Non è servito? … Questo credo che vada al di là della nostra chiacchierata. Lo possiamo verificare in maniere, modi e in momenti differenti. Noi cerchiamo di offrire il nostro meglio”.
Sul territorio si avverte la continua necessità di “emigrare” convinti che fuori, nelle altre regioni, si è meglio accolti e ci sia più professionalità. Vogliamo aggredire questo problema?
“Non perché sono direttamente coinvolto, ma credo che sia un aspetto culturale che ci penalizza moltissimo, pensare che altrove esistono professionisti e strutture più capaci e migliori di noi. Questo territorio è molto competente per moltissime patologie. È chiaro che, anche per una suddivisione dei compiti, in uno stesso ospedale o a distanza di sessanta chilometri, non possono esistere strutture altamente specializzate come la neurochirurgia, la cardiochirurgia. È normale che se c’è la cardiochirurgia a Catanzaro non possiamo averla a Crotone”.
“Sul nostro territorio ci sono tanti professionisti che, con molta abnegazione e professionalità, riescono a dare risposte importanti. I fatti di malasanità succedono anche da altre parti. Se ci vestiamo di pessimismo e vittimismo, come in altri argomenti, è chiaro che vediamo tutto nero e anche la sanità fa parte di questo “buco nero”. Occorre solo un po’ di fiducia verso ogni cosa”.
Giuseppe Romano