Festival MoMe-Momenti, tappa conclusiva con Carmine Torchia
E’ Carmine Torchia che in una tappa speciale del #SoloTour regala emozioni nell’incontro-dibattito che nonostante il maltempo ha catturato i tanti presenti nel PoliCentro di Simeri Crichi per l’evento conclusivo del Festival MoMe – Momenti di Memoria, la manifestazione che ha coinvolto i comuni di Simeri Crichi e Soveria Simeri con un ricco calendario di letteratura, musica, teatro, cinema, visual art, street art, cantieri artistici di formazione, trekking urbano e naturalistico con l’intento di valorizzare e comunicare l’identità storico culturale di quest’area.
Quello di Carmine, che avrebbe dovuto tenersi nella Collegiata non è stato un semplice concerto ma un’occasione per capire cosa si nasconde dietro la scrittura delle canzoni attraverso aneddoti e libere considerazioni dell’autore. Nella Collegiata di Simeri Crichi avrebbe dovuto tenersi anche la performance Visual Art, a cura di Ehab Halabi Abo Kher: La performance è stata sostituita con l’opera the Finding of Memory.
Nelle precedenti installazioni legate al progetto The Finding of Memory, l’artista si è occupato di memoria collettiva, attraverso la trasmissione di filmati e immagini documentaristiche di fatti storici; con quest’ultima opera, invece, elabora un’idea più intima e più connessa a ricordi personali.
L’installazione si sviluppa tramite la trasmissione di filmati amatoriali di autori ignoti, accompagnati da una colonna sonora di cui l’artista è autore, trovati in “garage sales” e in vari mercati delle pulci, girati in 8 mm e Super 8mm. Le immagini filmiche consistono, maggiormente, in diari di viaggio e documenti familiari e sono stati digitalizzati e conservati dal “The International Institute for the Conservation, Archiving and Distribution of Other People’s Memories” (IICADOM), in seguito ad un progetto iniziato dall’artista belga Jasper Rigole.
Halabi Abo Kher ricrea uno spazio ed una dimensione familiare, Ricostruisce un archivio personale, un luogo in cui coabitano svariate memorie filmiche, costituendo un museo di ricordi e rievocando nello spettatore momenti di vita vissuta. Intervistato da Giorgia Boccuzzi, direttrice artistica e organizzativa del Festival assieme ad Emi Bianchi, Carmine Torchia regala aforismi, battute e soprattutto canzoni, da “Case popolari” a “Il Salmo che viene per te”, a “ E Sale quanto basta” e “Il bacio del ladro”. C’è un po’ di De André con la “Canzone del padre”, e di Léo Ferré in “Il tuo stile”, e poi torna forte Carmine con “Dio non è un santo”, “l’Umanità”, “R ùanzu, il cane” e “Amménzu ‘a via”.
Tra i presenti all’evento – preceduto dal gustosissimo aperitivo, a base di farro, prodotto e offerto dall’azienda agricola di Maria Rubino, accompagnato dal vino di Francesco Rubino e dal pane de “Le Golosità di Silvana Pugliese”, realizzato proprio con la farina di farro dell’Azienda Rubino e gustato con le ricotte di Salvatore Pugliese - il vicesindaco Eugenio Grande, l’assessore comunale alla Cultura di Simeri Crichi, Caterina Zangari e l’assessore comunale alle Attività produttive di Simeri Crichi, Mariella Arcuri; Emanuela Bianchi e Giorgia Boccuzzi, direttrici artistiche e organizzative del Festival. Doverosi i saluti e i ringraziamenti al sindaco di Simeri Crichi Pietro Mancuso, al consigliere Domenico Garcea e al parroco della chiesa di Simeri ,Don Francesco Cristofaro.
