Ammazzato per un terreno: ricostruito l’omicidio Vinci, fermati sei Mancuso
Volevano un vasto terreno di proprietà dei Vinci, un appezzamento che confinava con il loro. Pur di ottenerlo non avrebbero avuto remore a utilizzare le “maniere forti”: gli inquirenti non usano mezzi termini definendole come un “feroce atto estorsivo”.
Su quella proprietà, dunque, avrebbero voluto mettere le mani ad ogni costo, anche ricorrendo eventualmente all’eliminazione fisica di coloro che avessero intralciato i progetti in tal senso.
È questa la tesi in base alla quale i carabinieri vibonesi, su disposizione della Dda, hanno oggi eseguito il fermo di un intero nucleo familiare composto da sei persone (LEGGI), ritenendo di aver identificato mandanti ed esecutori dell’omicidio del 43enne Matteo Vinci, il 9 aprile scorso fatto esplodere nella sua auto, una Ford Fiesta, a Limbadi, nel vibonese, noto “feudo” della potente cosca dei Mancuso. Nella deflagrazione rimase allora gravemente ferito anche il papà di Matteo, Francesco Antonio, 73 anni, che era in con lui in auto, e che è ancora ricoverato nel reparto grandi ustioni dell’ospedale di Palermo (LEGGI).
A finire in manette i vicini delle vittime, dunque: Domenico Di Grillo (71 anni) con la moglie Rosaria Mancuso (63 anni); le figlie Rosina (38) e Lucia (29), oltre al marito Vito Barbara (35) e Salvatore Mancuso (46enne fratello di Rosaria), indicati come appartenenti all'omonima famiglia di 'ndrangheta locale.
I PRECEDENTI
Insomma, dei “dissidi” che sarebbero perdurati nel tempo e finiti tragicamente. D’altronde precedenti ce ne erano stati in passato: l’ultimo risale al 30 ottobre dell’anno scorso, sempre a Limbadi, e vide coinvolto proprio Francesco Antonio, rimasto vittima, sotto la minaccia di una pistola, di una feroce aggressione con un forcone e un’ascia.
Tre anni prima, nel 2014, invece, una vera e propria rissa scoppiò tra i contendenti: allora i due Vinci insieme alla mamma, e tre dei Di Grillo (padre, madre e figlia) finirono anche in arresto (LEGGI).
I sei provvedimenti - eseguiti nella notte appena trascorsa dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del capoluogo e della Compagnia di Tropea - sono stati emessi d’urgenza dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro in base alle indagini condotte dagli investigatori vibonesi insieme al Ros.
Agli indagati viene dunque contestato sia l’omicidio di Matteo Vinci che il tentato omicidio del padre.
Durante la fase investigativa i militari hanno anche arrestato per detenzione di armi e munizioni due dei fermati di oggi: Domenico Di Grillo (l’arresto è avvenuto nell’immediatezza dell’attentato del 9 aprile) (LEGGI) trovato in possesso di un fucile da caccia con 40 proiettili; e Rosaria Mancuso, che aveva una pistola ed un fucile automatico con oltre 200 proiettili di vario calibro. Armi che si ritiene fossero nella effettiva disponibilità dei fermati.