Riunione Pd dello Stretto, avviato percorso virtuoso per “aree omogenee”

Reggio Calabria Politica

Un percorso virtuoso per “aree omogenee”. È il bilancio dell’assise dei circoli democratici dell’Area dello Stretto, riunitosi a Villa San Giovanni lo scorso 15 aprile e che ha visto la partecipazione e gli interventi dei riformisti di Villa, di Campo, di Fiumara, di S. Roberto, di Scilla e di Bagnara.

È stato Giovanni Puccio, commissario della federazione democratica di Reggio Calabria, ad introdurre questo canovaccio dialettico e a spiegarlo in questo modo: “Si tratta di riprendere un lavoro di comunità che non lasci spazio alla narrativa qualunquista e nemica dei partiti, perché solo attraverso il coinvolgimento anche culturale e programmatico del popolo della sinistra si può davvero contribuire alla crescita e allo sviluppo di un territorio, come quello dell’Area dello Stretto, che ha una vocazione comune, una storia condivisa di partecipazione democratica”.

Per Puccio la “sconfitta elettorale, le difficoltà organizzative del partito nazionale ed in Calabria, la necessaria disamina delle ragioni e dei torti del proprio impegno pubblico possono costituire risorse allorquando l’analisi conduce ad una sintesi che non lasci nessuno indietro, che riscopra un nuovo impegno a sinistra vivificato da intellettuali e costruttori capaci di mettere in piedi una alternativa convincente all’assurdo racconto populista che, ormai è evidente, mostra le sue tante crepe non appena impatta con la responsabilità di governo”.

L’incontro/dibattito, moderato dal responsabile della comunicazione del Pd villese Enzo Musolino, ha poi registrato l’intervento di Franco Barillà, in rappresentanza dei democratici di San Roberto, il quale ha centrato il suo discorso sulla necessaria razionalizzazione amministrativa, sulla “sinergica messa in comune delle esigenze condivise che liberi risorse anche per la ripartenza sociale ed economica, non più rinviabile, dei nostri territori e che abbisogna di un partito democratico che sappia sempre meglio declinare la propria iniziativa per la giustizia e la legalità senza cedere alla deriva giustizialista di chi, attraverso questa facile retorica, rischia di impoverire ulteriormente la Calabria senza incidere davvero contro la criminalità organizzata e limitandosi a mortificare una popolazione rappresentata a torto come irredimibile”.

È toccato, poi, a Gaetano Ciccone, avvocato, ex sindaco di Scilla e dirigente democratico, “il compito di esporre una riflessione storico/politico che ha congiunto il clamoroso risultato democratico del 41% alle ultime elezioni europee con la cocente sconfitta alle ultime politiche, lungo la categoria del “sentimento” e della volatilità di un consenso che non segue più le ideologie in quanto tali e che, per ciò, responsabilizza maggiormente il partito democratico in una politica che sappia coniugare responsabilità e ruolo di opposizione, nella consapevolezza dei tanti errori fatti e delle mancate risposte di governo alle esigenze della gente, alle difficoltà di chi è uscito fiaccato dalla lunga crisi”.

Salvatore Cotroneo, medico ed esponente storico della sinistra villese, ha tuonato contro “le velleità di autocelebrazione di un partito che è sembrato troppo spesso chiuso in se stesso e sordo alle esigenze della società civile, mentre sarebbe necessario ammettere di avere sbagliato nel non essere stati in grado di intercettare il proprio popolo nella fuga tragica verso le posizioni demagogiche e davvero infeconde”.

Di necessaria critica e di autodiagnosi ha anche parlato Filippo Bellantone, ex consigliere comunale villese e dirigente del partito, il quale ha invitato militanti e quadri a “riscoprire il DNA della propria appartenenza, ad avere il coraggio di farsi davvero eredi della grandi tradizioni politiche che hanno generato il PD e dalle quali dobbiamo sempre meglio apprendere la prassi della presenza costante, attraverso i circoli, tra la gente e dentro i problemi del territorio”.

E a toccare le corde dell’evocazione storica, del significato di sinistra e laburismo e del rapporto tra tecnologia e lavoro operaio ci ha pensato Rocco Alizzi dall’alto della sua lunga appartenenza alle vicende della sinistra calabrese; lo stesso ha invitato i presenti a “non abbandonare il tema dello sviluppo turistico che, solo, può condurre a quei livelli di occupazione stabile così tanto agognati”.