Si parla del “cantautorato classico che in Italia non tira più” lasciando il posto a quei rapper che “sono convinti di vivere nei ghetti di Atlanda mentre stanno a Milano”, come dice una brillante Boccuzzi che coinvolge Carmine in una piacevole chiacchierata. Credo che sia una questione culturale – risponde Carmine-. Si è sempre cercato di avvicinare la canzone d’autore alla poesia ma non sono forme artistiche immediatamente percepibili dai più. E nella musica italiana c’è questo ramo della canzone d’autore che cerca di coniugare la poesia alla musica. Anche quando è nata la canzone d’autore, negli anni ’60 – dice ancora - con la scuola genovese, era sempre orientata verso alcune tipologie di persone: era il periodo dello yeyè, del pop leggero tipo Cugini di Campagna, ma c’erano anche autori che portavano avanti canzoni con contenuti. Si dice che i rapper oggi siano i nuovi cantautori, ma non è così: alcuni testi di rapper in effetti sono molto interessanti, ma la canzone ha una sintesi, cioè la parola viene coniugata alla melodia che si sviluppa in una canzone sottende un lavoro di sintesi che i rapper non hanno, quasi per antonomasia”.
Proprio parlando di cantautori, Giorgia chiede a Carmine Torchia del suo rapporto con De André. “De André mi faceva paura – risponde -. Ricordo che ero piccolo, e con mio fratello e la mia famiglia passammo una bella giornata nella neve in Sila: la sera tornammo a casa a Sersale, io e mio fratello, guardavamo la strada che si allontanava e, ad un certo punto, ho sentito alla radio una canzone che parlava di un tipo che “aveva venduto per duemila lire sua madre a un nano”. Rimasi terrorizzato, mi misi a piangere, e decisi di bandire questo autore. Sono nato con musica più anglofona, cresciuto con il rock, tenendomi lontano dalla musica d’autore. Mi sono avvicinato a De André dopo i 25 anni, quando mi resi conto che le mie canzoni, prima più psichedeliche e progressive, pian piano si orientavano verso una forma sintetica e asciutta. Poi, grazie ai miei amici de La Masnada, un gruppo di Cropani ho cominciato ad ascoltare De André, Gaber, Jannacci, e grazie anche al fatto che è nato il mio interesse per la poesia ho approfondito questi cantautori che amo tutti: mi piace Piero Ciampi, che è più irregolare, un outsider che si è trovato nella canzone per sbaglio, un poeta che diceva delle cose. Mi fa emozionare Jannacci e Giurato mi stuzzica”.
“Ho sempre privilegiato la molteplicità degli ascolti, dal rock alla canzone d’autore alla musica popolare, e quindi sono tanti linguaggi che di volta in volta mi vengono in aiuto per esprimere un’idea – racconta ancora -. Ho sempre avuto una scrittura eterogenea, spaziando molto, forse anche per sfuggire alla noia”. Carmine Torchia si definisce come “uno che scrive canzoni e aforismi, e disegna spesso un cane…”. “Il mio obiettivo è vivere solo di aforismi, spero di diventare un impiegato dell’aforisma, con le ferie pagate, la tredicesima, per il fatto di scrivere aforismi.
L’aforisma è una palestra perché è una forma molto sintetica e obbedisce a regole matematiche: la disposizione delle parole, la lunghezza dei periodi, l’alto contenuto ironico e sarcastico creano un’esplosione , è parente dello sketch, ma mentre lo sketch sottende una risata fragorosa, l’aforisma è più raffinato. Ad esempio, uno degli aforismi più belli è di Bruno Munari: “La forma perfetta è l’uovo, benché sia fatta col culo”. Ne ho scritto uno che fa: “Il pigro è un genio, pur di non fare le cose le pensa tutte”.
Conclusi con una importante partecipazione di iscritti anche il Cantiere formativo di voce specifica e dinamiche integrate al movimento a cura di Anna Maria Civico, tenuto nella palestra dell’Istituto scolastico B. Citriniti di Soveria Simeri l’obiettivo è rievocare i canti della memoria del luogo e su essi costruire pattern teatrali. E il Cantiere formativo di fotografia “La Memoria dei Luoghi” Workshop organizzato da Cromatica in collaborazione con Angelo Maggio, si è occupato di analisi degli scatti, dal prodotto grezzo alla realizzazione di un progetto.