A Scido convegno del Lions sullo spopolamento e consegna del premio Laruffa
Un importante convegno sullo “Spopolamento dei piccoli comuni Calabresi: analisi e prospettive” ha visto la partecipazione di numerosi docenti universitari ed esperti del settore che si sono confrontati sulle cause e sulle possibili soluzioni.
Il convegno è stato organizzato dal Lions Club Polistena Brutium col patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Scido. Il sindaco Giuseppe Zampogna, anch’egli socio Lions, nel porgere i saluti istituzionali all’uditorio ed ai relatori, ha rilevato che “mentre in altre zone gli spostamenti si dirigono verso centri più grandi o medi, ma sempre all’interno dello stesso territorio regionale, in Calabria si registra un dato ancora più preoccupante: la stragrande maggioranza delle persone dai piccoli comuni emigrano verso altre regioni in cerca di condizioni di vita migliori. Del resto, ha evidenziato provocatoriamente, Zampagna, come si fa a trattenere in questi territori famiglie che vivono in condizioni di totale disagio per la cronica assenza di prospettive occupazionali e di servizi alla persona? Centrale, ad avviso del sindaco che è anche consigliere metropolitano, è la sempre maggiore carenza dei servizi e delle infrastrutture che determinano la chiusura di scuole, uffici postali, sportelli bancari, ospedali e centri di primo soccorso nonché il pessimo stato delle vie di comunicazione”.
Dopo i saluti del presidente del Lions Club Polistena Brutium, Claudio Roselli, e quelli del presidente di Zona 28, Mimmo Futia, i quali hanno evidenziato che “l’etica del “We Serve” consiste anche nell’analizzare i problemi sociali del territorio e fornire delle possibili soluzioni nel solco del principio costituzionale della cittadinanza attiva”, ha introdotto e coordinato i lavori Antonino Napoli, socio del Lions club Polistena Brutium, il quale ha evidenziato che “se la Piana di Gioia Tauro è un’aria geografica difficile, controversa sotto il profilo sociale, culturale ed economica lo sono ancora di più le zone interne Aspromontane”.
Nell’introdurre il convegno, Napoli, ha sostenuto che “la questione meridionale è stata sempre l’altra faccia della storia unitaria e, negli ultimi decenni, della storia repubblicana si è assistito alla progressiva scomparsa della parola “sud” dalle agende dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese. Il meridionalismo più attento, quello di Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Guido Dorso, don Sturzo, Manlio Rossi-Doria, Tommaso Fiore” - ha evidenziato Napoli - ha sempre interpretato il sud come una realtà non monolitica e, nel farlo, ha saputo anche individuare le responsabilità delle classi dirigenti locali, della “borghesia lazzarona”, dei tanti “luigini” (per usare un’espressione cara a Carlo Levi) annidati tra le pieghe dello status quo”.
Il professor Vito Teti, professore ordinario di Antropologia Culturale presso l’Università di Rende, ha affermato che “lo spopolamento e l’abbandono, due termini che indicano fenomeni distinti, dei piccoli paesi dell’interno è un problema di enormi dimensioni che interessa la montagna e le colline italiane ed ancor più la nostra regione. Le cause, che secondo Teti sono antiche e recenti, sono molteplici, di natura sia storica (catastrofi, terremoti, alluvioni) che economica, demografica e sociale (l’emigrazione), antropologica e politica. Lo svuotamento dei luoghi interni ha conseguenze rilevanti perché determina uno svuotamento di memorie, di rapporti, una desertificazione ambientale e un deserto di speranze. Occorre, secondo l’autorevole antropologo, favorire iniziative concrete, economiche, sociali tendenti ad arrestare il declino, la fuga, l’abbandono o, talora, a favorire forme nuove di ritorno e di ripopolamento”.
