Pasqua. Il messaggio dei Vescovi (Cec): ‘ndrine, politica e nuove schiavitù. “Ribelliamoci a chi ci vuole suoi servitori”
’Ndrangheta, corruzione, Pubblica Amministrazione ma anche l’indecifrabilità della politica così come di certe mentalità ecclesiali; ed ancora lo strapotere della burocrazia, l’assenza di infrastrutture ed i malanni della sanità. C’è tutto questo e altro nel messaggio Pasquale del Presidente della Cec, la Conferenza Episcopale Calabra e Arcivescovo Metropolita di Catanzaro.
di Mons. Vincenzo Bertolone
“È l’ora di squarciare le catene, è tempo di far fiorire le anime”. Le parole della scrittrice statunitense Katharine Lee Bates sono un’eco profonda della Pasqua che oggi celebriamo, un momento religioso vissuto come da tradizione con intensità e commozione nei nostri paesi e città.
Essa è un’occasione, forse l’unica, in cui, pur in mezzo al frastuono della vita, si ritrova un momento di calma, di silenzio con la propria anima, e ciascuno fa conti con se stesso.
Ci si accorge, allora, quanto sia difficile, sebbene necessario, cambiare se stessi, per avviarlo poi intorno a noi perché lo si sogna, ma non è facile realizzarlo e tarda a realizzarsi.
Resta - è vero -, la speranza, ma quanto è difficile sperare, in Calabria: la ’ndrangheta, la corruzione, la debolezza della Pubblica Amministrazione, gli enigmi e l’indecifrabilità della politica, di certe mentalità ecclesiali, lo strapotere della burocrazia, l’assenza di infrastrutture, i malanni della sanità ed altro, sono solo alcuni degli indici che emergono ogniqualvolta si guardi ai dati che raccontano di una terra che offre poco lavoro, che è abbandonata dai suoi giovani e perciò condannata ad uno spopolamento che con i sogni cancella storia, memoria e futuro, l’oggi e ed il vissuto.
Le cronache rendono familiare il doloroso scenario del Venerdì santo: innocenti traditi e venduti, cieca violenza su donne e piccoli, prepotenza delle folle, debolezza dei capi, inerzia di certi imprenditori, esseri umani oltraggiati.
Ma è di conforto quanto Paolo dice di Abramo, scrivendo ai Romani: “Egli non vacillò nella fede, pur vedendo come già morto il proprio corpo e morto il seno di Sara” (Rm 4,19).
Che grande esempio: mai disperare. Anche quando tutto, umanamente, sembra assurdo ed illogico. Sperare mentre intorno è buio e tuttavia non aver paura di rivolgersi a Dio, per chiedergli conto, aiuto, ma pure conforto.
Certo: di fronte alla piaga della disoccupazione, delle ‘ndrine, di tendenze che svuotano i cuori nell’illusione di poter riempire almeno per qualche giorno il portafoglio, è facile obiettare che questo sia null’altro che teoria, perché in fondo, gattopardescamente, ogni volta e da sempre tutto resta come prima, anche quando tutto sembrerebbe dover cambiare.
Mai a nessuno, però, potrà essere tolta la speranza. “Lasciamo che lo stupore gioioso della Domenica di Pasqua s’irradi nei pensieri, negli sguardi, negli atteggiamenti, nei gesti e nelle parole”, esorta papa Francesco.
Cristo risorge nel cuore di chi crede, spera, cerca, ama e di chi segue il Maestro con cuore mite ed umile. Nel disegno di Dio su ciascuno di noi ed in mezzo a tanto male, sono piantati infiniti germogli di bene che, sebbene asfissiati dalla zizzania, attendono di sbocciare per essere, poi, coltivati e raccolti.
Prendiamone coscienza. Ribelliamoci all’accondiscendenza passiva ed a chi ci vuole suoi servitori. Scegliere è possibile. E come è possibile dedicarsi al bene, lo è altrettanto decidere di rompere gli schemi, mutare atteggiamento, spezzare le catene di un’antica schiavitù. Cominci da qui la rinascita: sperare contro ogni speranza.
Di cuore auguri, fratelli e sorelle di Calabria: siate il futuro mai scritto di questa terra.