“U ‘mmit e San Giusepp”: tra storia e tradizione a Rossano
Anche nella Città di Rossano, come da tradizione, si rinnovano i riti di sempre. Fra questi figura "U 'mmit e San Giusepp" dove tante famiglie preparano i tradizionali "tagghiarin cu cicir e baccalà" quale segno di devozione. Un piatto tipico, preparato in occasione della festa di San Giuseppe il 19 marzo, offerto alle persone del vicinato o famiglie indigenti.
La storia racconta che il primo “invito” ha origine, con molta probabilità, nelle contrade rossanesi. A tal proposito, nella popolosa Contrada Piragineti, si è rinnovato tale rito, grazie alla piena volontà dell'Associazione Socio-Culturale "Pathirion", con la preparazione dei cosiddetti "tagghiarin cu cicir e baccalà" offerti, gratuitamente, all'intera comunità locale e non solo. Ottimo, tra l'altro, il vino. Complimenti, in modo particolare, agli organizzatori e, soprattutto, alle massaie della popolosa frazione dell’area rossanese per aver preparato, con grande devozione, un piatto tipico apprezzato da quanti hanno preso parte all'iniziativa.
Si sono vissuti momenti di festa e di piena aggregazione con la presenza anche del parroco: don Clemente Caruso. Molto apprezzati, tra l'altro, le Zeppole di San Giuseppe che è il dolce tipico per questa ricorrenza. In serata, poi, sono state accese le focarine per dare il giusto epilogo al tradizionale appuntamento con animazione musicale live con canti popolari legati all’antica tradizione calabrese e rossanese.
Si narra che “U mmit e San Giuseppe” risalga a molti anni addietro. Questo rito è dovuto alla disparità economica e il divario sociale, rispetto ad oggi, che vi erano in quei tempi nella comunità rossanese e non solo. Nelle famiglie rossanesi e del territorio circostante, piatti e pentoloni colmi di tagghjarin e cicir fumanti e profumati, venivano offerti alle famiglie più bisognose. Quelle benestanti e possidenti poi donavano agli ospizi o agli orfanelli.
C’era chi si vedeva bussare alla porta con le mani protese per ricevere “u mmit”. E c’erano donne caritatevoli e generose, come la nobil donna Maria Labonia, che faceva del giorno della vigilia una vera festa per tutta la zona Foresta. Con la processione del Santo che percorreva l’intera Contrada. E così che “U mmit e San Giusepp” di Donna Maria Labonia appartiene alla tradizione rossanese. E poi c’erano le “Monac e Vulanzun” (suore del luogo) che, vivendo totalmente di carità, nel giorno de U mmit ricevevano pentoloni pieni di tagghjarin e cicir. Le due sorelle erano note in paese nella zona Cappuccini perché raccoglievano i bimbi trovatelli e abbandonati. Pratica molto in uso fino agli anni ’60.
I Tagghijarin e cicir, ad ogni modo, è un piatto considerato povero per eccellenza per la semplicità degli ingredienti. Questo viene preparato in casa utilizzando semplicemente acqua e farina. Poi si aggiungono i gustosi ceci e un filo di olio extra vergine rigorosamente a crudo. E perché no, una spolverata anche di buon pepe piccante. E per chi vuole il baccalà, considerato il merluzzo dei poveri. Una devozione, tra fede e folclore, che si rinnova, come ogni anno, nell’importante Città del Codex e che vede coinvolte tante famiglie del luogo. Queste, da sempre, rimangono legate alle loro antiche tradizioni che fanno parte della cultura popolare rossanese.