Lo scrittore Mimmo Gangemi, si è soffermato sul tema della legalità legata allo sviluppo del territorio ed all’abbandono delle economie assistite. Ha auspicato una presenza dello Stato basata sulle leggi di natura: giustizia, equità e misericordia ed ha evidenziato che “nessuna soluzione e nessun intervento sono possibili, efficaci, corretti senza la presenza e la partecipazione dei locali”.
Il professor Domenico Milito, ordinario di Didattica e Pedagogia speciale presso l’Università degli Studi della Basilicata ha sostenuto che “in epoche a noi vicine la scelta se migrare o restare è una scelta molto divisiva, combattuta, lacerante. Partire o restare è, secondo Milito, il dilemma che appartiene alla storia dell’umanità fin dall’antichità e, nel nostro caso, ai luoghi che hanno conosciuto calamità, terremoti, frane ed importanti movimenti migratori. Insomma, stanzialità e fuga sono due volti dello stesso fenomeno. Accanto al diritto di emigrare vi dev’essere anche un diritto di restare che lo Stato deve garantire con lo sviluppo e la ricostruzione”.
Domenico Schiava, dirigente regionale per i beni culturali e le aree archeologiche, ha evidenziato come “restare significa mantenere il sentimento dei luoghi e camminare per costruire qui ed ora un mondo nuovo, anche a partire dalle rovine del vecchio. Sono i rimasti a dover dare senso alle trasformazioni, a porsi il problema di riguardare i luoghi, di proteggerli, di abitarli, renderli vivibili. I ruderi e le rovine stabiliscono collegamenti tra coloro che sono rimasti e coloro che sono partiti. Non si può sprecare una grande occasione come quella dei finanziamenti europei (per le aree interne). Sarebbe imperdonabile, secondo Schiava, adoperare i fondi con intenti clientelari, a pioggia, con intenzioni elettoralistiche, senza una finalità alta, etica, civile, che abbia come obiettivo la costruzione di comunità abitabili”.
Ha concluso i lavori Francesco Adornato, Magnifico Rettore dell’Università di Macerata, il quale, stimolato nella riflessione dall’avvocato Napoli, ha trattato il tema de “Il diritto ad avere diritti”, un’opera scritta da Stefano Rodotà, di cui il professor Adornato è stato allievo, e tratta da una riflessione della filosofa tedesca Annah Arent.
Adornato ha riflettuto sul concetto di cittadinanza “che deve la sua definizione alle rivoluzioni di fine Settecento e alle successive riflessioni sviluppatesi intorno al soggetto, pensato non più e non solo come suddito ma come cittadino, al quale sono riconosciuti dignità e diritti inalienabili. Il rapporto con lo Stato, di cui si è cittadini, rimane fondamentale ma, a partire da questo rapporto, oggi si sviluppano modi diversi di intendere il concetto di cittadinanza. Dalla cittadinanza intesa come mera ‘appartenenza’ di una persona ad uno Stato si passa ad una cittadinanza come nucleo essenziale intorno al quale sviluppare il corredo dei diritti umani e delle libertà. Oggi dunque, per Adornato, la cittadinanza più che uno status è una sorta di patrimonio della persona”.
Adornato, ha concluso il suo magistrale intervento, ritenendo che “le politiche locali di ripopolamento, non possono prescindere dai recenti flussi migratori, che devono essere visti come risorsa e tendere all’integrazione; solo il superamento della frontiera - ha precisato - come separazione ed il rispetto del principio di eguaglianza, che non nega la diversità, ma pone questa a proprio fondamento potrà consentire un nuovo sviluppo”.
Al termine del convegno Francesco Adornato, l’avvocato Napoli, quale past president del Lions Club Polistena Brutium, ha consegnato il XII premio “Gianni Laruffa”, per aver “improntato la sua azione all’etica della bontà, facendosi carico dei bisogni dell’altro e mettendosi al suo servizio, considerando l’Università uno spazio di convivenza pacifica e rispettosa di opinioni, culture e fedi religiose”.