Le cosche e il controllo degli appalti sui rifiuti. Ma anche sulle elezioni, 14 arresti
È scattata all’alba di stamani l’operazione denominata Ecosistema, in cui 14 persone sono finite in arresto ed altre quattro sono state invece sottoposte all’obbligo di dimora con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il blitz è stato eseguito dai carabinieri nell’area del basso Jonio Reggino ma anche a Roma, Ascoli Piceno e in provincia di Urbino. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, violenza privata, estorsione, concorrenza illecita (attuata con minaccia o violenza), il tutto aggravato dall’aver agito “con modalità mafiose” e per avvantaggiare la cosca di riferimento; inoltre, viene contestata la falsa testimonianza, corruzione per l’esercizio della funzione e per un atto contrario ai doveri d’ufficio, detenzione e porto illegale di armi (in luogo pubblico o aperto al pubblico).
LE INDAGINI, condotte dal Nucleo Investigativo del Comando dell’Arma di Reggio Calabria, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo, si sviluppano come approfondimento dei risultati ottenuti nel corso delle precedenti operazioni “Ada” e “Ultima Spiaggia” eseguite contro le articolazioni di ‘ndrangheta che fanno capo alle famiglie “Iamonte” e “Paviglianiti”, clan attivi a Melito di Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri.
Gli inquirenti hanno acquisito elementi di prova che riguardano imprenditori del settore della raccolta rifiuti. Secondo la tesi degli investigatori quest’ultimi, “forti del sostegno derivante dalla criminalità organizzata locale”, grazie alla collaborazione di liberi professionisti e alla compiacenza di funzionari e amministratori pubblici, avrebbero condizionato lo svolgimento delle gare d’appalto in alcuni comuni del basso jonio reggino. Si sarebbe inoltre evidenziata l’influenza della cosca “Paviglianiti” sulle elezioni comunali del 2014 a San Lorenzo.
ARRESTATI SINDACO, VICE SINDACO E ASSESSORI
C’è anche Vincenzo Crupi, sindaco di Bova Marina, tra gli arrestati; sottoposto ai domiciliari è accusato di corruzione in relazione all'appalto per la raccolta dei rifiuti nel suo comune. Oltre primo cittadino sono coinvolti numerosi amministratori, dirigenti ed ex amministratori di altri Comuni della fascia jonica. Tra questi il vicesindaco di Brancaleone, Giuseppe Benavoli, finito anch’egli ai domiciliari con l'accusa di aver commesso “un atto contrario ai doveri d'ufficio”.
Tuttavia oltre al sindaco sono coinvolti anche due assessori dello stesso Comune, quello all’ambiente: Marino che ha l’obbligo di dimora per il reato di corruzione, e l’assessore al turismo, Alfredo Zappia, ai domiciliari perché avrebbe commesso un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Nella lista degli amministratori coinvolti è finito inoltre l'assessore allo sport e turismo del Comune di Condofuri, Salvatore Trapani, con l'accusa di corruzione per un atto d'ufficio; l'ex sindaco di Melito Porto Salvo, Giuseppe Iaria, ai domiciliari per turbativa d'asta in relazione alla gara d'appalto dei rifiuti del Comune.
Domiciliari anche per l'ex dirigente dell'ufficio tecnico di Melito, Maisano, per turbativa d'asta; per un dirigente della Provincia di Reggio, Carmelo Barbaro, per la stessa accusa.
Figura centrale di tutta l’operazione sembrerebbe essere Rosario Azzarà, amministratore della società che si occupa della raccolta di rifiuti. L’imprenditore è finito in manette per concorso esterno in associazione mafiosa.
Un avviso di garanzia è stato inoltre consegnato a un consigliere regionale, eletto tra i banchi della Casa delle libertà. Si tratta di Francesco Cannizzaro che ha affidato la notizia a un comunicato stampa in cui scrive di essere indagato per “un'ipotesi di reato inerente il vantaggio che avrei ottenuto da parte della cosca Paviglianiti di San Lorenzo in cambio di un appoggio elettorale”. Il consigliere si dice però sereno e afferma di “avere fiducia negli inquirenti” e di essere “a disposizione dell’autorità giudiziaria” per qualsiasi chiarimento.
