Operazione Fake Onlus: le mani della ‘ndrangheta sui centri di accoglienza del nord Italia
Undici misure cautelari personali e sequestri per associazione a delinquere finalizzata alla truffa. È questo il bilancio dell’attività portata avanti dagli oltre 100 finanzieri del Comando Provinciale di Lodi che, dalla mattina di oggi, stanno eseguendo, tra la Lombardia e la Campania, le misure emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano nei confronti di 11 persone, appunto, ritenute appartenere ad un’organizzazione criminale dedita alla truffa e all’autoriciclaggio.
Le indagini, dirette dal Procuratore Aggiunto presso il Tribunale del capoluogo lombardo, Ilda Boccassini, e dal Sostituto Gianluca Prisco, condotte sempre dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lodi, hanno consentito di scoprire un gruppo che, inserito nelle gare pubbliche per la gestione dell’emergenza migranti indette dalle Prefetture di Lodi, Pavia e Parma, avrebbe così controllato i centri di accoglienza e sarebbe stato vicino alla criminalità organizzata calabrese.
Nel corso delle attività investigative, durate due anni, le fiamme gialle hanno registrato la progressiva costituzione di Onlus o Cooperative, collegate tra loro da “mirati” interscambi di cariche amministrative, appositamente costituite al col solo fine di partecipare ed aggiudicarsi le gare e le convenzioni indette dalle Prefetture offrendo, spesso, il prezzo più conveniente a ribasso e producendo a supporto documentazione considerata non veritiera quanto ai servizi offerti ai migranti.
L’alternarsi delle cariche rappresentative all’interno delle Onlus, sostengono gli inquirenti, sarebbe servita per partecipare ai bandi in modo da evitare che emergessero i precedenti penali di alcuni indagati.
Così, dal 2014 e sino ad oggi, le Onlus e le Cooperative sociali indagate avrebbero beneficiato, complessivamente, di più di 7 milioni di euro ma la gestione economico-finanziaria avrebbe portato alla luce “un articolato e complesso sistema distrattivo di fondi pubblici”.
Inoltre, le organizzazioni senza scopo di lucro sarebbero vicine a dei noti pluripregiudicati ritenuti come appartenenti alla ‘ndrangheta, che le avrebbero sfruttate per far ottenere a persone recluse, attraverso il rilascio di documentazione falsa, la concessione della misura alternativa alla detenzione da parte del magistrato di sorveglianza.
Nell’indagine sono finiti anche nomi noti. Come quello di Santo Pasquale Morabito, che, stando all’accusa, avrebbe ricevuto oltre 50mila euro dalla cooperativa “Amici di madre Teresa Giuliani” come stipendio per un’attività mai lavorativa mai prestata.
L’indagine ha fatto emergere diversi casi di assunzioni fittizie di detenuti. Tra di loro tre in particolare che risultavano falsamente alle dipendenze delle onlus coinvolte perché altrimenti non avrebbero potuto beneficiare della misura alternativa al carcere. Uno di loro è appunto Santo Pasquale Morabito, pluripregiudicato residente a Milano ma originario di Africo, nel Reggino, e legato al padrino Giuseppe Morabito, detto “u Tiradrittu”.
Tra l’aprile 2014 e l’ottobre 2018 Morabito sarebbe stato dipendente della coop “Gli amici di madre Teresa Giuliani”, con l’inquadramento di impiegato par time, per un compenso complessivo di poco superiore ai 51 mila euro. Stesso discorso per altri due condannati per fatti di ‘ndrangheta: Salvatore Muia, assunto dalla coop “Milano Solidale” per uno stipendio di 20 mila euro, e per Salvatore Camerino, dipendente della stessa coop “Gli amici di madre Teresa Giuliani”.
(ultimo aggiornamento 17:40)