Imprenditore vicino alla ‘ndrangheta. Sequestrati beni per un milione di euro
Ammonta a un milione di euro il patrimonio sequestrato riconducibile a Quinto Antonio Rosaci (64anni) e ai figli Antonino (35) e Santoro (32).
Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, è stato eseguito dai militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri.
Il sequestro si fonda sui risultati delle indagini condotte dai militari nell’ambito dell’operazione “Ada” e concluse, nel 2013, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi nei confronti di presunti affiliati alla cosca di ‘ndrangheta “Iamonte” di Melito di Porto Salvo, tra cui lo stesso Rosaci.
In questo contesto, “Mastro Quinto” è stato condannato dalla Corte di Appello del capoluogo dello Stretto, con sentenza riformata solo in punto di pena, per il reato di associazione mafiosa.
Rosaci – secondo gli inquirenti - avrebbe fatto parte del clan Iamonte ed è stato dichiarato “socialmente pericoloso” con decreto dell’11 novembre 1996 , in relazione all'appartenenza ad una delle consorterie mafiose più sanguinarie ed agguerrite della provincia.
A distanza di un ventennio, le risultanze della fusione dei procedimenti “Ada”, “Sipario” e “Replica” avrebbero confermato l’appartenenza alla ‘ndrangheta di Quinto Antonio Rosaci.
Le indagini, arricchite dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Ambrogio, la cui attendibilità è stata già riscontrata nel giudizio di merito, avrebbero fornito la prova che nel territorio di Melito Porto Salvo la cosca Iamonte ha esercitato un “controllo assoluto della cosa pubblica” anche avvalendosi dell’aiuto di uomini politici ritenuti collusi e di funzionari amministrativi infedeli
IL RUOLO DI COMANDO NELLA FRAZIONE DI LACCO
Rosaci, secondo le prove raccolte, e per come scritto da uno stralcio del provvedimento in esecuzione, avrebbe assunto una posizione di “comando e responsabilità” nella frazione di Lacco.
Scrivono infatti magistrati: “Ancora, sempre dalle captazioni riportate, emerge che Rosaci Quinto gestisca - a livello di attività economica - il noleggio dei video/poker (e macchine similari) … anche in questo caso emerge chiaramente come il predetto imputato sia "un (necessario) punto di riferimento associativo per coloro che intendono "investire" in attività economiche riguardanti l'utilizzo a fini di lucro dei cd. "video/poker". Sulla stessa lunghezza d'onda, è sempre Ambrogio che osserva in via captativa che lo stesso “mastro Quinto” (unitamente ad altri sodali di spessore) - secondo l'esegesi qui accolta e condivisa - ha un tale "potere associativo" che non ha "bisogno alcuno di scoprirsi" (non è partecipe ... non è partecipe" essendo questo (e solo questo a parere di chi scrive) il senso dell'affermazione a carico (e non a discarico) sempre riferita da Ambrogio (molto tempo dopo la sua formale affiliazione) nei termini più precisi di cui alle riportate risultanze”.
“A corredo - per limitarsi ai dati più evidenti - vi sono altresì anche le frequentazioni (casa di Rosaci) con altri sodali di Prunella che avrebbe compiuto presso l'abitazione dello stesso alcuni lavori edilizi secondo quanto sopra riferito. Insomma, limitandosi ai rilievi maggiormente espressivi, non vi è dubbio che non solo Ambrogio ma anche gli altri assodati sodali di cui al capo A) riconoscono e guardano a "mastro Quinto" come un sodale di spessore, punto di riferimento per la sua capacità di "tenere unito il gruppo" nella rispettiva "zona di competenza"…
“Da qui Ambrogio colloca Rosaci tra i sodali di assoluto spessore della cosca in oggetto, ricorda della riunione (in cui egli era specificamente presente) nella quale - per volere dei vertici assoluti - Antonio Meduri è stato individuato come "il referente di Prunella", osservando come il "lì presente" Rosaci Quinto è stato riconosciuto responsabile della frazione di Lacco secondo quanto espressamente dichiarato in tale riunione.”…D'altro canto sempre il collaboratore riferisce che, alla sua presenza, il "barista" Tripodi Antonino ha riferito a Mazzeri Totolino che, "a livello si scala gerarchica", sopra di lui vi era (anche) Mastro Quinto che aveva peraltro assunta la carica di mastro generale”.
