Wwf, bracconaggio: “occorre intensificare la vigilanza ambientale”
Le recenti operazioni di contrasto al bracconaggio sull’altipiano silano e nella Sibaritide, portate avanti dal Corpo di Polizia Provinciale di Cosenza, e in particolare dal distaccamento di San Giovanni in Fiore e dal nucleo di Cosenza, se da un lato suscitano il pieno apprezzamento del Wwf calabrese, dall’altro ripropongono con urgenza il problema più generale della vigilanza venatoria e ambientale in tutta la Calabria.
Tra le violazioni di legge in materia venatoria, contestate negli ultimi tempi da parte dei poliziotti provinciali, risultano l’abbattimento o l’illecita detenzione di specie particolarmente protette, non cacciabili o cacciate in periodi non consentiti, la caccia in aree di divieto come i parchi nazionali e le riserve statali, l’uso di richiami elettromagnetici, la mancata annotazione sul tesserino dei capi abbattuti, la caccia senza rispettare le distanze di sicurezza da strade o case, la mancanza di autorizzazioni per esercitare alcune forme di caccia, e l’omessa custodia delle armi e delle munizioni.
Il Wwf ricorda a proposito che “uno dei fattori che favoriscono il diffuso fenomeno del bracconaggio, è il cosiddetto “nomadismo venatorio”, vale a dire la possibilità di potersi spostare per cacciare anche in zone distanti centinaia di chilometri dal proprio ambito territoriale (già di per sé troppo vasto), il che costituisce un’autentica negazione di qualsivoglia tentativo di razionalizzare la caccia e responsabilizzare il cacciatore nei confronti del territorio. A distanza di settantacinque anni rimane purtroppo ancora in vigore, come ben sanno gli agricoltori costretti a subirne le spiacevoli conseguenze, l’anacronistico art.842 del Codice Civile che consente l’accesso ai cacciatori nelle proprietà altrui, salvo alcune eccezioni tra le quali il divieto di cacciare in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione (come ad esempio gli uliveti fino alla data del raccolto, i frutteti specializzati ecc.)”.
!A ciò si aggiunga l’assoluta, vergognosa, carenza dei servizi di vigilanza in tema di controllo dell’attività venatoria – prosegue la nota - specie in relazione alle decine di migliaia di praticanti (spesso provenienti da altre regioni), alla vastità del territorio utile alla caccia e al protrarsi della stagione venatoria per oltre cinque mesi, fino al 10 febbraio, così come disposto per quest’anno dalla Regione Calabria in modo a dir poco irragionevole. Bene ha fatto dunque il Presidente della Provincia di Cosenza, Franco Iacucci, a ribadire con forza l’impegno del Suo Ente nel controllo del territorio finalizzato alla prevenzione e alla repressione dei reati (perché di questo si tratta!) contro la fauna, risultando la stessa “patrimonio indisponibile dello Stato” tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale (art.1 della Legge 157/92) e non facile bottino per i bracconieri di turno, troppo abituati a farla franca”.
Il Wwf ricorda che “per bracconaggio si intendono tutte quelle attività di caccia e di pesca esercitate in violazione delle vigenti norme, attività che, a seconda della gravità del caso, possono essere sanzionate sia amministrativamente che penalmente, per come prevedono le leggi che regolano la materia. Purtroppo la stessa ammirevole determinazione non si è riscontrata in altre aree della Regione – ha concluso l’associazione animalista - specie laddove la Polizia Provinciale (corpo di polizia avente innumerevoli compiti e funzioni) è stata di fatto eliminata, lasciando praticamente ai soli Carabinieri Forestali il difficile compito, tra gli altri, di difendere uccelli e mammiferi dalle fucilate e dalle insidie (trappole, lacci ecc.) dei bracconieri. Da qui l’appello del Wwf a tutte le Forze dell’Ordine affinché intensifichino, specie in quest’ultimo periodo, il controllo del territorio, altrimenti in balia dei fuorilegge dell’ambiente”.