Vivere In Crotone: città isolata, si continui a credere in un futuro possibile
“Il 2018 si è aperto mettendoci di fronte all’amara realtà con cui, a quanto pare, dovremo fare i conti ancora per molti anni: mi riferisco allo stato di abbandono in cui versa tutto il nostro territorio, alle difficoltà inumane negli spostamenti, ma anche alla raccolta differenziata che non parte, alla bonifica studiata per lasciare i veleni lì dove si trovano, alle nostre case che restano tristi e vuote dopo le feste natalizie, e la lista potrebbe continuare. Tuttavia, quello che come persone e come cittadini non possiamo permetterci è cedere al pessimismo, alla rassegnazione”.
Esordisce così in un messaggio pubblico alla città Rachele Via, responsabile dell’Associazione “Vivere In” di Crotone che prosegue ricordando come lo scorso mese di novembre “un numero importante di associazioni da anni impegnate in trincea ad affrontare i molti problemi del nostro territorio ci siamo incontrati ribadendo la necessità di fare rete. Oggi, alla luce anche degli ultimi avvenimenti, credo che sia necessario mantenere la lucidità per interpretare i fatti con razionalità e senza cedere all’emotività”.
“Quando si vuole ridurre una persona o un popolo in schiavitù – aggiunge Via - il metodo passa attraverso l’annullamento della dignità: si viene spogliati, umiliati, derisi, si fa credere alla vittima non solo che è invisibile, che nessuno la aiuterà, ma anche che nulla e nessuno potrà mai evitare il destino di schiavitù che appare l’unico possibile. Quanto sta accadendo in questi giorni ci deve far riflettere, perché una popolazione intera è stata ingannata, illusa, umiliata: invisibili sono le persone che hanno necessità di spostarsi e che possono farlo solo a prezzo dei sacrifici che tutti conosciamo. Invisibili sono gli imprenditori e i titolari di attività che per questa immobilità non possono contare sulla ripresa di un’economia praticamente ferma; invisibili sono le associazioni che, salvo presentarsi nelle stanze dei bottoni con il cappello in mano, vengono lasciate sole di fronte alle mille emergenze della città”.
Vivere In crede nel progresso universale; “crede che nessuno – spiega la sua responsabile - può vivere nell’isolamento. Forti di questi principi, ribadiamo l’importanza del fare rete per continuare a costruire percorsi di positività, soprattutto perché con le nostre associazioni incarniamo un ideale di cristianesimo che è coerenza, convinzione, testimonianza. Poiché – aggiunge - crediamo in Gesù Cristo-Uomo, dobbiamo lottare fino all’ultimo perché ogni uomo venga tenuto in considerazione per la sua dignità; agli occhi di questo Gesù non può dirsi cristiano chi non dà anche solo un bicchiere d’acqua a chi è povero e assetato”.
La riflessione della responsabile dell’associazione potrebbe allargarsi, “perché – dice - se un solo bicchiere d’acqua è importante agli occhi di Gesù Cristo, figuriamoci il lavoro; figuriamoci la pulizia nelle strade; figuriamoci la libertà di movimento; figuriamoci le opportunità di futuro per i nostri giovani. Ognuno di noi sarà chiamato a rispondere del proprio operato, ciascuno secondo le proprie responsabilità”.
Il ruolo delle associazioni che qui ed ora vivono e lavorano per Rachele Via “riflette l’atteggiamento maturo di quei cittadini che vogliono essere i protagonisti del proprio futuro. Papa Francesco, rivolgendosi ai laici, ha detto: ‘Vorrei proporvi, come orizzonte di riferimento per il vostro immediato futuro, un binomio… Chiesa in uscita – laicato in uscita’. Anche voi, dunque, alzate lo sguardo e guardate fuori (discorso all’assemblea del pontificio consiglio per i laici, 6/2016)’. Facendo nostro l’invito di papa Francesco, e calandolo nella nostra realtà – prosegue Vivere In - diciamo che abbiamo il dovere di guardare oltre il tetro orizzonte che sembra soffocare ogni aspirazione ad un vivere sociale dignitoso”.
Per l’associazione bisogna guardare oltre “e trovare la forza di superare l’idea di un volontariato generoso ed efficace, ma spesso frammentato, per riuscire a coordinare tutte le spinte e le energie positive che esistono e che, se unite, potrebbero essere più incisive. Dobbiamo convincerci che dobbiamo essere noi quei “laici ben formati, animati da fede schietta e limpida” di cui parla papa Francesco, che aggiunge: ‘Abbiamo bisogno di laici che rischino, che si sporchino le mani, che non abbiamo paura di sbagliare, che vadano avanti. Abbiamo bisogno di laici con visione di futuro, non chiusi nelle piccolezze della vita, che osano sognare” (ibid.).
Questo è l’augurio che Viviere in vuole fare a tutti: “non dobbiamo smettere di sognare, né - afferma Via - di credere che esiste un futuro possibile, per noi e soprattutto per i nostri figli, a patto che sappiamo prenderci la responsabilità di costruircelo noi, da protagonisti, scuotendoci di dosso pessimismo e rassegnazione, e trasformando la rabbia in energia positiva e propositiva. Noi, che siamo un popolo con una dignità ed una storia, dobbiamo crescere in verità, libertà e solidarietà, insieme, perché – conclude - è facendo rete che diventiamo costruttori credibili di bene comune”.