Inaugurazione anno giudiziario a Reggio, Minniti: “La politica dica no ai voti dei mafiosi”
È certo di una cosa il ministro dell’Interno, Marco Minniti: “La politica deve dire no ai voti della ‘ndrangheta”. L’ha detto a Reggio Calabria in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.
Per Minniti “la 'Ndrangheta vota e fa votare, ma è importante che la politica dica noi non li vogliamo perché quando le mafie votano e fanno votare inseriscono in uno dei gangli fondamentali della democrazia, qual è il voto, una componente di violenza che opprime la libera espressione”.
L’obiettivo da perseguire per il ministro è dunque quello di “mettere la sconfitta delle mafie al centro delle questioni più importanti del Paese. Oggi – ha proseguito Minniti - oggi è diventato un obiettivo percorribile grazie al suo sacrificio ed a quello di tantissimi altri magistrati e componenti delle forze dell’ordine. Noi ne stiamo facendo un credibile obiettivo programmatico”.
Ha poi espresso vivo apprezzamento per chi lavora a Reggio, Marco Minniti “qui è stata sperimentata una straordinaria collaborazione tra le forze di polizia e la magistratura che ha realizzato importanti risultati su un grande tema, come la conoscenza ed il contrasto alla delinquenza organizzata e mafiosa. Ecco perché oggi voglio rendere anche pubblico il mio ringraziamento per il suo lavoro al procuratore della Direzione nazionale antimafia e per la lotta al terrorismo Federico Cafiero de Raho il quale ha saputo efficacemente utilizzare ogni risorsa disponibile dello Stato per mantenere costante la lotta alla 'ndrangheta, e con lui, tutti i magistrati di Reggio Calabria. C'è ancora molto da fare per risolvere i problemi della giustizia, ma sappiamo anche che su questo terreno si gioca il delicatissimo rapporto di fiducia e di democrazia con i cittadini”.
Alla cerimonia era presente anche Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, per il quale “la politica deve assumere il medesimo atteggiamento scelto dalla Chiesa, con la scomunica dei mafiosi. Dire cioè a chiare lettere a chi si avvicina per offrire voti e protezione: 'voi siete esclusi dalle nostre scelte”.
Si è invece soffermato sulla difficile situazione di Reggio Calabria il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, per l'apertura dell’anno giudiziario, “la realtà di Reggio Calabria è molto complicata – ha detto il magistrato - con una infiltrazione criminale diffusa, che accresce il rischio di relazioni indebite e potenzialmente compromissorie. Si è più volte ripetuto che l'opera di bonifica del territorio passa non solo dallo sradicamento della mala pianta 'ndranghetista, ma contestualmente dalla crescita della qualità della vita e dell’affermazione di una cultura di legalità”.
Gerardis ha anche ricordato le condizioni degli istituti penitenziari di Reggio Calabria, 'San Pietrò e Arghillà, in cui sono detenuti anche numerosi tossicodipendenti e stranieri, con capienze che superano il regolamento. Il Procuratore generale, Bernardo Petralia, ha detto che “in Calabria e nel Distretto reggino si chiede tanta giustizia e tanto si deve. Un territorio in cui si contano 97 Comuni, di cui 27 sciolti e commissariati per mafia in questi anni, e dove ogni notte viene consumato un incendio doloso e le famiglie 'ndranghetiste occupano intere aree infiltrandosi a tutti i livelli. Un territorio dove la 'ndrangheta è una e plurima allo stesso tempo: innervata e fortificata ovunque, ma compatta e solida al centro, implacabilmente calabrese nel suo rango e vigore decisionale”.
Petralia ha ricordato “la mole di sequestri e confische eseguiti su aziende e quote societarie e le interdittive prefettizie a carico di 153 imprese nel 2016 e nel 2017 rispetto alle 19 del biennio precedente. Lo Stato in questo distretto ha moltiplicato il suo impegno, schierando i suoi uomini migliori, primi e ultimi artefici in ordine di tempo dei successi investigativo-operativi contro la criminalità, organizzata e non”.