Conversazione sulla figura di Vittorio Emanuele III
Si terrà domani, martedì 9 gennaio, l’evento dell’associazione Anassilaos dedicata al 70 anniversario della morte di Vittorio Emanuele III. Per l’occasione Antonino Romeo discuterà del re d’Italia dal 29 luglio 1900 al 9 maggio 1946, tornata prepotentemente alla ribalta della cronaca e della politica per la traslazione della sua salma da Alessandria d’Egitto, dove morì esule, in Italia.
La manifestazione, che si terrà alle 17,30 nella sala di San Giorgio al corso, sarà dedicata alla figura complessa che ha segnato fortemente la storia del nostro Paese regnando per ben quarantasei anni, anni ricchi di eventi e tragedie, dal terremoto del 28 dicembre 1908 alla Grande Guerra, dal sovrano fortemente voluta, anche contro la maggioranza del Parlamento; dall’avvento del Fascismo che egli favorì e consentì nel 1922, rifiutandosi di firmare lo stato d’assedio che gli veniva proposto dal Presidente del Consiglio Luigi Facta, e poi sostenne fino al 25 luglio del 1943, sia pure con qualche mugugno, dando luogo ad una strana e non sempre comprensibile diarchia.
Dalla guerra di Albania a quella d’Etiopia, che gli offrì il pomposo, ma effimero, titolo di imperatore, alla firma delle leggi razziali nel 1938 volute dal regime, che egli promulgò dimenticandosi che fu un suo predecessore, Carlo Alberto, ad emancipare gli Ebrei piemontesi nel 1848; dall’intervento italiano nella Seconda Guerra Mondiale, di cui ha, insieme a Mussolini, la responsabilità politica, militare e morale, fino alla ignominiosa fuga da Roma dopo l’8 settembre, abbandonando al proprio destino migliaia di soldati.
Nei primi anni di regno, succeduto al padre Umberto I (1900), si adoperò per pacificare il Paese dopo le cannonate di Bava-Beccaris a Milano (1898) favorendo le caute aperture politiche e sociali di Giovanni Giolitti, uno dei leader politici più grandi d’Italia dopo Cavour ma i mesi precedenti all’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale registrarono la sua volontà di imporsi al Parlamento, che era contrario all’intervento, con un quasi colpo di stato che ne rivelò una natura autoritaria e avvezza agli intrighi di palazzo e ai sotterfugi di cui diede prova nel luglio 1943.
Reggio Calabria lo vide più volte presente e lo ricorda con una certa simpatia. Nella città dello stretto sbarcò da sovrano d’Italia nel luglio del 1900 e vi tornò più volte: nel 1907 per inaugurare il busto in bronzo all’augusto genitore nella villa comunale, chiamata poi Villa Umberto I; nel dicembre 1908 a rendere omaggio alle vittime del sisma; nel 1922 ad inaugurare il nuovo Palazzo di Città (Palazzo San Giorgio); nel 1930, infine, ad inaugurare il monumento ai Caduti, opera di Francesco Jerace. Vi tornò fugacemente e in segreto il 4 dicembre del 1941, negli anni della guerra e il suo volto rivela stanchezza e tensione.