Case al mare, auto e fondi pensione coi soldi del sindacato: sequestrati 3 milioni

Vibo Valentia Cronaca

Con i soldi di un’associazione sindacale avrebbero acquistato immobili e beni di uso personale: questo quanto contesta il Sostituto Procuratore Benedetta Callea a due persone responsabili della Sigla che opera nel vibonese.

Il magistrato li accusa non solo di appropriazione indebita aggravata ma anche di autoriciclaggio, reato di recente introduzione: secondo gli inquirenti i sindacalisti avrebbero riutilizzato il denaro sottratto investendo in attività economiche, finanziarie o speculative, così da ostacolare “concretamente l’identificazione della loro provenienza” illecita.

Stamani l’esecuzione dei provvedimenti a loro carico: i finanzieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia hanno effettuato infatti un sequestro, disposto dal Gip del Tribunale, apponendo i sigilli ad appartamenti, case al mare, autovetture, conti correnti bancari e postali, depositi a risparmio, polizze assicurative, fondi pensione e conti deposito titoli per un valore che ammonta in totale a oltre 3 milioni di euro.

L'INCHIESTA, scaturita dalle attività quotidiane dei militari nel contrasto dell’illegalità fiscale ed economico-finanziaria, è stata approfondita e sviluppata andando a scoprire che i soldi riscossi negli anni dall’associazione, invece di essere utilizzati per le finalità del sindacato, attraverso una serie di operazioni bancarie (prelievi, bonifici, cambio assegni) sarebbero stati invece distratti, depositati su conti correnti bancari riconducibili agli indagati ed utilizzati per fini squisitamente personali.

In particolare, e sempre secondo la Procura, il denaro sarebbe servito per acquistare appartamenti in città d’arte, case in rinomate località balneari o spesi in negozi di elettrodomestici, articoli di ottica, calzature ed altro ancora.

Nel provvedimento di sequestro il Giudice ha anche valorizzato le risultanze investigative nella parte in cui si evidenzierebbe quella che gli stessi inquirenti definiscono “la notevole capacità di spesa ed il tenore di vita degli indagati”, ritenuti sproporzionati rispetto a loro redditi “ufficiali”.

Per questo si è resa applicabile la norma di legge che consente il sequestro preventivo di denaro e di beni di cui un indagato non può giustificarne la provenienza e di cui “risulta essere titolare in misura sproporzionata al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte, o alla propria attività economica”.