“Il tutto vieppiù confermato "dal passato" di Rosaci laddove Ambrogio, secondo quanto riferitogli dal defunto Meduri Natale (e confermato da Malaspina Consolato, cfr., posizione), riferisce che il primo "già contava" in origine in Lacco prima che il capo cosca Natale Iamonte inducesse tutti i precedenti responsabili delle varie frazioni ad unirsi in un'unica locale di 'ndrangheta sotto la supremazia degli Iamonte. In questo contesto, il Collaboratore poi a ragione, individua "due fazioni" (quelle facenti capo ai Verduci e quella riconducibile appunto a Rosaci) osservando nondimeno ed anche tale dato è del tutto riscontrato aliunde a livello probatorio che come sempre avviene in materia di 'ndrangheta, il "nocciolo della questione" è di natura economica contendendosi i due gruppi (anche all'interno dei numerosi sodali della cosca) la "leadership" in ordine al noleggio dei video poker e macchine di analoga fattura”.
LA PERICOLOSITÀ SOCIALE DI ROSACI
In relazione all’attività, su delega della Dda, sarebbe stato accertato che Rosaci “rappresenta – aggiungono gli inquirenti - il classico esempio di soggetto dotato di una pericolosità sociale qualificata di tipo esistenziale che ha cioè caratterizzato l'intero arco della sua vita” - la pericolosità sociale qualificata dall’appartenenza alla ‘ndrangheta, ritenuta sussistente dal Tribunale anche nei confronti di Santoro e Antonino Rosaci.
Infatti, si legge ancora nel provvedimento “questi ultimi sono stati imputati, unitamente al padre, per il medesimo delitto associativo ma sono stati mandati assolti con formula dubitativa. Tale esito non costituisce un dato vincolante per il giudice della prevenzione chiamato ad effettuare un giudizio del tutto autonomo rispetto a quello penale: “Esso richiede il solo positivo accertamento di indizi di appartenenza (comprensivo di forme di contiguità funzionali agli interessi associativi e denotative della pericolosità sociale) e non la prova della partecipazione all'associazione mafiosa”…
“Il collaboratore ha collocato, pertanto, i due Rosaci a pieno titolo nell'organigramma della cosca rendendo precise dichiarazioni anche in ordine alle loro "doti". Si tratta di dichiarazioni che non sono state ritenute sufficienti in sede di merito a fondare la prova della penale responsabilità dei predetti in ordine alla loro partecipazione alla cosca per assenza dei necessari riscontri ma che ben possono essere valorizzate in questa sede a sostegno della prova di una loro contiguità funzionale alla cosca stessa…”
“A ciò si aggiunga che nell'ambito del procedimento cd. A.D.A. Santoro Rosaci in primo grado è stato dichiarato colpevole del reato di porto e detenzione di un'arma anche se il reato è stato poi dichiarato prescritto in Corte di Appello. Sulla base delle considerazioni sin qui esposte, sussistono pertanto i presupposti per poter collocare tutti i proposti nell'ambito dei soggetti socialmente pericolosi ai sensi dell'art. 1comma 4 lett. a) del Dlgs 159/ 2011”.
LA SPROPORZIONE TRA REDDITI E PATRIMONIO
La Procura ha così delegato il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e i Gico della Guardia di Finanza, a effettuare degli approfondimenti economici e patrimoniali, per individuare i beni mobili ed immobili riconducibili a padre e figlio.
Così l’attività investigativa si è concentrata sulla ricostruzione della capacità reddituale e del complesso dei beni, di cui i due uomini e i relativi nuclei familiari sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente e nell’ultimo ventennio, accertando una “notevole sproporzione” degli investimenti rispetto alle risorse lecite, nella formazione del loto patrimonio.
Alla luce delle indagini, sempre su richiesta della stessa Dda, la Sezione Misure di Prevenzione ha così disposto, con il provvedimento di oggi, il sequestro di prevenzione del patrimonio riconducibile a Quinto Antonio Rosaci e ai figli Antonino e Santoro, stimato in circa un milione di e euro costituito da: quote sociali, patrimonio aziendale, rapporti finanziari della "Capo Sud Games S.n.c. di Rosaci Antonino & C." con sede legale a Melito di Porto Salvo, che opera nel settore dell’installazione e noleggio di apparati da intrattenimento e divertimento; di conto correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi, contratti di acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, assicurazioni, intestati presso istituti di credito pubblici o privati, casse rurali, direzioni provinciali P.T., società assicurative, finanziarie o fiduciarie, società di intermediazione mobiliare, comunque riconducibili ai suddetti e ai componenti il proprio nucleo familiare, con un saldo attivo superiore a mille euro.