Caso Cucchi: il presidente della camera penale di Cosenza a Rende
“Le condizioni di detenzione nelle nostre carceri sono disumane e in un contesto disumano non possiamo perseguire i principi della nostra costituzione”: così Maurizio Nucci, presidente della camera penale di Cosenza, all’incontro dello scorso sabato al cinema Santa Chiara di Rende su giustizia e diritti.
L’iniziativa, promossa dall’assessorato alle pari opportunità, è stata occasione unica nell’area urbana di poter assistere alla proiezione del film “Sulla mia pelle” pellicola incentrata sugli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi morto in carcere il 22 ottobre del 2009.
“Essere riusciti a realizzare l’unica presentazione pubblica sino ad oggi della pellicola nella nostra provincia ci inorgoglisce -ha affermato Marina Pasqua- e l’abbiamo voluta per i molti casi Cucchi dei quali non si sa nulla. Apprezziamo un film che è importante perché non sposa tesi precostituite, ci fa riflettere sui vuoti di legalità e sulla violazione dei diritti dei detenuti e, ancor prima, delle persone private anche temporaneamente della libertà “.
“Siamo un paese alla deriva -ha dichiarato Maurizio Nucci-, ma forse lo siamo da così tanto tempo che oggi non conviene prendersela con gli ultimi arrivati perché si farebbe un torto a chi in questi anni ha condotto il paese a una totale negazione dei diritti”.
L’avvocato è poi passato al caso Cucchi: “siamo contro la spettacolarizzazione del processo: l’opinione pubblica non è un giudice giusto, veicola le opinioni. Eppure, per Cucchi, come nel caso No global o in quello della scuola Diaz vi è stata una chiara violazione del quarto comma dell’articolo 13 della nostra costituzione. Per questo viene da chiedersi come proprio nella culla del diritto sia stato possibile non garantire diritti a chi, privato della libertà, incorresse nella violenza esercitata da parte dello stato. La Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Castoro contro l’Italia ha condannato il nostro paese perché non esisteva nel nostro impianto normativo il delitto di tortura introdotto solo nel 2017. Nonostante il reticolo di protezione che è stato steso su chi ha commesso questi reati, dopo nove anni si è giunti all’accertamento della verità grazie al dissenso e ad un percorso libertario che oggi ci porta a pensare che nella vicenda Cucchi a Roma un giudice esiste”.
All’evento, moderato dalla giornalista Simona De Maria, è intervenuto anche il docente DAMS Marcello Walter Bruno: “È inusuale che l’opinione pubblica debba essere sensibilizzata al tema da un film. Il cinema è fiction sin dai tempi di Aristotele: è verosimile, ma non è altro. Può rappresentare dei fatti e lo può farei in molti modi diversi. Qui si è prediletto l’uso claustrofobico degli spazi facendo entrare lo spettatore in una dimensione kafkiana dove non esistono luci, né orizzonti, ma solo neon e sbarre. Si ci trova sempre nell’essere impossibilitati nel movimento nonostante gli spazi vuoti e i silenzi che rimandano all’idea foucultiana del carcere”.
La serata si è conclusa con un partecipato dibattito.