Traffico di beni archeologici: smantellata organizzazione internazionale, coinvolto un crotonese

Crotone Cronaca

I Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno eseguito stamani un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Caltanissetta su richiesta della Procura della Repubblica nissena che ha coordinato le indagini, nei confronti di 23 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere transnazionale dedita al traffico di reperti archeologici, provento di scavi clandestini in Sicilia.

Il blitz è scattato in Italia, Inghilterra, Spagna e Germania. Nel nostro Paese, in particolare, è stato condotto in sinergia con i Comandi Provinciali di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Lecce, Napoli, Novara, Taranto, Torino, Ragusa, Siracusa e, in Calabria, con quello Crotone, oltre supporto del 9° Nucleo Elicotteri di Palermo e dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Sicilia”.

Effettuate anche numerose perquisizioni per la ricerca di reperti trafugati. Contemporaneamente, in ambito europeo, grazie al coordinamento di Europol ed Eurojust, sono stati eseguiti tre mandati di arresto europeo (M.A.E.) nei confronti dei presunti componenti dell’organizzazione ma residenti a Londra, Ehingen e Barcellona.

Tra gli arrestati spicca anche un 62enne di Strongoli, nel crotonese, Luigi Lacroce, che è stato sottoposto agli arresti domiciliari.

TRAFUGATI BENI PER 40 MILIONI

L’operazione, denominata “Demetra”, è stata avviata nell’estate del 2014 a seguito di un episodio di scavi clandestini a Riesi (CL). I primi accertamenti avrebbero consentito di verificare che non si trattava di una vicenda isolata, ma riconducibile ad un fenomeno di aggressione sistematica al patrimonio archeologico siciliano.

Pertanto, l’attività investigativa ha avuto come obiettivo quello di risalire fino ai vertici dell’archeo-traffico. Dall’inizio delle indagini, i Carabinieri del TPC hanno recuperato così oltre tremila beni archeologici, per un valore di mercato superiore addirittura ai 40 milioni euro.

I DUE FILONI DI INDAGINE

Due i filoni principali delle indagini: il primo vedrebbe come figura cardine il riesino Francesco Lucerna (76 anni), personaggio a cui avrebbe fatto riferimento l’articolato sodalizio criminale che - da decenni - operava un saccheggio sistematico delle aree archeologiche nissene ed agrigentine, destinando i reperti a collezionisti facoltosi nel Nord Italia, consapevoli della provenienza illecita dei beni. Il gruppo disponeva anche di falsari, con laboratori individuati nella provincia catanese.

Il secondo filone, di respiro internazionale, sarebbe stato sviluppato approfondendo elementi emersi nella prima fase dell’indagine.

In questo contesto, si sarebbe accertato che soggetti riesini e gelesi, fossero in collegamento con una holding criminale transnazionale che si ritiene fosse guidata dal mercante d’arte londinese William Thomas Veres.

Grazie ad una complessa rete logistico-operativa estesa tra l’Italia, la Spagna e la Germania, l’organizzazione sarebbe stata in grado di trafficare considerevoli quantitativi di beni archeologici siciliani.

I CORRIERI E LA “RIPULITURA” IN GERMANIA

I reperti, provento di scavi clandestini, venivano presi in consegna dai referenti locali dell’organizzazione e, quindi, affidati a “corrieri” che li esportavano clandestinamente in Germania.

Giunti a destinazione, venivano quindi “ripuliti” attraverso delle attestazioni fittizie della provenienza ed immessi nel mercato legittimo dell’arte tramite case d’asta operanti di Monaco di Baviera.

Per aumentare ulteriormente i profitti, anche questa organizzazione disponeva di falsari, la cui base logistica è stata individuata a Riesi (CL).

Gli investigatori che hanno operato all’estero hanno anche sequestrato numerosissimi reperti, copiosa documentazione utile alle indagini e, a Ehningen (Germania), 30 mila euro in contanti. Sono in corso accertamenti presso due importanti case d’aste a Monaco di Baviera.