Ottavio Amaro, poi, ha ripercorso la sua recente campagna elettorale quale candidato al Senato della Repubblica impegnato nelle tante periferie nostrane; l’urbanista, dunque, si è soffermato sulle “categorie di complessità e cultura come chiavi di volta di un impegno difficile che non si arrende alle facili semplificazioni di chi, disconoscendo, diffonde banalità e approssimazione. Roba buona solo per raccogliere un consenso viziato in nuce ed incapace di tradursi in progetti e realizzazioni”.

Di lotta alla corruzione, di burocrazia regionale, di necessario spoil system, di competenze e formazione continua per dirigenti e funzionari pubblici ha relazionato Pino Del Grande che, a partire dalla sua lunga esperienza dirigenziale, ha sgombrato il campo dalle finte rappresentazioni di una burocrazia neutra, responsabilizzando “i politici ad assumersi quei compiti di controllo e di vigilanza attenta a raccogliere le opportunità di finanziamento derivanti dai fondi comunitari”.

C’è stato spazio, inoltre, per l’intervento su comunicazione e politica di Giusy Caminiti, giornalista della Gazzetta del Sud, che ha rappresentato senza fronzoli i limiti di un’epoca che “non premia le scelte responsabili ma è tutta concentrata sulle capacità mediatiche dei gruppi di potere in campo. E proprio per questo occorre ritornare alla politica, cercando di coniugare le esigenze veloci della comunicazione con un passaggio o, meglio, con un virtuoso ritorno a classi dirigenti capaci di divenire gruppi politici omogenei motivati dagli ideali e dal lavoro di rappresentanza del proprio territorio”.

Salvatore Ciccone, capogruppo del partito democratico villese, ha infine chiuso gli interventi manifestando la finalità di un’iniziativa come l’assise dei circoli dello Stretto: “l’opportunità per iscritti, militanti e sinceri democratici di avere un luogo di libero incontro e scontro fecondo nel solco della tradizione di accoglienza e di sintesi che caratterizza la storia dell’impegno politico riformista a Villa”.

Alla presenza di Seby Romeo, capogruppo PD al Consiglio Regionale, è toccato al Presidente Nicola Irto e < Demetrio Battaglia chiudere i lavori. Nicola Irto ha raccolto tutte le sollecitazioni provenienti dagli astanti auspicando sempre più un partito di cittadini e non solo di dirigenti che sappia scuotere ogni rendita di posizione per offrirsi come agorà aperta alle richieste del territorio e chiusa alle sterili logiche immobiliste di una pseudo politica che non sa scegliere, che non sa impegnarsi spassionatamente e senza interessi spiccioli.

Di riforma delle nomine, quindi, e di necessità di interventi concreti nell’ultima fase della legislatura regionale ha ancora parlato Irto, auspicando un ritorno costruttivo a quelle buone ragioni, a quelle giuste battaglie che la sinistra non ha saputo fino in fondo incarnare mettendosi sotto scacco a fronte di una protesta contro quei progetti di cambiamento che sono stati, purtroppo, esperiti come esigenze solo di casta.

A chiudere l’assise ci ha pensato, in fine, Demetrio Battaglia: “Il PD ha perso perché vittima delle paure; di paure governate ad arte da chi teme invece il cambiamento reale. Non si comprende altrimenti non solo il successo del Movimento 5 Stelle ma anche quello di un Centrodestra che davvero non può aver riconosciuto alcun merito di fronte ad un Meridione fiaccato dalle sue ricette amministrative e politiche”. Battaglia è stato chiaro nell’affermare, quindi, che il voto contro il Pd non è stato solo un voto di sterile protesta da parte degli emarginati ma anche e soprattutto la risposta di un apparato – che fa oggi riferimento anche ai grillini – che vive di rendite di posizione e che si salda con bisogni declinati nel senso della conservazione; una sorta di operazione gattopardesca e simulata – che riguarda anche il centro destra – che finge di volere il cambiamento radicale per, poi, non cambiare davvero nulla.

L’errore del Pd secondo Battaglia, all’indomani della sconfitta referendaria, è stato quello di non puntare sul 40% ottenuto e sulla spinta riformistica che, ancora allora, incarnava nei democratici un’opportunità di modernizzazione del Paese. L’essersi rinchiusi in se stessi e nelle proprie diatribe interne ha disperso definitivamente l’appeal riformista del PD sempre più interpretato come autoreferenziale e conservatore.