IL “CARTELLO” PER SPARTIRSI GLI APPALTI
Dunque, il fulcro dell’operazione sarebbe proprio il settore della raccolta rifiuti, sistema che si sarebbe fondato su un meccanismo di aggiudicazione degli appalti vinti da una sorta di “consorzio” di società, riunitesi in un cartello di imprese, sarebbero riuscite a creare di fatto un regime di monopolio, forti del sostegno della criminalità organizzata locale.
Per gli inquirenti ne sarebbero prova i presunti rapporti intrattenuti da Azzarà, a cui si contesta il concorso esterno in associazione mafiosa, con esponenti di primo piano della cosca “Iamonte”, egemone nel comprensorio di Melito Porto Salvo. La società di Azzarà inoltre, ormai affermatasi nel basso ionico reggino, si sarebbe poi servita della collaborazione di imprenditori, così da riuscire ad affermarsi anche nei comuni dell’area tirrenica, “forte - sostengono ancora gli investigatori - dell’appoggio di Carmelo Ciccone, già amministratore unico della Ra.Di Srl, e dell’alto ionio reggino, tramite la Zetaemme sas di Maria Rosa Strati, società che sarebbe riconducibile a Giuseppe Saverio Zoccoli”.
Il regime di monopolio instaurato da Ased sarebbe il frutto dell’appoggio garantito dalle organizzazioni mafiose che avrebbero condizionato l’azione amministrativa degli enti locali, e sarebbero riuscite a far aggiudicare gli appalti per il conferimento del servizio di raccolta e trasporto rifiuti all’azienda di Azzarà.
Quest’ultimo avrebbe poi ricompensato la cosca assumendo in azienda il personale segnalatogli oppure, come accertato in alcune circostanze, contribuendo alle spese legali cui i familiari degli affiliati detenuti devono far fronte. Nel corso dell’attività investigativa sarebbe emerso che l’imprenditore abbia dovuto giustificare la sottrazione di 5mila euro dai fondi aziendali, corrisposti ai Iamonte. Dall’analisi combinata di intercettazioni telefoniche e ambientali gli inquirenti avrebbero scoperto che per giustificare la fuoriuscita della somma, destinata agli affiliati detenuti, Azzarà avrebbe fatto ricorso alla complicità, più o meno consapevole, del personale dipendente.
Azzarà, che gli investigatori ritengono “diretta espressione imprenditoriale della cosca Iamonte”, nel momento in cui si si sarebbe insediato nel territorio di competenza di un’altra cosca, come quella Paviglianiti, avrebbe dovuto pagare dazio. Al pari degli altri imprenditori che intervengono nella realizzazione dello stabilimento Ased di contrada Agrifa di San Lorenzo avrebbe dovuto rendere conto alla cosca territorialmente egemone: l’azione estorsiva assume le forme più svariate, dall’imposizione delle forniture e delle assunzioni fino all’esplicita richiesta di denaro.
LE DICHIARAZIONI DEL COLLABORATORE
La tesi investigativa si fonda, oltre che sulle intercettazioni telefoniche, anche sulle dichiarazioni di Salvatore Aiello, oggi collaboratore di giustizia e già direttore della Fata Morgana Spa, società a compartecipazione pubblica costituita per curare nella Provincia di Reggio lo svolgimento dei servizi di gestione e raccolta dei rifiuti. Aiello, in ragione dello specifico ruolo rivestito e dei rapporti di affari intrattenuti nel settore con i soggetti istituzionali ed i principali imprenditori (tra cui Azzarà), avrebbe dato all’indagine un punto di vista conoscitivo privilegiato e qualificato di straordinario valore indiziario e di altissima efficacia dimostrativa rispetto ai fatti in contestazione.
Aiello sarebbe riconducibile a Fata Morgana spa, società con oggetto sociale la gestione diretta dei servizi di raccolta, trasporto, recupero, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, e della quale ricopriva l’incarico di direttore tecnico. Aiello, le cui mire imprenditoriali non si sarebbero concretizzate per l’opposizione del primo cittadino dell’epoca, il sindaco Giuseppe Iaria che, con il consenso della cosca Iamonte e la complicità di Francesco Maisano, avrebbe pilotato le gare a beneficio di Ased, e avrebbe intrapreso un percorso di collaborazione con la magistratura riferendo circostanze che vedono coinvolto Rosario Azzarà che, sulla scorta di quanto riferito da Aiello, viene dunque considerato imprenditore “espressione della cosca Iamonte”.
