La pensione dei morti se la godevano i vivi: e pure il reddito di cittadinanza
La madre e la suocera erano morte ma la pensione che spettava loro se l’incassavano, nel primo caso - e com’è immaginabile - il figlio e nel secondo il genero.
Una vicenda che durava da anni, ovvero dal decesso delle due, e durante i quali i familiari continuavano imperterriti a percepirne l’assegno: qualcosa che è stato stimato in oltre 184 mila euro.
La pacchia è però finita quando a scoprire l’insolita quanto ormai “storica” truffa ai danni dell’Inps sono stati i finanzieri del nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro, che già a marzo scorso, nell’ambito dell’operazione denominata “Assi pigliatutto”(LEGGI), avevano eseguito un sequestro di denaro, beni e attività finanziarie nei confronti dei due soggetti interessati.
Niente che non fosse mai stato sentito se non che una delle due persone in questione sarebbe riuscita ad incassare non solo la pensione della defunta ma anche ad ottenere il Reddito di Cittadinanza, attestando falsamente che tutto il suo nucleo familiare non possedesse alcuna fonte di reddito.
Pertanto, l’importo mensile del beneficio - poco meno di 500 euro - era stato moltiplicato fino al massimo previsto dalla legge e ulteriormente integrato dalla quota fissa di rimborso per l’affitto dell’abitazione, arrivando a un ammontare complessivo di oltre 1.300 euro mensili.
L’uomo, essendo stato a suo tempo delegato a riscuotere l’assegno dell’anziana suocera, morta nel 1998, sarebbe così riuscito e per 20 anni a intascarsi l’assegno della defunta e a certificarne l’esistenza in vita, arrivando a riscuotere fraudolentemente oltre 100 mila euro di erogazioni pensionistiche.
L’altro indagato, era riuscito invece a portare avanti la stressa truffa per oltre 13 anni, in questo caso sulla pensione della madre, deceduta nel 2005 e di cui non aveva comunicato la morte.
Da allora prelevava ogni mese dal libretto postale di cui era cointestatario i circa 700 euro accreditati a titolo di pensione della mamma, incassando ed indebitamente, in questi anni, oltre 84 mila euro.
Le somme riscosse da entrambe gli indagati, come dicevano di più di 184 mila euro, sono state oggetto del decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, arrivato al termine delle indagini condotte dal Nucleo Pef/Gruppo Tutela Spesa Pubblica su delega della Procura della Repubblica di Catanzaro, con il sostituto Pasquale Mandolfino, e con il coordinamento dell’Aggiunto Vincenzo Capomolla e del Procuratore Nicola Gratteri.
Al “doppio truffatore”, per tale condotta, consistente nelle false dichiarazioni rese per ottenere il reddito di cittadinanza, verrà applicata anche una delle primissime attaccature di questa norma, di recentissima introduzione, che punisce con la reclusione da due a sei anni chi dichiara il falso al fine di ottenere indebitamente il beneficio.