Coldiretti, 5mila ristoranti in mano a criminalità
Un business di 21,8 miliardi di euro e una maxi presenza nelle attività di ristorazione. Sono i dati forniti da Coldiretti a seguito dell’operazione Stige che questa mattina ha disarticolato il sistema del clan Farao-Marincola di Cirò Marina che ha portato a numerosi arresti in Italia e Germania e secondo gli investigatori era riuscito a strutturare un'ampia rete commerciale in grado di imporre a ristoranti e pizzerie l'acquisto di diversi prodotti del Crotonese, dalla pasta per la pizza al vino di Cirò.
Un business, quello messo in luce dalla Dda di Catanzaro, che coinvolge il settore del vino, della pasta. “Ricattando o acquisendo direttamente o indirettamente gli esercizi ristorativi in Italia e all'estero, le organizzazioni criminali - sottolinea la Coldiretti - garantiscono uno sbocco al fiorente business delle agromafie il cui volume di affari complessivo nel 2017 è salito a 21,8 miliardi di euro (+30% in un anno) lungo tutta la filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, secondo l'Osservatorio sulla criminalità organizzata nell'agroalimentare”.
La criminalità organizzata per la Coldiretti sarebbe presente anche nel mercato agroliamentare, mercato che condizionerebbe “stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati e della ristorazione, l'esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all'estero di centrali di produzione dell'Italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto”.
Perché la “malavita si appropria di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy”.
Per il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, "le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l'informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto a casa e al ristorante", ed è importante "inserire l'origine degli alimenti anche nei menu, dalla carne al pesce”.