L’attività investigativa avrebbe permesso di documentare almeno due chiari episodi estorsivi, entrambi messi in atto dai Paviglianiti: uno ai danni di Azzarà, che su richiesta di Settimo Paviglianiti, sarebbe stato costretto ad assumere Natale David Paviglianiti, figlio di Angelo, a titolo di ricompensa per la “famiglia” e l’altro che avrebbe visto come vittime Carmelo Tuscano e suo figlio Francesco, titolari di una ditta di movimento terra di Condofuri, che durante l’esecuzione di alcuni lavori per la realizzazione della nuova sede Ased, sarebbero stati avvicinati da emissari della cosca Paviglianiti ed avrebbero ricevuto una richiesta estorsiva di 4mila euro, per Natale Paviglianiti, 46enne.
LE ELEZIONI A SAN LORENZO
I Paviglianiti avrebbero inoltre esercitato la propria influenza anche sulle elezioni comunali del 2014 di San Lorenzo, inducendo Azzarà, che inizialmente aveva proposto la propria candidatura, a rinunciare al progetto politico. Nel corso dell’attività investigativa sarebbe stata documentata l’esistenza di una organizzazione che avrebbe annoverato tra i propri fini le turbative d’asta, con particolare riferimento al remunerativo settore dei rifiuti, in cui Azzarà, forte del sostegno delle cosche mafiose e degli ottimi rapporti tessuti con gli amministratori pubblici, sarebbe stato in grado di condizionare il regolare svolgimento delle gare d’appalto.
I contenuti di alcune conversazioni intercettate avrebbero confermato che l’imprenditore avrebbe fatto ricorso a più espedienti per ottenere il favore e la stima di alcuni amministratori comunali che, ricorrendo a somme urgenze o inserendo nel bando clausole ad hoc, avrebbero poi effettivamente affidato all’Ased Srl i servizi di igiene ambientale.
L’imprenditore, sostengono gli investigatori, sarebbe risultato incline a corrispondere denaro e regalie di vario tipo, a beneficio di quanti, amministratori, dirigenti pubblici o liberi professionisti, gli potessero essere utili al suo scopo. Nel corso di alcuni colloqui intercettati all’interno degli uffici dell’Ased avrebbe addirittura confidato di aver pagato una mazzetta per ricompensare un amministratore comunale al quale avrebbe riconosciuto il merito di avergli fatto aggiudicare l’appalto.
IL SOSTEGNO DEI POLITICI E GLI “AMICI” DENTRO LA “SUA”
Il sostegno di politici, dirigenti pubblici e liberi professionisti corrotti avrebbe consentito così a Azzarà di creare un canale privilegiato e di stringere rapporti rivelatisi proficui, in particolare con l’Amministrazione provinciale di Reggio Calabria in seno alla quale avrebbe avuto conoscenze influenti, come Carmelo Barbaro, già responsabile del Settore Ambiente dell’Amministrazione nonché componente della commissione giudicatrice istituita presso la Stazione Unica Appaltante Provinciale, competente alla valutazione delle offerte presentate dalle ditte.
In ordine ai rapporti stretti da Azzarà con le singole Amministrazioni comunali, nei cui ambiti giurisdizionali l’Ased risulta essersi aggiudicata il servizio di raccolta e trasporto rifiuti, vengono fatti rilevare quelli instaurati presso il Comune di Bagaladi. Gli ottimi rapporti che l’imprenditore aveva con Borrello, destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare - che avrebbe interessato la cosca Paviglianiti (“Ultima Spiaggia”) da cui si evincerebbe essere al servizio del clan, e nei giorni scorsi condannato a 12 anni di reclusione - si sarebbero rivelati determinanti nell’aggiudicazione di alcune commesse a Brancaleone e Bagaladi, dove Borrello svolgeva le mansioni di capo area tecnica.
IL COMUNE DI PALIZZI
Dall’attività di intercettazione risulterebbe che Azzarà abbia concesso al Sindaco, Arturo Walter Scerbo di indicare persone da assumere presso la Ased in cambio dell’affidamento di lavori. L’accordo non si sarebbe però concretizzato per la volontà contraria dell’imprenditore ad assumere Foti di Palizzi, indicato da Scerbo, perché soggetto considerato non affidabile (la conseguente ipotesi delittuosa di tentata estorsione non consentiva richieste cautelari).
IL COMUNE DI BOVA MARINA
Vincenzo Rosario Crupi, sindaco del Comune di Bova Marina, sulla scorta delle risultanze investigative assunte sarebbe inserito nel presunto sodalizio criminale. Le conversazioni ambientali che coinvolgono Crupi avrebbero documentato che il primo cittadino avrebbe contribuito attivamente alle turbative d’asta, barattando l’assunzione di parenti ed amici con l’affidamento dei servizi comunali. Dal contenuto dei dialoghi captati all’interno degli uffici dell’Ased sarebbe stato scoperto che Crupi si sarebbe adoperato, ancor prima che il bando di gara venisse pubblicato, affinché il servizio di spazzamento, raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti nel Comune venisse aggiudicato all’Ased.
Inoltre, sostengono gli inquirenti, “l’assunzione di Demetrio si sarebbe rivelata di primaria importanza in quanto da ricondursi ad un pacchetto di voti che il sindaco” avrebbe ricevuto da elettori direttamente a lui riconducibili: alle rimostranze sollevate da Gabriele Familiari, che sarebbe stato consapevole della scarsa produttività di Demetrio, Crupi avrebbe risposto richiamando, pur se non esplicitamente, i voti che garantiva.
IL COMUNE DI RIZZICONI
Azzarà avrebbe confessato di avere corrisposto la somma di 5 milioni di lire ad un assessore del comune di Rizziconi, successivamente all’aggiudicazione di una gara d’appalto.
IL COMUNE DI CONDOFURI
L’amministrazione comunale di Condofuri ha affidato il servizio di pulizia spiaggia alla Ased, il cui amministratore avrebbe invitato Elio Familiari, suo dipendente, a prendere contatti con l’avvocato Salvatore Trapani, assessore del Comune, per invitarlo presso la loro sede con il pretesto di conoscerlo ed affinché potesse indicare i nominativi del personale da assumere. Dall’attività di intercettazione è emerso che Azzarà avrebbe assicurato agli assessori Barreca e Trapani l’assunzione di qualche loro amico in cambio dell’affidamento del servizio di pulizia spiaggia.
IL COMUNE DI BRANCALEONE
Per gli inquirenti, Giuseppe Benavoli e Alfredo Zappia, rispettivamente vicesindaco e assessore pro tempore del comune di Brancaleone, avrebbero stretto un patto con Azzarà barattando l’affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto rifiuti con l’assunzione in azienda di parenti ed amici. Una procedura che si presenterebbe “densa di aspetti oscuri e poco cristallina”. Il servizio era inizialmente svolto dalla Locride Ambiente, società a partecipazione mista e con sede legale a Siderno, che per ragioni non meglio accertate, nella seconda metà del 2013, avrebbe manifestato l’intenzione di non voler proseguire il servizio, poi stato affidato all’Ased al termine di una procedura che, per quanto in linea con il disposto del Codice degli appalti, presenterebbe molti lati oscuri. Inoltre, in contemporanea con la determina che ha affidato il servizio, l’Ased avrebbe assunto alcuni residenti a Brancaleone.
Sarebbe inoltre emerso che Domenico Giuseppe Marino, assessore all’Ambiente ed al Territorio pro tempore del Comune, avrebbe esercitato delle pressioni su Azzarà per favorire l’assunzione nell’Ased di un suo parente, Domenico Stellitano.
Sempre dalle indagini, infine, emergerebbe che Azzarà abbia costretto gli operai ad accettare di percepire, come stipendio, somme nettamente inferiori rispetto a quanto indicato nella busta paga, minacciandoli altrimenti di essere licenziati.
L’ordinanza d’applicazione delle misure cautelari è stata emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia.
(ultimo aggiornamento 12:59)